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Le Voci del Trotto: Medici al capezzale dell'ippica decicono per l'eutanasia (29.2.08)  
Autore: unagt
Pubblicato: 29/2/2008
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MEDICI AL CAPEZZALE DELL’IPPICA DECIDONO PER L’EUTANASIA.

(Ma tenendo i piedi a terra si potrebbe ancora salvarla!)

 

Avete letto bene: ormai quelli che si affannano intorno all’ippica malata non lottano più per salvarla, ma per farle fare una morte serena. Lo si deduce dai medicinali che vengono proposti, lo si deduce dalla “qualifica” delle persone che sono state chiamate al capezzale dell’ammalata.

In primo luogo l’atteso Consiglio di Amministrazione dell’UNIRE: tanto sospirato e finalmente nominato. Un gruppo di perfetti sconosciuti per l’ambiente ippico, capitanati da un Presidente che nessuno dell’ambiente ha mai avvistato in un ippodromo, ma neanche a passeggio su una delle superstiti carrozzelle. E qual’è il primo obbiettivo del Presidente del C.d.A., quale la medicina? Ce lo dice subito lui stesso: “Ripopolare gli Ippodromi.” Cioè la cosa oramai più assurda ed impossibile. Perché gli ippodromi sono ridotti a cattedrali nel deserto. Perché nelle giornate di corse un po’ di gente la si vede solo nelle scuderie. La tecnologia avanzata permette di assistere allo spettacolo ippico comodamente seduti e riparati, al caldo (d’inverno) ed al fresco d’estate nelle Agenzie ippiche, con la possibilità di assistere alle corse da tutti i campi, e di giocare su ogni corsa. E’ giusto che sia così, e bisogna solo prenderne atto. Gli ippodromi nel futuro prossimo dovranno curare soprattutto le piste e le scuderie: le tribune si riempiranno solo in occasione dei grandi avvenimenti, (Lotteria, Derby, UNIRE ecc.) e dovranno programmare l’accoglienza solo per quei giorni. E questi avvenimenti dovranno avere un battage pubblicitario adeguato. Pensare al ripopolamento quotidiano è pura utopia, e impegnare dei fondi a tale scopo risulterà solo uno spreco di soldi.

            La seconda sciocchezza con cui si riempiono la bocca i cosiddetti “salvatori” è che l’aumento dei punti vendita possa far aumentare il gioco. Stupidaggine, pura utopia e basta. Il gioco sui cavalli è un fatto altamente tecnico, specialistico. Mentre fare il pronostico su una partita di calcio è alla portata di tutti, perché tutti, dai cinque anni in su, hanno giocato a pallone, sono tifosi di una squadra, sanno tutto, sono addirittura potenziali commissari tecnici, giocare sui cavalli richiede una competenza specifica. Per cui lo scommettitore ippico è un soggetto particolare che sa dove giocare, non ha problemi legati all’ubicazione delle Agenzie. L’unico risultato raggiungibile dall’aumento dei punti vendita è una maggiore comodità, ma sempre a disposizione di chi è gia scommettitore.

            Altra sciocchezza è quella legata alla convinzione che altri tipi di scommesse possano incrementare il gioco. Lo scommettitore ippico quando esce di casa ha una cifra in tasca, oltre la quale non può andare. Se si trova di fronte ad una nuova scommessa, magari appetibile, certamente tenterà la sorte: ma quello che impegnerà nella novità, la toglierà da un’altra parte. Se levi da una parte per mettere dall’altra, non aumenterà certo la somma.

            Ma allora non c’è speranza? La speranza c’è, se si affrontano i problemi con realismo, dopo aver fatto un’analisi approfondita su ciò di cui abbiamo accennato.

Il primo rimedio è l’utilizzazione della raccolta del gioco. Tanto per cominciare, siamo l’unico paese al mondo dove la percentuale spettante agli intermediari è così alta: il 12% è enorme, se è vero che in altre nazioni ippicamente progredite (come e più di noi) tale percentuale raramente supera di poco il 6%.
In secondo luogo le provvidenze agli allevatori che vanno fino alla fine della carriera di un cavallo. Laddove gli allevatori, con il sistema delle “stakes” americano (iscrizione ai G.P. alla nascita dei cavalli, conferme progressive fino alla data della disputa dei G.P. ed eventuali entrate all’ultimo minuto), potrebbero autofinanziarsi rendendo addirittura le classiche giovanili molto più ricche e quindi rendendo più facili le vendite dei puledri. Il notevole risparmio sui premi allevatori, da una certa età in su, farebbe recuperare altri soldi per il montepremi. Naturalmente si inserirebbe nel discorso anche la qualifica degli allevatori, indispensabile per il miglioramento della qualità dei cavalli.

            Ancora le provvidenze agli ippodromi. Preso atto che ormai è utopistico riportare per i convegni di routine il pubblico in tribuna, lo sforzo e gli eventuali aiuti dovrebbero andare nella direzione dell’adeguamento dei servizi nelle scuderie e del miglioramento delle piste. Ma sempre, previa autorizzazione, a “lavoro compiuto”. Provvidenze solo in occasione di avvenimenti eccezionali, Gran Premi di risonanza internazionale, ed utilizzati per pubblicizzare l’avvenimento.

            Infine, e qui parliamo della medicina più efficace, anche se difficile da attuare ed i cui risultati si vedranno a più lunga scadenza, fare nuovi proseliti alla causa ippica. Come? Si diceva una volta, la pubblicità è l’anima del commercio. Allora i capitali, anziché buttarli dalla finestra sovvenzionando a destra ed a manca, bisogna impiegarli nel martellare i giocatori “generici” (lotto, gratta e vinci ecc.), inducendoli a scommettere sui cavalli. La Tris inflazionata, il quarté ed il quinté ad esempio, dovrebbero diventare avvenimenti eccezionali, limitandone il numero ed intervallandoli in maniera da avere il tempo di pubblicizzarne le vincite. Facendo capire che con una spesa minima si possono raggiungere grosse vincite. Creando, insomma, una fascia di giocatori non propriamente ippici da affiancare a quelli storici. Lavoro paziente, lungo, e per questo da affidare naturalmente a specialisti.

            In conclusione, il montepremi, anche se il gioco dovesse avere una leggera flessione, potrebbe essere tranquillamente sufficiente recuperando da queste voci. E d essendo per statuto, voce non residuale, dovrebbe definitivamente essere legato ad una percentuale fissa sul gioco. Condicio sine qua non.

 

 
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