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Lo Sportsman: L'ippica industriale di Maurizio Ughi (8.4.08)  
Autore: roberto
Pubblicato: 8/4/2008
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L'INTERVISTA

L’ippica
industriale
di Maurizio Ughi

Basta con provvedimenti “di giornata”, con i tamponamenti amministrativi: si faccia un vero e proprio “piano industriale” e lo si faccia fare da professionisti. Questo l’appello di Maurizio Ughi, il Presidente di Snai SpA, che affronta a tutto campo la situazione dell’ippica e delle sue scommesse, criticando soprattutto le “resistenze” ippiche e non a quel cambiamento che è da considerarsi indispensabile per aumentare i volumi di gioco e quindi portare più risorse al settore. Partendo dalla tormentata partenza della rete prevista dalla legge Bersani e quindi dal ritardo di iniziative come quella dei “due campi”.
Una riforma del prodotto che può essere alla base del rilancio, che può permettere di promuovere un’ippica che oggi ha un’immagine pessima e che soprattutto non attira assolutamente i giovani, perdendo clamorosamente il confronto diretto con le scommesse sul calcio. Un’ippica che mantiene le sue posizioni, che cala solo leggermente, ma che non riesce a partecipare alla crescita esponenziale dei volumi di gioco a cui è arrivato il mercato ormai aperto. E che non riesce a cambiare, a convincersi che si trova in un mercato concorrenziale e aggressivo sia per le scommesse, messe a confronto con i tanti giochi possibili, che per il pubblico, considerato che gli ippodromi devono confrontarsi con le tante alternative nel settore dell’entertainment. M.T.

Segue

 

Il PRESIDENTE DI SNAI CHIEDE UN PIANO INDUSTRIALE DEL SETTORE PER RISTRUtTURARE PRODOtTO E IMMAGINE

Il gioco di Ughi

Unire bloccata «Tutti i giorni sono tirati per la giacca e devono tamponare i buchi quotidiani. Così si perde di Vista l’obiettivo primario: il progetto»
I due campi «Aams mi ha giurato che si partirà il 21 aprile anche se qualcuno non è pronto. Bisogna sfruttare la rete che può produrre risorse per l’ippica»

