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Totoguida Scommesse: CTD inglesi: è sempre caos  
Autore: roberto
Pubblicato: 8/4/2008
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CTD inglesi:
é sempre caos

Dissequestri a Vasto, Cassino, Salerno e Siena. L’8 aprile round in Cassazione

di Nicola Tani

Continua a complicarsi la vicenda dei CTD Stanley operanti in Italia. Contrariamente alle (logiche) aspettative dei concessionari e di Aams, le cui chiare posizioni sono state espresse di recente anche in una circolare di piazza Mastai, i giudici continuano a emanare pmwedimenti di dissequesim e di assoluzione per i titolari dei contestati centri collegati al bookrnaker di Liverpool. Gli ultimi quattro casi, uno dietro l’aiim, riguardano i tribunali di Cassino, Salerno, Vasto e Siena, zone ad altissima densità di scommesse e per questo molto appetite dai concessionari Aams. Nel primo caso, il tribunale di Salerno, letti gli atti del procedimento penale e considerato l’attuale e ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ha emesso un decreto di archiviazione - a causa del contrasto tra legge 410 e normativa europea - per la vicenda di un centro chiuso a Battipaglia il 16 gennaio del 2007 per intervento delle Autorità.
Dissequestro anche a Cassino per un centro chiuso il 19 febbraio del 2007 e riaperto ora a seguito delle sentenze della Corte di Giustizia Europea e della recente interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione. Vicenda un po’ più complicata a Vasto: il Giudice Monocratico presso il tribunale di Vasto ha assolto il titolare del centro scommesse Stanleybet di Vasto, già indagato (e poi assolto) dall’accusa di esercizio di scommesse abusive in precedenza e poi nuovamente citato in giudizio per lo stesso reato lo scorso 12 ottobre 2007.
Pochi giorni fa, la nuova assoluzione sulla scia delle recente sentenza della Terza Sezione della Cassazione, motivata dal fatto che «l’attività organizzata per l’accettazione e la raccolta delle scommesse, se operata per conto di società quotate, avente sede in uno stato membro, da soggetti esclusi dal rilascio delle autorizzazioni di polizia per il solo fatto che la raccolta viene effettuata per conto di società con azionariato anonimo che, per questo motivo, non hanno potuto partecipare alle gare (del 1999, ndr) non integra reato di cui all’articolo 4 della legge 401 del 1989, in quanto tale disposizione si pone in contrasto con i principi comunitari di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, né appare giustificata da finalità di controllo per motivi di ordine pubblico». Tutti e tre i casi, com’è facile intuire, sono successivi al decreto Bersani e quindi — contrariamente agli auspici dei concessionan - va rilevato che nei tribunali non c’è ancora stato, almeno per ora,
l’effetto positivo della liberalizzazione, lo stesso su cui conta Aams per risolvere in prospettiva la grana dei CTD esteri. Eppure, secondo la nota inviata agli uffici regionali dei Monopoli di Stato poche settimane fa, gli ostacoli alla libertà di stabilimento lamentati da operatori Ue sono caduti, in quanto «la legislazione italiana in materia di concessioni per la raccolta di giochi pubblici (con l’emanazione del cosiddetto decreto Bersani, ndr) si è conformata ai principi comunitari, eliminando qualsiasi preclusione alla partecipazione di soggetti esteri a tali procedure».
La Corte di Cassazione, nella sentenza del 28 marzo 2007, ha affermato che l’articolo 38 del decreto Bersani «fissa i principi essenziali di una disciplina che appare ampia e articolata, in grado certamente di modificare per il futuro il complesso quadro di riferimento che ha dato origine alle osservazioni critiche della Corte di Giustizia». Secondo la suprema corte italiana, nell’interpretazione della sentenza Placanica, occorre muovere dalla chiara affermazione che «la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi non sono state compresse a causa della previsione di un regime concessono in quanto tale. Tale regime è sostenuto da ragioni di ordine pubblico e sociale e può essere compatibile con quelle libertà in quanto risulti rispondente ai principi di non discriminazione, di necessità e di proporzione».
Sono quindi venute meno nell’ordinamento nazionale le condizioni che, secondo la sentenza Placanica della Corte di Giustizia Europea, comportavano la disapplicazione delle sanzioni penali nei confronti di soggetti privi di concessione o autorizzazione.
Non la pensano così evidentemente i giudici, che continuano a dare interpretazioni della norma favorevoli agli operatori presenti in Italia senza un’autorizzazione delle autorità statali, con il risultato che ogni tentativo di riduzione del fenomeno dei cui Stanley — circa 400 punti sul ten-itorio con una raccolta di 3-400 milioni di euro annui - si è rivelato fin qui un sostanziale flop. Da ogni analisi e stima, naturalmente, sono assenti tutti gli internet point e i “centri serdzi” che continuano a raccogliere scommesse — e da qualche anno anche e soprattutto giocate su casinò e poker on-line — per conto di allibratori esteri che non danno alcun segnale della propria presenza in Italia.
Un giro d’affari miliardario (in euro) di cui nessuno parla, almeno per ora. Tornando ai CTD di Stanley, il prossimo appuntamento (ma la causa riguarda solo l’eventuale valutazione del danno sofferto da amministrazione e concessionari) è fissato per l’8 aprile in Cassazione: la suprema corte si dovrà pronunciare sul ricorso dell’Awocatura di Stato adima sentenza della Corte di appello di Roma che assolse il gestore di un cenim Stariley condannato in primo grado dal Tribunale di Rieti nel maggio 2006.

 
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