Riecco l’ippica degli zombie
A volte tornano. Tornano le elezioni con le solite facce e le consuete promesse “meno tasse, più posti di lavoro”; torna Sanremo, naturalmente con Pippo Baudo; tornano marchi storici, finti nuovi o chissà falsi antichi, come i mobili. In questa galleria di zombie (quelli che a volte tornano..) mi sono detto: perché non provo a tornare anche io? Tanto: 1) non mi possono portare via una lira, anzi un euro, perché sono già spariti in questi anni; 2) non posso fare danni all’ippica, perché altri hanno già provveduto, con molta più abilità e costanza, anzi sembrava che fossero lì apposta; 3) quello che dico entra da un orecchio ed esce dall’altro: non che sia così importante, ma di sicuro la voce e il punto di vista di chi gioca vanno rigorosamente ignorati, anche e soprattutto quando si parla di scommesse. Infatti leggo che come grande novità sarà forse introdotta la V6 o V7 (fa poca differenza). Bel colpo, mai nessuno di questi soloni che si sogni di chiedere il parere di uno che scommette tutti i giorni. Intanto anche la V6 è uno zombie, nel senso che torna pure lei a distanza del tentativo dei primi anni Ottanta: erano valide 5 corse sullo stesso ippodromo e dopo qualche mese la scommessa fu abbandonata, perché poco redditizia e inoltre con sospetti di ‘aggiustamenti” sulla corsa decisiva e magari anche sulla precedente. Ma il più bello, mi ha raccontato un amico qualche anno meno giovane, è che già nel 1951 (sì, avete letto bene millenovecentocinquantuno) era stata varata la V6, che si disputava al giovedì con corse su tre ippodromi diversi, di regola due prove per ciascuna piazza: e anche in quella occasione, dopo qualche tempo la scommessa venne abolita in quanto fallita. Però nessuno che si occupa di scommesse ha non solo competenza, ma neppure memoria storica. E neanche si rende conto che impegnare i soldi su una scommessa che dura sei o sette corse non serve affatto al movimento di gioco dell’ippica perché tiene fermi i quattrini invece di farli girare. Allora, giustamente, non c’è il due senza il tre, meglio provare una volta di più qualcosa che l’esperienza ha ampiamente dimostrato non funzionare... E, ancora meglio, con un prelievo sulla scommessa del 50 per cento: poi ci si lamenta del famoso 8 per mille, quasi quasi c’è da ringraziare quelli del fisco. Ma, direi io, facciamo così: lo scommettitore gioca solo per divertimento, tenetevi pure il 100 per cento del gioco, tanto cosa cambia? E se non altro non c’è una presa per i fondelli del giocatore. È chiaro a questo punto, secondo me, che non si vogliono vedere le cose, né trovare soluzioni sensate: perché mi rifiuto di credere che tutti siano così superficiali (avrei usato altri termini, sempre con iniziale “s”, ma è meglio evitare querele) da ipotizzare che una simile proposta di scommessa possa avere successo, D’altra parte probabilmente AAMS significa Azienda Anonima Massacra Scommettitori oppure Associazione Ammazza Scommettitori, almeno quelli dell’ippica, perché altrimenti non c’è spiegazione a quello che succede. Prima di introdurre nuove (?) scommesse, non si potrebbe far funzionare un po’ meglio quelle esistenti? La doppia Tris è un disastro, sarebbe da lontano meglio un Quinté giornaliero, però non con le modalità attuali, ma con il sistema francese, di “ricaduta” su Tris e Quarté. E naturalmente una corsa nazionale al giorno dovrebbe esser costruita bene, minimo 18 partenti, sempre su piste che diano garanzie, non quelle troppo strette o anguste che impediscono svolgimenti regolari. Dice: ma due eventi rendono meglio di uno. Sbagliato. Facciamo i conti: le due Tris attuali fanno circa 500 per il caffè e 800 per l’aperitivo; un Quinté fatto bene e unico in giornata farebbe, credo, 1,2 milioni. Allora si perdono 100 mila euro? No, perché i costi diventano la metà, mentre l’interesse si concentra su una sola corsa, le quote aumentano e fanno da volano per incrementare il volume di gioco. Troppo difficile? No, ma a quanto sembra implica uno sforzo mentale che la pigrizia burocratica non è in grado di compiere. Ma al di là della Tris, esistono i vincenti e i piazzati che sono e devono essere la base per chi gioca - che hanno quote ormai assurde: o sono troppo basse, se arrivano i favoriti, oppure stratosferiche perché arrivano cavalli impossibili. Se si riuscisse a rendere migliori queste quote (per esempio riducendo il prelievo, o migliorando il prodotto, con corse un po’ più equilibrate), la sopravvivenza dello scommettitore, una specie assai deperibile anche se non ancora in via d’estinzione, sarebbe un poco più semplice. Ma i vincenti e piazzati sembrano non interessare a chi amministra le scommesse, proprio perché il prelievo è più basso che sulla Trio (oltre il 40 per cento). Così si genera il meccanismo di accoppare prematuramente chi gioca, invece di lasciarlo “campare” un po’ più a lungo, nel qual caso finirebbe per portare più quattrini alle casse dell’ippica e dello Stato. Beh, guai ad essere lungimiranti. D’altra parte AAMS è un acronimo (ma cos’è? un insulto? tipo: faccia da acronimo) proprio come Encat che non esiste più, ma ha il “gran premio” dedicato, come anche il Jockey Club. E con ciò si torna agli zombie. A proposito, anche Unire è un acronimo, ma il relativo “gran premio” io lo degraderei a una “reclamare”: non perché uno voglia mettere una busta per comprarsi l’Unire (semmai, bustarelle.) ma perché con l’Unire tutti, ma proprio tutti hanno da reclamare. ticket
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