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Totoguida Scommesse: Operatori più uniti: l’obiettivo comune è la difesa delle regole (15.4.08)  
Autore: roberto
Pubblicato: 15/4/2008
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Operatori più uniti: l’obiettivo comune è la difesa delle regole

Chi contesta il sistema punta il dito contro il Decreto Bersani e chiama in causa la Corte di Giustizia

• di Mauro Grimaldi

Lo scontro tra gli operatori ufficiali e le reti di raccolta parallela, ha inserito nella controversia in corso un nuovo elemento che si va ad aggiungere al confronto già presente nelle aule di tribunale: quello mediatico. Alcuni passaggi - come le inchieste de “Il Sole 24 ore" - dimostrano quanto la gestione di una comunicazione mirata possa incidere ed allentare la pressione su argomenti e situazioni dalle quali si vuole spostare l’attenzione. E’ una vecchia e sempre funzionale strategia che segue percorsi più o meno clamorosi a seconda della delicatezza della situazione sulla quale si vuole incidere. Nel corso della nostra storia recente sono ancora vive nella memoria le azioni brutali messe in atto per fini politici (la strage di Piazza Fontana, quella del treno Italicus) o legate alla malavita organizzata (le stragi del 1993 di via Palestro a Milano e via dei Georgofili a Firenze). Oppure quelle più strumentali, legate alle varie campagne elettorali, sia americane (lo scontro tra Barack Obama e Hillary Clinton) che nostrane (tra Berlusconi e Veltroni). Ciò che accomuna queste azioni - con le dovute distinzioni è la necessità di deviare, o quanto meno allentare la pressione, su situazioni che rischiano di creare serie difficoltà all’azione che sta perseguendo il soggetto interessato. Li dove non riesce con il dialogo, perché evidentemente non vi sono argomenti sostenibili, interviene con strumenti alternativi, di grande impatto sulla pubblica opinione, ribaltando di fatto l’attenzione sulla nuova situazione.
Questo è quello che sta accadendo anche nel nostro caso. Le strategie sono diverse, ma tutte cercano di legittimare azioni e comportamenti non in linea con le norme di riferimento che regolano il mercato. Se vogliamo usare un concetto riduttivo, potremmo affermare che il tutto è riassumibile in “attaccare per non essere attaccati”. Tutto questo è sicuramente affascinante, una sorta di partita a scacchi, e come tale imprevedibile e legata all’abilità (ed intelligenza) dei giocatori. Sul piatto, in ogni caso, ci sono 42 miliardi di euro (tanto hanno generato giochi e scommesse nel 2007), il che equivale al 2% del Pil. Una torta enorme con interessi ancora maggiori, dove è facile perdere di vista le regole (come di fatto sta accadendo) e dove, dato la vastità del fenomeno, è ancora più facile creare confusione sparando nel mucchio quando in realtà i casi evidenziati sono circoscritti.
Forse, partendo proprio da questi casi, e andando a ritroso, potrebbero venire alla luce situazioni imbarazzanti in grado di provocare una sorta di effetto boomerang su chi ha stimolato queste azioni. Il mondo - fortunatamente - non è diviso, in modo netto, in bianchi e neri, ma tutti siamo un po’ bianchi ed un po’ neri. Pensare, in ogni caso, di capovolgere i colori a proprio vantaggio per un lungo periodo è un utopia. E’ nella natura delle cose ritrovare la loro collocazione originaria. Un albero non può stare in fondo al mare, come un pesce non può vivere in un prato (mi scuso per la cineseria). Per cui, tra non molto, le cose riassumeranno la loro giusta collocazione e dimensione, nel rispetto delle regole e dei diritti di tutti. Se il gioco telematico fosse stato (come si continua a sostenere) un telematico fatto secondo le regole non sarebbe passato dal 40,4% dell’aprile 2007 al 26,8% di oggi solo perché è aumentata la rete fisica delle agenzie e dei corner sul territorio. Se nelle aule dei tribunali comincia ad essere più difficoltoso, da parte di Stanley trovare autostrade aperte alle proprie ragioni, è evidente che qualcosa sta cambiando e che le strategie operate fino ad oggi non sono più sufficienti.
Quindi si alza il tiro e si certa di colpire le fondamenta puntando sull’illegittimità del Decreto Bersani, richiamando in causa la Corte di Giustizia Europea. Se viene esaltata l’azione della Commissione sulla vicenda delle 329 concessioni ippiche storiche - onestamente è come sparare su un’autoambulanza - questo non giustifica l’azione di raccolta attuata sul territorio italiano, trattandosi di due situazioni ben distinte.
In questi anni tutte le componenti he operano nel mondo dei giochi sono cresciute ed hanno accumulato l’esperienza necessaria per affrontare la questione in modo corretto, consapevole e sereno. Quella divisione che prima penalizzava gli operatori ufficiali oggi si è trasformata in comunione di obiettivi cambiando sensibilmente il terreno del confronto. Ed i primi effetti già si notano. Come si notano i primi cenni di nervosismo dall’altra parte.

 
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