MARCO TRENTINI
Esplosivo, ironico, irriverente. Maurizio Ughi è un personaggio unico e controverso nel panorama dell’ippica e più in generale del settore dei giochi. Rispettato, amato con riserva dagli ippici, il Presidente di Snai SpA si muove come un felino, veloce e silenzioso. E come tutti i predatori si adatta alla perfezione all’ambiente che lo circonda, assumendo di volta in volta l’atteggiamento più “produttivo”.
Nell’ippica è il “signore” delle scommesse, con la sua rete di agenzie, la televisione, gli ippodromi (San Siro e Montecatini) e di recente anche con l’acquisizione di una bella fetta dei corner messi a bando dalla legge Bersani. Dall’ippica è partito tutto, ma oggi Snai non è solo scommesse sulle corse dei cavalli, perché Ughi è stato, tanto per cambiare, il primo a puntare anche sullo sport. Con quel gioco d’anticipo che gli ha sempre consentito di essere una lunghezza avanti a tutti.
In una situazione difficile come quella di oggi Ughi per molti andrebbe messo sul banco degli imputati, condannato ad eterna dannazione come co-responsabile delle tante disgrazie ippiche. E lui, da esperto “politico”, non risponde alle critiche: rilancia e propone qualcosa di nuovo. Guarda all’ippica e lo fa con la voglia di trovare una soluzione per rilanciare il settore, per cambiargli faccia.
Il comparto dei giochi e delle scommesse da anni fa segnare incrementi esponenziali Crescono tutti i giochi tranne uno..
«L’ippica ovviamente. E magari volete sapere perché... Prima di tutto bisogna fare una bella distinzione, perché l’unica scommessa dalla tipologia simile a quella ippica è quella sullo sport, o meglio sul calcio, dato che il pallone raccoglie il 95% del gioco “sportivo”. Sono entrambe scommesse di abilità, per le quali il giocatore valuta le performance o chissà cos’altro e poi decide. E la differenza di trend fra le due tipologie di scommessa è presto spiegata: il calcio è naturalmente promozionato. La conoscenza delle squadre e delle partite è automatica, grazie al bombardamento mediatico delle televisioni e dei giornali gerieralisti. La gente sa tutto del calcio e diventa quindi più facile decidere di fare una scommessa su una partita. Per quanto riguarda l’ippica l’impressione è che gli ippici stessi desiderino a tenerla “riservata” a loro stessi, a non fare mai niente per farla conoscere ed apprezzare dal grande pubblico. L’ippica soffre di una malattia grave, che si chìama “non notorietà” e ciò ha portato a un invecchiamento complessivo del parco giocatori. Nella rete di vendita questo fenomeno è molto ben riscontrabile. Il target di pubblico dello sport è essenzialmente giovane, quello dell’ippica, per usare un eufemismo, è anzianotto. Allora diventa abbastanza logico capire che non vi è stato alcun ricambio generazionale, che quelli che giocavano sui cavalli sono rimasti sostanzialmente gli stessi, invecchiati, di qualche decennio fa. I dati nudi e crudi dicono che i numeri dell’ippica non calano, ma non crescono. Il settore dei giochi è passato da un fatturato di 7 miliardi a quello attuale di 43. In esso l’ippica ha mantenuto sostanzialmente i suoi volumi di 3 miliardi abbondanti, perché il cliente ippico è affezionato e fedele. Ma la mancata crescita testimonia anche come praticamente nessuno si sia avvicinato a questo settore. In definitiva non è successo come per il Totocalcio, che è crollato miseramente quando il panorama delle scommesse si è allargato, ma allo stesso tempo, se si vuole guardare al futuro, la situazione rimane preoccupante. E vedo con dispiacere che gli ippici tendono a non rendersi conto di ciò. Ogni giorno l’Unire viene tirata per la giacchetta da qualcuno che guarda solo al suo piccolo interesse e così facendo si perde di vista quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario, ovvero una visione complessiva dello scenario futuro. C’è nel settore solo una politica “alla giornata” che mal si adatta a un mondo in cui c’è bisogno di grande aggressività. L’ippica oggi deve lottare su due fronti “aperti”, il primo è quello di un settore dei giochi che propone tantissime opportunità, il secondo è quello dell’entertainment, decisamente affollato e competitivo anch’esso. E il settore deve rendersi conto che il mondo è cambiato, che siamo nel terzo millennio, che quindi la “società” stessa si è modificata radicalmente in usi e costumi. Che bisogna essere competitivi con avversari aggressivi e temibili ».
