I SOLDI CI SONO ANCORA. LA SUDDIVISIONE E’ INGIUSTA, I CORRETTIVI PRODUCONO DANNI, IL GIOCO E’ OSTACOLATO (Gianni Castelluccio)- Qualcuno ha detto: “Ma che volete, in un momento in cui il Governo taglia i fondi per la Sanità e per l’Ordine Pubblico, può preoccuparsi dell’ippica, può stanziare aiuti per salvarla dal fallimento?” Posta in questi termini la risposta è a senso unico. Non può. Dirò di più: non deve. Ma la presa in giro sta proprio nel fare la domanda, perchè l’ippica, la Sanità e l’Ordine pubblico non possono essere messe sullo stesso piano. Sanità e Ordine Pubblico dipendono direttamente dallo Stato che deve garantire la salute e la sicurezza del cittadino. Il Governo giustamente mette nel Bilancio le cifre per questi due fondamentali diritti dei cittadini traendole dalle tasse che gli stessi sono dovuti a pagare. L’ippica non c’entra con il Governo: l’ippica, dal dopoguerra in poi, quando la Legge Mangelli la rimise in pista, si è mantenuta ed autogovernata senza problemi. Il gioco l’ha abbondantemente foraggiata, tanto che quando fu diretta dal Presidente Aloisi aveva in cassa miliardi dell’epoca inutilizzati. Altri tempi: i dirigenti anziché farne omaggio (disinteressato?) alle Sale Corse, così si chiamavano le Agenzie Ippiche, ed agli ippodromi, anziché regalarli a consulenti di comodo, li riversarono a montepremi. Lo stesso fece un altro Presidente dell’UNIRE, Pettinari. Un brutto giorno l’ippica si trovò a dover concorrere con altre scommesse, che da clandestine divennero legali. Incassi più bassi, è vero. Ma ancora sufficienti per organizzare le corse. Se oggi siamo in braghe di tela, è anche per il calo del gioco, ma sopratutto per lo sperpero del “nostro” denaro. Il Bilancio dell’UNIRE ne è la testimonianza. Ancora oggi, nel 2008, a fine d’anno, le entrate dell’UNIRE provenienti dalle scommesse ammonteranno, calcolando il calo dell’11% sulla previsione, a 350 milioni di euro. Una cifra che, se suddivisa equamente, senza pressioni e favoritismi, potrebbe coprire il fabbisogno del montepremi. Divisione equa significa stabilire una volta per tutte le percentuali. Più chiaramente: fissare le percentuali da erogare per le varie voci, stabilendo una graduatoria di precedenze. Non v’è dubbio che la voce numero uno deve essere quella legata alla componente che “produce” le entrate, cioè le corse, unica fonte di “attivo”. Stabilito una volta per sempre questo principio, come in tutte le aziende che si rispettano, se i guadagni aumenteranno, saranno tutte le voci a goderne, al contrario tutti daranno il loro contributo in “sofferenza”. Non dovranno decidere gli uomini, con le loro debolezze ed in qualche caso sotto pressioni inaccettabili a sacrificare questo o quel settore. Detto ciò, passiamo purtroppo alla nota più dolente e spiacevole a mettere in piazza. Conoscendo le persone che attualmente dirigono il traballante baraccone ippico, persone di specchiata onestà e validissime nel campo da cui provengono, è con molta difficoltà che dobbiamo imputare alla loro limitatissima esperienza ippica l’inefficacia e, in molti casi, il danno prodotto dai provvedimenti che dovrebbero correggere il trend negativo. Sembra che chi li consiglia non si renda conto di un dato inoppugnabile: i soldi che entrano nelle casse dell’UNIRE provengono esclusivamente dalle corse. Quando si riduce indiscriminatamente il loro numero, si sottraggono, non si aggiungono euro agli incassi. Potrebbe avvenire il contrario se si calcolasse semplicemente quali sono le corse o gli ippodromi dove il denaro impiegato per il montepremi non copre le spese occorrenti per disputarle. Bisogna tagliare le passività, non dove c’è margine. Lo sciopero parziale di questi giorni ne è stata la prova inoppugnabile. Infatti una situazione che è simile a quella ipotizzata dall’UNIRE come correttivo (meno corse, meno ippodromi nella giornata) ha fornito un disastroso risultato, sotto gli occhi di tutti. Allora il provvedimento proposto non solo è improduttivo, ma addirittura dannoso, e toglie le speranze di recupero. I corner, come qualcuno disse in fase di proposta, non solo non potevano incrementare gli incassi, ma non era difficile prevedere che avrebbero solo danneggiato le Agenzie, senza aggiungere un solo euro all’ippica. Hanno prodotto un maggior danno perchè hanno provocato una gran confusione tra gli scommettitori abituali. Leggere su Sky, sotto le immagini di una stessa corsa che è, ad esempio, la 7.a di Pontecagnano, e dall’altra parte che è la 1.a sempre di Pontecagnano non contribuisce a far chiarezza. Detto questo, riteniamo che non bisogna chiedere soldi al Governo, ma che autorizzi un pool di “veri” esperti espressi dalle categorie a studiare e proporre nello spazio da qui alla fine dell’anno un programma salva – ippica da approvare, se ritenuto idoneo, anche se per farlo si dovesse cambiare lo Statuto dell’Ente. Tra sborsare denaro a fondo perduto o autorizzare soluzioni interne al settore, la scelta del Governo non dovrebbe essere difficile. |