FRANCO RAIMONDI
I vari hubs americani, proprio in virtù delle regole sulle quali si basa il simulcasting, sono in grado di offrire alla loro migliore clientela il Cosiddetto rebate (un rimborso, uno sconto), per migliorare l’effetto churn, l’effetto volano, base sulla quale costruire un totalizzatore che funziona.
T&T Le categorie dell’ippica per anni hanno chiesto un ampliamento della rete di raccolta delle scommesse. In effetti, i punti per scommettere sono aumentati rispetto ai poco più di 300 che per decenni avevano consentito una vita agiata all’ippica italiana, ma il montepremi è crollato. Questo significa che un aumento dei “negozi” non corrisponde a un incremento del ‘commercio”?
Tanti anni fa, quando tenevo una rubrica fissa su il Giornale ogni mar- tedi, avevo fatto questo esempio. Se la FIAT produce un’automobile del settore medio o medio - alto, non importa la distinzione, il cui prezzo è tre volte superiore a quello praticato dalle fabbriche concorrenti, soprattutto nell’era della globalizzazione e d’internet, se anche aumenta di 20- 30 volte il numero delle sue filiali e agenzie di vendita, non aumenta di un’unità il numero delle auto vendute, e per il confronto sui web (dove i prodotti scommesse ippiche sono apparsi) le vendite diminuiscono ulteriormente. Oggi in Italia funziona, non ancora a regime, il Decreto Bersani, ma esiste un numero doppio (anzi di più) rispetto al numero di negozi aperti in Inghilterra.
T&T Torniamo al passato. Trent’anni fa in ogni sala corse di Milano c’erano almeno 5 scommettitori che puntavano serenamente almeno 50.000 lire a corsa. Oggi, nelle stesse sale corse - diventate nel frattempo agenzie - quando uno scommette 50 euro c’è l’applauso delle sportelliste e il direttore esce dall’ufficio per guardarlo in faccia e, magari, passa la banconota sotto una macchina per controllare che non sia falsa. Cosa è cambiato?
Semplicissimo. Sul mercato globale delle scommesse e su quello Italiano sono arrivati altri prodotti che costano molto meno: mi riferisco alle scommesse sportive. La TV trasmette in diretta tutti questi eventi sui quali gli italiani possono scommettere.
La competizione sul prezzo e sulla qualità dei prodotti scommesse è feroce e l’italia, naturalmente, soccombe.
A ciò si aggiunga il fatto che gli ippodromi Italiani sono dei veri e propri”baraccamenti” rispetto agli ippodromi degli anni 2000 di tutto il mondo. Ma, come lei sa, oggi per costruire un ippodromo degno di questo nome, ci vogliono almeno 400 milioni.
Mi permetta di aggiungere un’osservazione. In Inghilterra i bookmakers sono sottoposti al famoso GPT (Gross Profit Tax), cioè corrispondono il 15% sui profitti settimanali lordi e un altro 10% (ancora per poco, fino a riforma avvenuta) sugli stessi utili settimanali lordi, per l’utilizzo dei dati.
I premi, oltre che con le iscrizioni e gli ingressi agli ippodromi, sono fatti con gli sponsors che utilizzano gli ippodromi per il corporate entertainment, portando ogni giorno linfa nuova sui campi di corse e mettendo fior di quattrini a premio.
Se ci fossero altri balzelli le quote elaborate e offerte dai bookmakers peggiorebbero per far fronte ai balzelli, il prodotto scommessa ippica non sarebbe più concorrenziale con gli altri prodotti - scommesse e i volumi diminuirebbero
Ci sono quattro TV ippiche, due dedicate (Racing UK e atheraces) e due non dedicate (BBC i & 2 e Channel 4 nonché Sky).
E i premi non possono che essere fatti con gli sponsors, che però devono avere un ritorno per i loro investimenti, perché se si muovono prelievi, imposte, etc. il sistema crolla.
Anche in Inghilterra c’è la concorrenza dei prodotti scommesse sportive, ma l’ippica, di gran qualità, è sempre al primo posto.
T&T Come si possono recuperare i grossi giocatori? A Hong Kong, ad esempio, è stato creato un meccanismo che prevede il rimborso del 10 per cento sulle scommesse perdenti oltre una certa cifra, In Italia è proprio impossibile inventare una cosa simile?