La questione delle aliquote di prelievo troppo elevate sul tavolo da tempo. E la remunerazione bassa ai giocatori provoca disaffezione...
«Certamente quello dei prelievi è un fattore importante. Le scomniesse sportive sono partite con il 18/19% e non decollavano, Quando si è passati al 3/4% l’effetto volano è stato significativo, perché il denaro è stato rimesso in circolo. Sulle scommesse ippiche tutto ciò serve, ma non è solo questo fatto che può cambiare il mercato. Abbassando il prelievo si giocherebbe indubbiamente di più, ma questo cambiamento deve far parte di un progetto complessivo che si rivolga alla soddisfazione del clientescommettitore, Il calcio ha vissuto un momento difficile e decisamente contrastato, ma la passione e fa grande diffusione che lo contraddistingue hanno fatto sì che anche tutte le vicende degli scorsi anni non portassero troppi danni, In Francia e in Gran Bretagna l’ippica è come il calcio da noi, ma lì c’è una cultura diversa, nella quale il cavallo e le corse hanno una posizione centrale. Da noi il giocatore ippico fa parte di un target specifico e gli ippici sono quasi gelosi di questa loro “ghettizzazione”. Continuo a dire che l’impressione è che l’ippica tenda ad “autoblindarsi”: è a questo punto che ritorno al concetto dì progetto, di piano industriale».
Un concetto condivisibile. Ma come si fa a renderlo reale. Forse con Maurizio Ughi a capo dell’ippica...
«No, grazie. Non è detto che la mia idea sia quella giusta, ma se ne parla da anni e finora non ho ancora visto un progetto diverso e migliore. Per spiegarmi torno agli anni di Varenne, il cavallo sul quale noi abbiamo investito e che è diventato un’icona dell’ippica italiana. Grazie a Varenne abbiamo capito molte cose e sperimentato sul campo le potenzialità di pensare in grande. Lo abbiamo indirizzato verso le grandi sfide internazionali e, grazie anche a una bella dose di fortuna, tutto è andato per il meglio, tanto che Varenne è diventato una star. La cosa più impressionante è che la gente “comune” si interessava a Varenne, a come viveva a quello che succedeva prima della corsa, in allenamento, quasi che l’episodio agonostico passasse in secondo piano: tanto era scontato che vincesse. Le vittorie di Varenne avevano portato un grande ritorno di immagine e tutto ciò è testimoniato dalla grande presenza del cavallo sulle televisioni e sulla stampa generalista. Ora Varenne non corre più e sappiamo tutti che un cavallo così può nascere ogni venti o cinquanta anni. Insomma non possiamo pensare di trovarne un altro a breve e quindi diventerebbe inutile puntare sul campione per rilanciare quell’immagine del settore che oggi purtroppo è rappresentata solo dagli avvenimenti di cronaca nera. Allora la mia idea è quella di puntare sulle corse, su grandissimi avvenimenti che possano avere richiamo e provocare un ritorno dl immagine. E parlo di una, due giornate di corse superlative, seguendo l’esempio di quanto è stato fatto a Dubai o a Hong Kong. Un vero e proprio meeting stellare, da abbinare ad avvenimenti mondani, sostenuto da una campagna promozionale aggressiva, che crei quell’aspettativa che oggi è requisito fondamentale. Da parte nostra Snai è più che disponibile a essere parte attiva in un’operazione come questa, ma mon vorremmo essere “main sponssor” perché sono convinto che finché non si coinvolgono altri, con le sponsorizzazioni “interne” il settore si squalifica e tende a rinchiudiersi sempre più in se stesso. Così si potrebbe fare, ma non ditemi che bisogna pubblicizzare 24.000 corse, moltissime delle quali di assoluta routine, perché questo è impossibile e, anzi, dannoso».
Parliamo di questo progetto: chi, cosa, come e quando...
«La vera strada da seguire è quella di incaricare una società terza che decida il piano. Parlo naturalmente delle grandi strutture che si occupano specificatamente di queste cose.. E dico che un’operazione del genere se viene a costare meno di un milione e mezzo di euro si trasforma in una bufala... La società in questione deve analizzare il settore, vedere quali sono le cose buone e quali i cocci da buttare via, parlare con chi vive tutti i giorni l’ippica e con i clienti, effettuare insomma uno studio completo ed esauriente dell’ippica italiana e poi arrivare a un piano industriale che sia la sintesi di tutto ciò. Elaboriamo insomma la strategia e solo dopo si può andare dal Governo e chiedere sostegno per rendere più sopportabili i tagli necessari per applicare il piano. Con il Governo bisogna trattare un aiuto motivato da un progetto e sono sicuro che è più difficile ottenere 10 milioni a fondo perduto, come accade oggi, che 100 da utilizzare come investimento o ammortizzatori sociali, a fronte di un piano di ristrutturazione importante».
