Decreto on-line: le critiche UE «Niente numero chiuso, selezione degli operatori con criteri trasparenti e proporzionali»
di Nicola Tani Pochi giorni ancora e il “decreto on line” che l’Italia ha inviato il 28 dicembre alla Commissione Europea concluderà il complesso iter previsto dalla direttiva comunitaria sulle telecomunicazioni. Proprio in questi giorni sono arnvate al Governo le osservazioni di Bruxelles sulla bozza di progetto approntata da Aarns. Vediamone i punti essenziali, di cui il ministero dell’Economia dovrà tener conto nel momento della scrittura definitiva del testo, che si concluderà dopo il 30 aprile, al termine del periodo di “stand still” del provvedimento. SELEZIONE OPERATORI La Commissione preme anché il sistema italiano non preveda alcun “numero chiuso” e non imponga limiti quantitativi in relazione al numero di operatori in grado di aver accesso al mercato italiano. Il decreto Aams prevede anche la possibilita di ammettere operatori “non di gioco”. La selezione degli operatori può avvenire, attraverso documentazione, per le società che dimostrino di avere requisiti finanziari e organizzativi per l’affidamento delle attività concessorie. La Commissione sottolinea che «le valutazioni di Aams devono essere basate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati». Bruxelles attira l’attenzione dell’Italia anche sul rispetto degli stessi criteri nell’identificazione delle manifestazioni sportive e ippiche sulle quali i Monopoli apriranno le scommesse. RICONOSCIMENTO DELLE LICENZE ESTERE La Commissione ritiene necessario che Aams tenga conto del sistema normativo di controllo e sanzioni cui già è sottoposto l’operatore richiedente nel Paese in cui è stabilito, nel rispetto dei criteri fissati dalla Corte di Giustizia (punto 73 della sentenza Gambelli). COMPLESSITA' DEL SISTEMA La Commissione «constata» che il decreto Aams non richiede di disporre di un server in Italia ma solo nell’Unione Europea: quest’ultima previsione andrebbe sostituita con un riferimento al SEE, Spazio economico europeo (di cui fanno parte 25 dei 27 paesi UE, oltre a Liechtenstein, Islanda e Norvegia). In ogni caso, la Commissione esprime “dubbi” sulle modalità e i costi corrispondenti generati dal collegamento continuo e sicuro tra le strutture dell’operatore e il sistema informatico di Sogei e invita le autorità italiane a «prevedere il ricorso a sistemi alternativi meno onerosi, che potrebbero comunque consentire un controllo efficace e adeguato da parte dei Monopoli di Stato». COSTO LICENZE ON-LINE L'importo di 300 mila euro per l’acquisto di una licenza on line «non si rivela quantificato in funzione delle spese effettive generate del sistema italiano». La Commissione ritiene che le autorità italiane dovrebbero fornire «valutazioni precise» per mostrare il legame tra i costi da un lato e «le spese imposte agli operatori dall’altro». Il fatto che l’importo sia destinato a scendere progressivamente ogni semestre fino al giugno 2016 (data di scadenza delle concessioni) «non è sufficiente a stabilire il carattere proporzionale delll'obbligo in questione». Per questo, i tecnici di Bruxelles invitano ad applicare, ove occorra, agli operatori solo obblighi e oneri proporzionati alle spese. BLACK LIST SITI ESTERI NON AUTORIZZATI La Commissione chiede alle autorità italiane di comunicare se, al momento dell’entrata in vigore del decreto on-line (giugno o luglio?), gli operatori che otterranno la concessione e che oggi rientrano nell’elenco dei siti vietati «non saranno più inseriti per tale motivo nella lista nera». Le osservazioni della Commissione Europea sembrano aver preso ampio spunto dalle critiche degli operatori internazionali rappresentati dall’Associazione europea degli operatori del gioco e delle scommesse. Il segretario generale, Sigrid Ligné, aveva sottolineato qualche settimana fa che «le leggi italiane sul gioco d’azzardo on line contengono misure ancora non al servizio di chiari e legittimi interessi di ordine pubblico». In particolare, I’EGBA - commentando la bozza del decreto Aams — aveva ritenuto che, nello stabilire un livello di protezione per i cittadini italiani, le autorità italiane dovessero prendere in considerazione le protezioni già adottate da operatori legali, provvisti di licenza e stabiliti in altre giurisdizioni europee. Così come aveva fatto la RGA (Remote Gambling Association), nel mirino degli operatori stranieri c’è l’estrema complessità del sistema tecnologico dei giochi “made in Italy”, con l’obbligo imposto agli operatori on-line di essere costantemente connessi a Sogei: una situazione che genera costi aggiuntivi e costituisce una barriera tecnologica per gli stranieri. Anche se tale requisito è stato imposto a scopo di prevenzione dei crimini, aveva sottolineato l’Egba, si tratta di un provvedimento «sproporzionato», che non prende in considerazione «altre soluzioni tecnologiche meno vincolanti e meno costose già esistenti in altre giurisdizioni europee» e che «hanno già avuto successo nel perseguire lo stesso obiettivo». Più o meno, la stessa considerazione inviata al ministero dell’Economia da parte della Commissione Europea.
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