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Lo Sportsman: Troppi desideri ancora nel cassetto (19.2.08)  
Autore: unagt
Pubblicato: 21/2/2008
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Trotto di oggi e di domani
Troppi desideri ancora nel cassetto

SERGIO NUNZIATA
Ciao Trotto, come stai? Benissimo sul piano sportivo, malissimo in sede politica, disarmante in fatto di tecnica, arretrato in materia organizzativa, agonizzante dal punto di vista economico.
Non è una bella diagnosi, certo. Né tali valutazioni sono inedite, anzi non più tardi di una settirnana-dieci giorni fa anche Enrico Bellei e Mauro Baroncini da queste colonne hanno vuotato l’ennesimo “cabier des doléances”, l’uno per concludere sconsolato che tutti sanno però nessuno se ne cura, l’altro ponendo l’indice sulla “querelle” del sorteggio dei numeri d’avvio, avanzo di preistoria che ottusamente sopravvive per il diletto dei mezzemaniche, degli speculatori e di pochi altri. Il brutto, appunto, è la strafottenza con cui rilievi e lamentele vengono accolti in sede Unire (e non solo), ormai fotocopia sempre più fedele del dilagante minimalismo burocratico statale che imperterrito affligge tutti i settori di questo adorabile Paese.
Sarebbe però conveniente all’abusatissimo sforzo di progresso che il silenzio/assenso dei nostri interessati non lasciasse sempre il campo libero ai ”fanigottoni” e agli improvvisatori di mestiere annidati lì dove il potere decide. Parlandone molto si documenta il malcontento. Parliamone il più possibile dunque, ma ad una sola condizione: di proporre contestualmente delle alternative chiare e concrete. Nessuno di noi ha il vanto dell’incontrovertibile, si sa, tuttavia da ciascuno può arrivare l’esca per la svolta miglioratrice.
ESITI AL TOP IN PISTA Si diceva delle bellissime risposte della pista (che il mercato tralascia clamorosamente di volgere a proprio favore). Due settimane fa l’imperativa accoppiata Ghiaccio del Nord-Giuseppe Bi nel Prix Jean le Gonidec e due domeniche fa la devastante volatona di Exploit Caf lungo la dirittura del Prix de France ci hanno mostrato una volta di più quanto il rigoglioso seme di Varenne-atleta abbia fatto del bene alla branca. Tanto più che quei due freschi esiti parigini sono soltanto gli ultimi anelli di una collana incominciata già a novembre 2006, quando Express Road vinse il “Nazioni” davanti a Giant Diablo, la giumenta svedese assurta l’estate scorsa a Lexington ai vertici mondiali del cronometro (1.50.1>, seppure replicata nel giro di un’ora dal più giovane yankee Donato Hanover.
Poi ci sono stati gli smalti di Exploit Caf che vince il Prix du Luxembourg a Parigi e ribadisce nella Lotteria a Napoli; di Frisky Bieffe che s’impone a Torino nel Premio Costa Azzura e si conferma terzo a Nizza da 1.11.1 neI Criterium de Vitesse; di EI Nino che sale in ribalta con il secondo posto nel “Costa Azzurra”, spicca a Modena nei Premio Renzoørlandi in 1.11.6, si conferma secondo nella Lotteria e signoreggia a Ferragosto con un’esemplare doppietta (1,12.3-1,12.3) nel Premio Città di Montecatini. Nel frattempo c’erano già stati nella primavera svedese il secondo di Ghiac cio del Nord nell’Elite dei 4 Anni, il secondo da 1.11.2 dell’alterno Exelon Lb nella Sweden Cup ed il risalto di Going Kronos (1.11.2) nella The Onions Lopp.
Soprattutto, si è concretata la quadruplice epopea estiva di Equinox Bl il quale, partito dall’italia con l’alloro del Premio Unire in 1.11.4, dopo il secondo del Nat Ray di Corleone Kosmos a Meadowlands, ha messo sugli attenti il meglio d’America conquistando di straforo (ma in 1.52) la Breeders Crown degli “aged” e soprattutto issandosi al vertice mondiale per il successo nel canadese Maple Leaf, imprese che— dopo il vergognoso “rapimento” a S.Maria di Sala — gli hanno fruttato l’imminente stagione di monta nell’esigentissimo mercato USA. In sostanza, il nostro allevamento ha toccato nei mesi passati vette inedite, francamente impensabili solo qualche anno fa, grazie anche — va dato atto all’impegno economico dei loro proprietari, alla regia di provetti trainer stranieri e dì bravissimi driver anche italiani.
