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Le Voci del Trotto: Ippica senza futuro (30.8.05)  
Autore: unagt
Pubblicato: 30/8/2005
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IPPICA SENZA FUTURO

 

 

               “La Stampa” di Torino, uno dei maggiori quotidiani nazionali, pubblica una lunga intervista al Segretario Generale dell’ UNIRE, nella quale il solerte funzionario finalmente espone le sue idee sull’ ippica ed i suoi programmi: ma soprattutto scopre le finalità della sua politica. Prima di commentare, vogliamo comunque congratularci con il collega Giorgio Viberti, perché è riuscito abilmente, con domande mirate ed intelligenti, a “scoprire” i reconditi altarini di Panzironi che ora potrà essere “misurato” dagli ippici. Soprattutto da quelli che hanno finora appoggiato la politica dell’ UNIRE che, a lume di quanto ha dichiarato Panzironi, è contro ogni logica e soprattutto contro il fine statutario dell’ Ente che dovrebbe rappresentare la salvaguardia della razza equina, il suo miglioramento. Panzironi in sostanza dice che debbono sparire gran parte dei cavalli, sparire i piccoli proprietari (che rappresentano il 70% del totale), sparire molti ippodromi di provincia (proprio quelli che hanno funzione di selezione e propaganda). Insomma, contro ogni logica, l’ippica andrà ridotta al 30% dell’attuale, con sopravvivenza delle grandi scuderie, di tre soli ippodromi con l’aumento dei grandi premi. Ma, se davvero l’ippica si ridurrà al 30%, da dove prenderà i soldi per i premi il signor segretario? Proprio lui, che dispone dei dati ufficiali, dovrebbe sapere che i cavalli di minima producono il volume di gioco per alimentare i grandi premi, che il sacrificio delle piccole scuderie, che si pagano a caro prezzo la passione, consente di disporre di un monte premi che permette la disputa dei grandi premi.  Panzironi dice anche che la riduzione delle corse non farà perdere posti di lavoro: finge di ignorare che l’attuale numero di cavalli così alto presuppone un numero di artieri adeguato. Che poi solo 3.000 siano iscritti all’INPS, siano cioè regolari, non significa che solo questi esistano. Berlusconi all’inizio del suo mandato giustificò una fetta di lavoro nero “purchè si consenta a molti di mettere almeno il piatto in tavola”. Lo stakanovista Panzironi (vedere il suo stipendio ed i premi di produzione per capire l’entità di lavoro che grava sulle sue spalle) attribuisce alla cattiva gestione passata, quella degli ippici, l’origine di tutti i guai, dimenticando di dirci di quanto sono aumentate le spese di gestione dell’UNIRE da quando lui ne è il responsabile, cioè negli ultimi tre anni circa. Taccia di ladrocinio gli ippici che hanno presieduto l’Ente o ne sono stati commissari: “se ne sono andati portandosi via anche le porte” dice testualmente. Addirittura fa il nome di Guido Melzi d’Eril che “si è persino venduto l’ippodromo del galoppo di Torino”. Ma non fa cenno a quanto la sua gestione ha fatto “risparmiare” alle Agenzie (e perdere alle scuderie) attraverso provvedimenti come quello di non far disputare le corse quando queste ultime hanno “scioperato”, o ai mancati incassi dei canoni televisivi, dei minimi garantiti, al rinnovo “temporaneo” di contratti per i servizi che avrebbero dovuto essere affidati per concorso pubblico. Né spiega perché a taluni ippodromi ha concesso sontuose sovvenzioni sotto la voce “mancato incasso” per le giornate eliminate. Tutte cose che certo hanno eroso il “capitale” dell’ippica ed hanno contribuito in maniera decisiva al programma di smantellamento dell’ippica, che il signor Segretario Generale sembra perseguire fin dalla sua nomina.

               Ora, con l’intelligente intervista sulla Stampa del collega Giorgio Viberti, i giochi sono chiari. Quelle componenti dell’ippica che finora hanno fatto da supporto a Panzironi non hanno più scusanti: il Panzironi – pensiero è chiaro e limpido, e non si presta ad equivoci. Potrebbe essere di conforto e speranza la voce che circola in ambienti bene informati: che cioè il Ministro stia pensando di sostituire l’attuale segretario. Ma il nome che sembra più accreditato per la sostituzione fa cadere le braccia: il candidato sarebbe Gianfranco Fabbri, che in tempi non sospetti molti chiamavano “Attila” dell’ippica. Signore, aiutaci tu…

 
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