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Le Voci del Trotto: PRIX D’AMERIQUE PER NOI OCCASIONE DI RIFLESSIONE  
Autore: roberto
Pubblicato: 25/1/2009
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PRIX D’AMERIQUE PER NOI OCCASIONE DI RIFLESSIONE

 

 

 

(g.c.)       Ancora una volta Parigi e l’ippica francese hanno messo in scena un Prix d’Amerique con i fiocchi, a buona ragione considerata la corsa più importante dell’anno. Le tribune gremite, le più alte autorità francesi presenti, la classe dei partecipanti danno ragione ad una politica ippica cresciuta nel tempo e consolidatasi grazie alla lungimiranza di chi dirige il settore. Lontanissimi i tempi i cui l’Amerique era soprannominata “la course des italiennes”, tempi rinverditi da uno straordinario Varenne, un lampo improvviso scaturito da una straordinaria combinazione e non da un programma: abbiamo partecipato, è vero, addirittura con tre portacolori, ma il risultato è stato purtroppo lo specchio fedele del degrado attuale dell’Italia ippica, un degrado dal quale dobbiamo assolutamente risollevarci. Zibì Boniek, nell’intervista televisiva, ha detto saggiamente: “Ora che abbiamo un ministro attento ai problemi dell’ippica, dobbiamo copiare da chi ha saputo bene.” Ecco la soluzione. Senza impegolarci in astrusi arzigogolamenti, senza affidarci ad “esperti” che sembrano voler salvare non l’ippica, ma i privilegi della categoria di appartenenza.

                Torniamo alla giornata dell’Amerique. Molti aspettavano il terzo squillo di Offshore Dream, il cavallo che si allena un anno intero per vincere solo questa corsa: noi tifavamo Exploit Caf, sopratutto per la fiducia del suo entourage, ma non per le ultime prestazioni poco convincenti. La pista di Vincennes è impietosa: per vincere devi essere non solo un campione, ma al top della condizione. Tra i diciotto partecipanti, uno solo ha davvero convinto, ed è il vincitore Meulnes du Courta: a metà gara ha messo la freccia, e dietro si è creato subito il vuoto. La prestazione dei più attesi è stata di un grigio che più non si può, e dietro il vincitore non a caso si sono piazzati i più in forma del momento, vale a dire Nouba du Saptel e Qualita Bourbon.

I nostri: per un po’ ci ha illuso Exploit Caf, ben partito nelle prime posizioni, scomparso però quando si è cominciato a fare sul serio; resta un gran cavallo, ma non era evidentemente in condizione di affrontare l’impegno. Ghibellino sistemato bene in corda spendendo poco, ma vittima di rottura appena imboccata la retta d’arrivo, comunque buon cavallo ma non da Amerique. Giuseppe Bi, forse non di queste categorie, “vittima” della moda Souloy.

Una considerazione finale, perchè riguarda da vicino la nostra fallimentare politica ippica degli ultimi anni: ha vinto un cavallo di 9 anni. In Francia non si bruciano i puledri, ma la programmazione li porta avanti gradatamente. Da noi si strizzano proprio quelli buoni, che a quattro anni non sono più da corsa. Si può trarre un insegnamento da ciò?

 

 
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