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Lo Sportsman: Fine degli ippodromi morte delle scommesse ippiche (13.04.08)  
Autore: andrea
Pubblicato: 14/4/2008
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Fine degli ippodromi morte delle scommesse ippiche

Origine dei mali.


I mali, non tanto oscuri, dell’ippica di casa nostra sono gli stessi da molti anni. Il declino è evidente e si manifesta in modo tonto palese da sorprendere un osservatore esterno per l’agitarsi di fantasmi evocati da più parti come se il problema non avesse una solare evidenza. Chi si pone obbiettivamente e criticamente alla valutazione dei fatti che hanno determinata la crisi del settore certo non avrà dubbi a sottoscrivere una cancorde valutazione. Tutto il mondo dell’ippica, infatti, trae la propria linfa vitale dalle scommesse sulle corse dei cavalli: non è possibile, anche guardando fuori dai confini della nostro Italia, trovare un sistema ippica vitale che prescinda dalle risorse che provengono dalle scommesse. D’altra parte non è molto difficile determinare quale sia l’origine della crisi delle scommesse ippiche, del loro dedino, che si palesa, giorno dopo giorno, come una malattia ingravescente: tutto inizia negli anni ottanta del secolo scorso. La progressiva desertificazione degli ippodromi si manifesta con la concessione della diretta televisivo delle corse nelle Agenzie ippiche. L‘esasperazione di tutte le scelte gestionali degli ultimi dodici anni di UNIRE, finalizzata all’erronea illusione di poter mossificare il gioco esterno, faranno poi precipitare la situazione ai livelli di oggi (calendari, orari, intervalli fra le corse, utilizzo appiattito e distorto del segnale televisivo, matinée, preserali, corse estere di ogni genere e categoria e quanta d’altro ancora). La scomparsa del pubblico negli ippodromi, che diventano, negli anni del nuovo secolo, struttore deserte, teatri vuoti, destinati a spettacoli spesso deprimenti, toglie la linfa vitale necessaria alle scommesse ippiche e per questo all’ippica tutta. Il pubblico degli ippodromi, infatti, è il pubblico delle scommesse ippiche, per questa semplice ragione senza il pubblico negli ippodromi non può prosperare l’ippica di oggi, nè esiste futuro per quella di domani. La scommessa ippica scaturisce notoralmenie da una valutazione tecnica. Un pubblico occolturato negli ippodromi e dalle corse, si rivolge alla scommessa ippica anche presso le Agenzie di scommesse.


I tentativi di cura abortiti.


Ma torniamo alla genesi della crisi. Una volta relegati gli ippodromi al rango di teatri buoni per riprendere corse che verranno poi fruite altrove si cercò di compensare le società di corse del danno subito, danno non solo economico ma di immagine e di ruolo, attraverso l’istituzione del consorzio Promoippica che doveva realizzare grandi campagne promozionali e puhblicitarie per l’ippica. Queste compagne pubblicitarie, finanziate dagli ippodromi ed in via preponderante dalle reti esterne di raccolta delle scommesse, dovevano, senzo ignorare le scommesse, promuovere le corse, gli ippodromi, lo spettacolo sportivo. Dopo un paia d’anni (1991/92) di discreti risultati, nacque un insanabile dissidio tra le due reti esterne, che avevano il diritta di veto, tutta si bloccò, praticamente sul nascere, e i campi di corse e lo sport ippica in generale finì per sparire dai grandi media nazionali.


L’inevitabile declino.