IL CARROZZONE Frattanto invece il nostro carrozzone politico- tecnico sembra faccia apposta nei rendersi poco presentabile e sopportabile, in particolare dalla metà degli anni Novanta allorché, cassata dal legislatore la famosa 315/42, e soppressi (per un mai realizzato intento di semplificazione) gli enti tecnici, l’i ha di fatto perduto la regia economica e perciò dinamica del settore, il quale quindi si è cristallizzato in un clima di grigia sopravvivenza che, lungi però dall’essere una positiva salvaguardia, è stata ed è fonte di disinforrnazione, di dilagante sottogoverno, di liti in- dotte dal crescente bisogno, e dell’inevitabile allontanamento dai vertici amministrativi continentali, sempre più padroneggiati dai nordici, Francia in primissimo rango, Al di là della chimerica invocazione per una riduzione dell’attività (obiettivo sì necessario e realizzabile, ma in forma soft e quindi scandito negli anni), e dell’altrettanto “difficile” progetto di classificazione degli ippodromi, il prodotto trotto può prestarsi ad un rimaneggiamento significativo se l’Unire e le stesse sue categorie operative trovano (ed usano) fra loro spirito collaborativo e volontà realizzatrice per emendare le obsolescenze grandi e piccole, in un’ottica di rinnovamento finalizzato anche solo ad un congruo adeguamento alle aspettative della clientela di oggi. li mondo è cambiato e continua a cambiare sotto i nostri occhi: chi ha la responsabilità di gestire bene un prodotto non può permettersi di vivacchiare nell’attesa delle ferie, dei ponti e di incassare il lucro di fine mese.
I PROGRAMMI Per esempio, da anni la televisione delle corse ha letteralmente svuotato i parterre mettendo l’attività a disposizione non solo nelle agenzie di città ma addirittura a casa propria, sulla scrivania di ognuno. Dunque s’impone l’obbligo di riportare il pubblico, ma in quantità significativa, negli ippodromi, per ridare ‘dignità al movimento, diversamente identificato come una macchina di scommesse per poveri cristi e pensionati (o peggio...).
Insomma, l’attività delle corse va riprogrammata per risultare gradita efruibile da parte della gente perbene: dunque, ambienti gradevoli e in primissimo luogo giorni e orari accettabili, Che senso ha oggi insistere astrattamente con le “notturne” nelle maggiori città, dove la maggioranza della gente attiva si sveglia presto la mattina per andare a lavorare? Le “serali” vanno benissimo a Cesena, Montecatini, Montegiorgio, Albenga, Garigliano, Taranto, Trieste, forse anche Padova-Treviso, persino a Palermo, ma senz’altro no a Milano, Roma, Torino, Bologna, Napoli e Firenze dove il caldo estivo si può schivare cominciando alle 18-19 per chiudere non oltre le 22,30.
GLI ORARI Secondo punto. Basta la collaudatissima esperienza di Vincennes per indurci finalmente a correggere per norma l’ordine di svolgimento delle corse principali dei convegni al più tardi come quarta o quinta corsa, rinunciando perciò alla vetusta e gretta collocazione al settimo posto del programma, per “trattenere” la gente all’ippodromo il più possibile ed eventualmente per recuperare “quelli dello stadio” nel dopopartita? Insistendo con tale “gherminella” specialmente d’inverno, ma anche nelle sere estive, utenti e platea si disgustano (e si stufano) oggi, finendo col “mollare l’osso”: infatti le scuderie più importanti (dunque gli allenatori, i proprietari e i driver) hanno altro da fare oltre che adeguarsi alle imposizioni del “banco”.