La prima novità in arrivo è quella dei “due campi” nella rete Bersani, un’iniziativa che sembra non poter partire mai..
«Aams mi ha giurato che il 20/21 aprile finalmente si partirà. Da quando è stata prospettata l’idea ho detto che si trattava di un provvedimento indispensabile, ma che presentava diverse difficoltà legate alle indispensabili modifiche di leggi, decreti e regolamenti. Dopo un po’ mi hanno dato ragione e si è deciso di partire con la normativa vigente, che consente quanto sta per andare in programma, ma si è perso ovviamente tanto tempo. E se n’è perso ancora di più in quanto non tutti sono pronti per gestire quella che noi operatori delle scommesse chiamiamo “molteplicità dei palinsesti ippici”. Ora si è deciso di partire comunque: chi c’è, c’è. Sono sicuro che si tratta di un fatto importantissimo per il settore dell’ippica, perché per coloro che hanno in gestione i corner ippici avere solo due eventi in un giorno è troppo poco per dare interesse e remuneratività, Snai, che continua a credere nelle potenzialità di un’ippica che sappia guardare avanti, ha investito parecchio nella linea della legge Bersani, aggiudicandosi la parte più consistente di questi corner. Ora sento che qualcuno reclama il ritorno a vecchi schemi. Ma se il dimezzamento dei punti vendita ha portato a un calo del 10/15% sulla Tris, allora è evidente che alcuni punti “vendita staccavano scommesse di 20 euro in un giorno, con una remunerazione per loro di 1,6 euro: che interesse può avere questa gente a promuovere il gioco ippico? Proponendo i ”due campi” gli si dà più prodotto (una corsa ogni venti minuti o mezz’ora) e quindi più possibilità d’incasso. A qualcuno però tutto ciò, ovvero la chance di migliorare il bilancio dell’ippica, non interessa, perché quando è stato proposto il Bando Bersani aveva deciso di non investire, portandosi a casa i rimasugli. Salvo poi mettere sul tavolo una montagna di soldi quando c’è stato da portarsi a casa, credo anche giustamente, qualcosa d’altro, qualcosa che evidentemente interessa loro ben più dell’ippica. In ogni caso ben vengano i ”due campi”, ma ribadisco che il prodotto deve essere poi venduto e se non si parte dalle caratteristiche del prodotto si rischia poi di trovarsi davanti a un flop. lo dico sempre che noi dobbiamo ragionare come se vendessimo il Dash, ma se il Dash non lava bene la gente lo capisce subito e cambia strada. Oggi non li puoi prendere in giro più di una volta... E allora l’iippica e gli ippici devono capire (che devono produrre qualcosa che funzioni, anche rompendo quegli schemi che oggi sembrano infrangibili».
L’ingresso delle scommesse sportive nella rete ippica è considerato un atto di concorrenza sleale. Effettuato solo a vostro vantaggio.....
«Non credo sia così. Anzi. Pensate se oggi ci fossero due reti diverse, se i punti vendita ippici potessero solo vendere scommessie ippiche. Dove andrebbe la gente? Andrebbe dove ci sono il Milan, l’Inter o la Juve o dove ci sono le corse? Credo che se tutto fosse rimasto diviso l’ippica avrebbe preso una batosta, mentre così è riuscita a r’nantenere il suo volume, anche se torniamo al concetto della preoccupazione per la mancata crescita.. Per noi, poi, le scommesse ippiche sono addirittura le più remunerative, ma non è possibile “spostare” le preferenze del pubblico. Oggi il nostro margine sulle sportive è del 15% ma con il rischio di perdere, sull’ippica al totalizzatore lavoriamo all’11,8% medio senza rischio e sulle multiple a riferimento al 16%. ll ragionamento più vantaggioso per noi sarebbe quindi quello di puntare su queste ultime due, ma non è fattibile».
La televisione dell’ippica è considerata una sorta di “spazzatura”, assolutamente inadatta a promozionare il settore...
