COMINCIA “IL DOPO”. ATTENTI AL COME PRIMA. L’ippica è uscita dal tunnel nero dove l’hanno scaraventata: -la gestione clientelare dell’UNIRE che ha ignorato per anni la sua funzione statutaria dimenticando il cavallo; -le ruberie subite da parte di chi badava ad acquisire privilegi a spese di chi lavorava; -le rapine dagli intermediari che hanno esagerato a tirare la corda; -ed anche la sua incoscienza, lassismo e menefreghismo tipo “finché la barca va”. Ora si dovrà fare in modo di non ricadere negli errori passati. Il risultato ottenuto dimostra che i componenti il Comitato di crisi hanno operato bene e meritano la fiducia degli ippici. Contro molte previsioni la loro testardaggine ha vinto. Resta solo il rammarico che se l’ippica si fosse compattata qualche anno fa, quando l’UNAGT ha messo in piazza le manchevolezze dell’UNIRE di Panzironi, non saremmo arrivati alla fame prima di ribellarci. Ma il passato è ormai dietro le spalle. Ai signori del Comitato deve doverosamente essere affidato il compito di costruire un’ippica migliore. Il lavoro che aspetta D’Angelo, Gragnaniello, Masini, Dall’Olio, Minopoli, Carnevali & C. è delicato e difficile. Il primo compito sarà quello di capire e definire i ruoli delle varie componenti e fare in modo che ognuno agisca entro i propri confini. Allora iniziamo a vedere il panorama generale e soprattutto da chi è composta l’ippica. In primo piano metteremmo gli allevatori. Sono la base del movimento, perché il loro compito è essenziale. Fanno nascere i puledri, cercano di migliorarne la qualità attraverso incroci mirati, mescolano le correnti di sangue secondo criteri dettati dall’esperienza. Il loro lavoro è essenziale e presuppone un’alta professionalità. E proprio per l’importanza che riveste l’allevatore, che riteniamo vada qualificato: è un mestiere che non si può improvvisare. Fino ad oggi si definiva allevatore chiunque possedesse una fattrice, buona o cattiva che fosse, e pagasse una monta. Da domani non dovrà essere più così. Dovrà essere definito e qualificato “allevatore” chi possiede un allevamento, cioè degli spazi idonei al pascolo dei puledri e delle fattrici, dei boxes confortevoli, un personale responsabile e qualificato, insomma tutte le caratteristiche per far nascere e portare allo svezzamento un puledro. Dovrà godere dell’assistenza veterinaria ed avere tutto ciò che occorre ad un “allevamento”. Per fare un esempio, allevatore potrà essere definito (cito per tradizione) Mangelli, non il sottoscritto che ha mandato in razza una puledra che dopo la qualifica si è infortunata ed ora possiede un puledro nato e cresciuto in una sperduta campagna. Detto questo, chi avrà i parametri per essere definito allevatore, dovrà essere cosciente che la sua è una impresa che produce cavalli da corsa, e che sarà in concorrenza con gli altri che fanno il suo stesso mestiere. E che i suoi guadagni dovranno essere conseguenza della sua professionalità, della sua bravura a produrre cavalli sempre migliori, non a far nascere cavalli comunque. Come tutte le imprese dovrà contare sulle proprie forze e capacità. Chi non sa fare il suo mestiere dovrà sapere che è destinato a scomparire, non dovrà pretendere di vivere grazie a sovvenzioni sottratte ai settori produttivi. Le Società di corse dovranno essere (come da definizione) industrie private capaci di mantenersi da sole. Che siano imprese individuali, societarie od altro, dovranno essere in grado di vivere autonomamente con i proventi loro spettanti sul gioco, che sono chiari e che si conoscono, e debbono essere accettati senza riserve. Debbono concentrare i loro sforzi a migliorarsi (senza aiuti) per reggere la concorrenza degli altri, ma, come Società, debbono correre i loro rischi come tutti. Non potranno pretendere che la loro eventuale incapacità sia pagata da chi produce. Gli intermediari del gioco (Agenzie e simili) al momento della convenzione dovranno adeguarsi alle regole. Dovranno rispettare gli impegni, il loro guadagno dovrà essere la percentuale sul gioco che sapranno produrre: ed il loro potere non dovrà andare oltre la loro capacità di suggerire al massimo gli orari più favorevoli alle scommesse. L’U.N.I.R.E. dovrà essere l’Ente che regola i meccanismi dell’ippica: il suo compito dovrà essere di controllo sulla regolarità e sul rispetto delle regole da parte di tutte le componenti. Gli Enti tecnici dovranno essere ripristinati. Come da definizione, ad essi dovrà essere demandato il compito di programmare i calendari ordinari, e quelli delle corse classiche, che dovranno essere stabiliti in funzione della crescita tecnica dei puledri, senza sacrificarli come si è fatto finora sull’altare di un mercato fasullo e scellerato. La suddivisione del montepremi dovrà stabilirsi in maniera equa e tenendo presente la redditività degli ippodromi e della funzione storica e promozionale di alcuni di essi. I calendari dovranno essere articolati in modo da abituare il pubblico a giorni, date ed orari certi per tutti gli ippodromi. Si dovrebbero programmare non più di quattro/ cinque campi al giorno. Dovrà cessare l’inflazione dei Grandi Premi, che perdono di valore in percentuale inversa al loro numero. I guidatori ed allenatori dovranno essere selezionati e qualificati. Come in tutte le discipline sportive, non si può partire dalla serie A, ma bisogna guadagnarsela. Il rilascio delle licenze deve essere legato all’avallo e la responsabilizzazione di un allenatore qualificato: e deve avvenire attraverso un esame altamente selettivo e qualificante. Il neo professionista dovrà partire dagli ippodromi di provincia per arrivare a quelli più importanti solo dopo un certo numero di vittorie o piazzamenti. I proprietari, altra componente essenziale dell’ippica, dovranno essere garantiti che quando acquistano un puledro o un cavallo da corsa, a monte vi siano tutte le professionalità che abbiamo citato prima. Ma dovrà anche sapere che il suo acquisto non avrà mai la “garanzia” del guadagno. L’acquisto di un cavallo sarà sempre un’incognita: il suo successo o il suo fallimento è legato ad una serie di fattori imponderabili: ma chi acquista un cavallo deve anche avere la garanzia che se le cose andranno bene potrà accedere ad un montepremi dignitoso e comunque in grado di fruttare un eventuale guadagno. Pagare una cifra un cavallo e sapere che, ben che vada, non si pagherà neanche le spese, non indurrà certo a sborsare del denaro… Montepremi: dovrà essere la prima voce in assoluto del bilancio dell’ippica, perché da esso deriva tutto. Dovrà garantire con il suo 10% agli allenatori – guidatori il loro equo guadagno, dovrà invogliare i proprietari ad acquistare i cavalli: senza queste due componenti (allenatori – guidatori e proprietari) l’ippica scompare. Come ha ampiamente dimostrato il recente sciopero ad oltranza, che senza corse, per mancanza del montepremi, ha visto il mercato fermarsi ed andare in tilt tutta la catena, dall’UNIRE agli ippodromi, dalle Agenzie agli allevatori, ed ha dato un colpo non lieve anche allo Stato che non ha potuto contare per circa un mese dei proventi netti e senza spese delle corse… Se non vi sarà, alla conclusione dello sciopero, la modifica in tal senso dell’organizzazione ippica, saremo punto e daccapo, e tutto sarà stato inutile. |