Sul punto ho già risposto, sul “rebate”, etc. E poi ci vuole la quota fissa.
T&T Anni fa lei scrisse un articolo di denuncia dei soprusi delle agenzie ippiche, intitolato “la Repubblica dell’Andrea”. Chi era - ad uso delle giovani generazioni - questo Andrea e perché siamo arrivati a un altro regime? SI stava meglio, quando si stava peggio? Esistono ancora meccanismi di copertura del rischio da parte degli assuntori di gioco o si è arrivati a un semplice sistema di “esazione” delle scommesse?
Quando io mandai quella lettera, che è diventata un classico da studio (modestia a parte), al Direttore de Il Giornale di allora, Indro Montanelli, e per la quale Alberto Cagnato, allora entusiasta, perorò la pubblicazione, le sale corse raccoglievano e accettavano scommesse a riferimento e a quota fissa. Per abbattere gli utili lasciavano in bianco qualche bolletta che poi riempivano a risultati noti, fingendo di aver pagato somme ingenti, ma corrispondevano all’UNIRE il 17% della somma scommessa.
Oggi, le Autorità, invece di incassare il, 17% sui volumi, pagano più del 18% di commissione alle sale corse (in media il 10% - 11%). I volumi, per pareggiare il conto, avrebbero dovuto aumentare di non so quante volte.
Sa che quando io feci venire Steve Cauthen a montare Fioreilo Umbro a 5. Siro il movimento di scommesse sul campo fu di oltre 1 Miliardo e mezzo di lire per non parlare di quello a riferimento e a quota fissa nelle 320 sale corse?
Soprattutto a Milano esisteva una categoria benemerita, quella dei clandestini, che tutto sommato erano dei benefattori perché offrivano quote allettanti e facevano da collante tra gli scommettitori e i bookmakers.
Mi permetta un’osservazione. Oggi si parla tanto di favolosi volumi scommessi presso i “clanda”.
Balle, quelle scommesse esistono e esistevano, ma sono ed erano “virtuali”.
Il settlement, i conti, si fanno il martedì e se Io scommettitore ha perso troppo (si scommette e si scommetteva a credito) paga una piccola parte e si va a riporto. Impossibile “sbiancare” quei volumi.
Così come fa ridere il discorso riciclaggio di denaro sporco con le scommesse ippiche sugli ippodromi o agenzie ippiche.
Il riciclatore dovrebbe andare dal Signor Pinco, bookmaker (categoria quasi del tutto estinta) con una valigia di fresca, dovrebbe scommettere proporzionalmente alle quote tutti i cavalli del campo, dovrebbe perdere anche il 31% della somma investita, e poi dovrebbe andarsene a casa con un assegno.
Il suo boss gli taglierebbe le orecchie per aver pagato una commissione del 31% per ripulire un po di fresca.
T&T L’anomalia del sistema italiano, in cui pubblico e privato mungono simultaneamente la mammella dei giocatori, è lampante come la crisi della scommessa ippica. Cosa si può fare, a questo punto, per invertire la tendenza? La riduzione del prelievo “bulgaro” è una ricetta perfino troppo semplice e proprio per questo sembra impossibile da perseguire...
Se l’italia è ancora uno stato di diritto non si può fare nulla, fino al 2015, data di scadenza delle concessioni, in quanto il Bando, di cui al Decreto Bersani, ha previsto un certo tipo di remunerazione per le agenzie ippiche che, proprio in base a quelle remunerazioni, hanno fatto le offerte per aggiudicarsi i diritti, offerte differenziate per agenzie ippiche e corners ippici.
Se i prelievi sono ridotti crolla la remunerazione dei salari” e ciò non è possibile.
Bisogna chiudere baracca e burattini, passare ad una fase di transizione, e ricostruire su basi diverse, americane - inglesi, ma non mi pare la sede per trattare questa pratica, ahimé molto complicata.
Tenga presente che la riduzione dei prelievi, fatta non a capocchia, richiede una preparazione matematico - statistica e di sistema che, per quel che ne so, sta in capo forse ad una sola persona al mondo o al massimo a due.
Nessuna di queste persone abita in Italia, tanto per essere chiari e per spazzare eventuali cattivi pensieri dalla testa dei lettori. (segue)