«Questa per me è una spina nel fianco. Noi abbiamo cominciato con la tv nei primi anni settanta e abbiamo continuato fino a mettere in piedi tutta la rete di trasporto del segnale, inserendo anche dei contenuti. Siamo passati anche attraverso problemi di ordine normativo poi finalmente risolti, Oggi Teleippica non può offrire alcuna attività riguardo ai contenuti e non ha alcun potere. In base al contratto trasportiamo il segnale e lo mandiamo in onda secondo quanto ci viene detto da Unire: i canali grigio e verde sono gestiti secondo le direttive Unire per 24 ore al giorno, mentre il 220 di Sky è affittato all’Ente per 12 ore al giorno. Quello della televisione è un altro aspetto su cui l’ippica non ha mai voluto nè investire, né guardare al futuro. Qualcosa si era fatto con la presenza di qualche volto noto, ma come sempre si era trattato di iniziative estemporanee, che sganciate dall’ottica di un progetto, non hanno portato ad alcun beneficio».
La palla torna all’Unire, e al benedetto progetto...
«Come ho già detto è ora di finirla di tirare per la giacchetta l’Unire per tutti i piccoli problemi o i piccoli interessi di parte. Per quelle cose che stiamo vedendo anche in queste settimane. Quando è stato nominato Guido Melzi Commissario noi abbiamo fatto un ricorso al Tar che subito era stato equivocato. Il ricorso era solo relativo al fatto che, nel mandato di qualche anno fa, la convenzione con gli ippodromi premiava più certe Società rispetto a Milano. E questo non poteva andarci bene. Non si trattava di una battaglia contro la persona, anche se il giorno dopo qualcuno ci aveva subito detto: mettiamoci insieme che così lo cacciamo subito. Non si tratta di un problema di persone. Oggi bisogna capire che chi è in un Ente pubblico non può fare quello che vuole, fa quello che può. Bisogna capire che non si può continuare a non guardare al futuro per tamponare problemi amministrativi spesso di basso livello. Il compito dell’Unire e del suo Consiglio di Amministrazione deve essere quello di riprogettare il sistema e quindi il prodotto. Altrimenti si rischia solo di inventare cose che durano da Natale a Santo Stefano. Parliamo quindi di un modo di operare, non di chi deve essere in quel posto. Il resto è strumentale agli interessi particolari. Interessi che devono essere superati proprio con quel Piano industriale con il quale galoppo, trotto e ippodromi possano sapere quali sono gli obiettivi. Se ciò non viene fatto si parla solo di balle, si guarda solo ai piccoli interessi e si fa confusione. Vivo nell’ippica da quando sono nato, nel 1948, perché mio padre aveva un’agenzia ippica. E ho sempre vissuto in questo mondo, tanto che mio padre, visto che a scuola andavo male perché passavo il tempo in agenzia, mi diceva che non facevo le medie, ma le “rimedie” perché mi rimandavano sempre. Conosco bene insomma tutto il settore».
E conosce bene anche gli ippodromi, dato che Snai è proprietaria di San Siro e Montecatini. E allora parliamo di San Siro e di quelle voci che riguardano il trotto ma non solo....
«Le aree del trotto e del centro di allenamento del galoppo ovviamente possono diventare ben più redditizie di quanto sono oggi, mentre l'’ippodromo del galoppo è fuori da qualsiasi discorso, in quanto lo consideriamo tutti assolutamente fenomenale e non riproducibile nemmeno in minima parte. È uno degli impianti più belli in assoluto d’Europa e quindi non si tocca. Per quanto riguarda il trotto si pensa a un’altra collocazione che possa consentire di creare una struttura con una pista da miglio e una tribuna multifunzionale adeguata alle esigenze del pubblico di oggi. E di creare anche un centro di allenamento. Oggi il trotto non è sviluppabile e la vicinanza con lo stadio lo rende addirittura inutilizzabile per la maggior parte delle domeniche, ovvero il giorno più importante. Vogliamo insomma costruire qualcosa che abbia una vita sua, dalla parte delle scuderie ma anche da quella della tribuna. Abbiamo per questo visto molte aree, non mi ricordo nemmeno quante, ma non c’è ancora nessun preliminare. Il requisito è che deve trattarsi di un’area in Milano, collegata e raggiungibile. Per i centri del galoppo si tratta di riprodurre una struttura in un luogo più vivibile anche per i cavalli che oggi si allenano praticamente nel centro della città, in mezzo all’inquinamento. Si tratta ovviamente di un progetto che può rappresentare per noi un business interessante e per questo confermo che una parte del ricavato dall’eventuale utilizzo delle aree per altro verrà comunque utilizzata per creare strutture nuove e migliori di quelle attuali».

 

 

 
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