Gli ippodromi, deprivati del pubblico e correlativamente del gioco del campo, galleggiarono con i proventi del gioco esterno, scommesse che, per essere raccolte fuori dall’ippodromo, finirono per rendere le società di corse dei meri, servizievoli, complementi di una rete esterna sempre più invasiva.
In questo scenario, in cui pochi guardavano al futuro, si determinò una sorto di folle rincorsa all’aumento delle giornate di corse. Un aumento di avvenimenti del tutto in contrasto con le diverse politiche esemplarmente seguite, anche se con diverse modalità, nei paesi ippicamente evoluti quali il Regno Unito, l’Irlanda e la Francia, In questo scenario, sotto la spinto della rete esterna, si giunse all’occupazione della giornata di lunedì, tradizionalmente senza corse e all’invenzione delle corse differenziate da disputarsi al mattino. Non vi era infatti spazio per altri avvenimenti ippici nei pomeriggi sugli ippodromi.
lo scenario attuale è sotto gli occhi di tutti.
Gli ippodromi sono vuoti e qualche volte maltenuti, privi di risorse che consentano loro di pubblicizzare gli eventi. Lo spettacolo che si offre è divenuto ripetitivo e banale e la casualità delle scommesse sembra farci intravedere, dietro l’angolo, le corse virtuali.
Contro le società di corse e quindi contro gli ippodromi, sparano a palle incatenate le categorie che paiono reagire ai problemi quasi con un riflesso pavloviana: addosso agli ippodromi ! Questo contrasto, mai giustificato, pare come un retaggio storico che si è accentuato nei tempi recenti a causa delle ristrettezze economiche delle parti in polemica perpetua ed improvvido.
Ventiquattromila corse all’anno sana tante, troppe per tutti e talvolta le prospettive economiche sono davvero scarse, sia per le categorie, sia per gli ippodromi che aprono le loro porte a fronte di remuneraziuni che non coprono le spese: le differenziate sono, per molte strutture, una perdita secca.
Gli ippodromi non hanno potuta rendersi moderni ed appetibili per mancanza di risorse e perché il pubblica li ha abbandonati.


Intanto cresce la concorrenza... interna.


Le scommesse sull’ippica non hanno certo goduto di questa politica di allargamento avventuroso dei numeri degli avvenimenti. Non c’è stata una crescita vera a compenso del sacrificio sopportato. In scommessa ippica non ha saputo rinnovarsi, i prelievi sono eccessivi ed i risultati di queste scelte hanno impoverito l’ippica in ogni camparto. A fronte di questo desolazione in un mondo un tempo vitale e rigoglioso, le reti di vendita di giochi e scommesse si sono sviluppate in maniera esponenziale. La vecchia rete esterno, che era quella della raccolta delle scommesse ippiche e solo di quelle, ha rinnovato, per contro, le opportunità con la vendita di giochi e scommesse diverse che hanno consegnato risultati economici importanti ed in continua crescita. L’ippica è rimasta al palo e solo un cambiamento profondo può rigenerare il settore. Da qualche punto si dovrà partire per cambiare rotta, per invertire la tendenza sciagurata. L’ippica naviga in acque perigliose, tra le nebbie di questo mare di problemi potrebbe materializzarsi un iceberg ed il naufragio potrebbe coinvolgere tutti. Non allontoneranno il pericolo che incombe le lotte tra poveri che vedono le categorie lanciare accuse alle società di corse, nel continuo guardarsi in cagnesco, consapevoli di quanta poco sia la polpa rimasta attorno o questa macilente ippica.


Possiamo ancora farcela, forse!


Queste riflessioni sono il frutto della consapevolezza dello necessità di un percorso che si sbarazzi di veti e ricatti ad ogni muover di foglia, ad ogni possibile cambiamento. Ci saranno ancora prospettive di salvezza se si avranno chiari gli obbiettivi: la morte lenta degli ippodromi è la fine dell’ippica delle corse e delle scommesse, anche di quelle esterne. Riportare passione e gente dove si corre è una necessità vitale. La televisione delle corse è stata una ineludibile necessità, per consentire alla rete esterna di affermarsi e di fornire risorse adeguate all’ippica, non ha trovato compensazione adeguata proprio in termini di progettualità intorno all’immagine dello sport dei cavalli L‘ippica non è il calcio, che pure soffre della massiccia offerta di spettacolo calcistica televisivo, ma può contare su una continua presenza su tutti i media genuralisti e speciali, tI calcio soffre anch’esso la rarefazione del pubblico negli stadi ma viene ricompensata con risorse immense che provengono dalla televisione. Chiediamoci perchè il pubblica continua ad accorrere casi numeroso negli ippodromi inglesi, che pure consentano la trasmissione televisivo delle curse e riflettiamo insieme per elaborare una proposta adeguata per cercare di ricreare interesse nello spettacolo ippico dal vivo. Possibilmente tutti insieme.

FEDERIPPODROMI
Il Presidente
Vittorio Rossi

 
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