Sempre in tema, l’intervallo cli almeno 25 minuti (se non di 30 e più in casi non rari) fra una corsa e l’altra è un ulteriore avanzo di vecchiaia, che aveva un senso quando l’elaborazione del gioco era fatta “a mano”, con foglietti e carta carbone, ma l’elettronica ha reso istantanei i calcoli e molto più rapido il lavoro agli sportelli (sempre che vi si metta a gestirli gente capace...). Perciò, si dovrebbe scendere tranquillamente a 20 minuti fra una corsa e l’altra, trovando così spazio per una/due corse in più a giornata e ad una migliore collocazione delle date, senza nulla togliere all’economia della produzione nè stremare lo spettatore.
LA SELEZIONE Passando alla fa mosa “selezione” del materiale migliore, la riforma del calendario dei cosiddetti grandi premi dovrebbe anzitutto rendere fa lista meno pletorica, potandola del troppo che sta lì solo per l’incapacità di dire di. no agli ippodromi più suscettibili e pre tenziosi. Tenuto inoltre conto della cresciuta velocità dei nostri cavalli, il maggior ricorso alle piste grandi non é più un’opzione ma diventa una conseguenza logica, in particolare per la prove sulla distanza. Andrebbero anche coraggiosamente rettificati certi “momenti” significativi: per dirne una, che ne direbbe Milano di offrire il Gran Premio Orsi Mangelli, così com’è ora, internazionale e veloce, ai primi di luglio, e rinviare il Gran Premio Nazionale al 1’ novembre, come epilogo tecnicamente più logico dell’attività dei protagonisti del Derby? In tal modo — fra l’altro -, vista la splendida evoluzione della razza non solo in Italia, il Premio Orsi Mangelii diventerebbe in piena estate un Hambletonian dei 3 anni europei...
4 E 5 ANNI Ma altri due “ritocchi” appaiono ormai irnprocrastinabili: l’arricchimento di contenuti dei ciclo riservato ai 4 anni italiani e una migliore valorizzazione dei 5 anni ed oltre nostrani i quali, volenti o nolenti, restano ancora i protagonisti più proponibili alla fantasia popolare.
La serie di corse a disposizione dei 4 anni, oggi ripetitiva e stucchevole, va “disboscata”, abolendo le troppe “fihly”che con poco denaro sul palo non hanno senso sportivo, Meglio riservare alle femmine la metà delle tante prove a disposizione della generazione e lasciamo solo l’altra metà ai maschi. Questo lasciando come sono i Premi d’Europa, Triossi e Continentale.
Quanto ai nazìonali di 5 ed oltre, una volta c’era per loro un attraentissimo Campionato d’italia, molto appetito dalle scuderie, anche per i premi d’onore assegnati dail’I ai primi della classifica finale, ivi compreso il nastrino tricoiore che il vincitore portava poi nella criniera per tutto il resto dell’anno. Le altre nazioni ce l’hanno copiato e l’annoverano tuttora nei propri calendari, noi potremmo ripristinano come breve ma significativo (e ben dotato) ciclo estivo-autunnale, dedicando allo scopo 5 corse, 4 preliminari di qualificazione più la finale, riservata ai 10-12 migliori dell’apposita classifica a punti.
LA ROUTINE Sulla riforma della cosiddetta “programmazione di routine”, perché scacci da sé la ripetitività, la banalità e lo scarsissimo contenuto sportivo che l’aifliggono da tempo ormai immemorabile, le leve sulle quali agire sono tante e tantissimo ci si dovrebbe soffermare per evitare l'improvvisazione o i personalismi. Ma è un lavoro indispensabile, da affrontare con serietà, esperienza ed impegno, se vogliamo uscire dagli stenti di una vecchia pianta che il tempo ha purtroppo inaridito. Anche perché, agendo oculatamente sul suo modo di essere, si potrebbe arrivare a quella attività differenziata che indurrebbe la reale diversità di offerta da un ippodromo all’altro e quindi — per le scuderie - una maggiore possibilità di scelta e di collocazione del materiale a loro disposizione. Partiremmo da tre cambiamenti basilari: l’abolizione del sorteggio dei numeri invocata anche da Mauro Baroncini, l’abolizione delle ormai logore “categorie” nate a Stresa nel 1984 per iniziativa di Luigino Canzi e l’istituzione del numero massimo di partenti: 12 in pista grande e 10 in pista piccola. Quanto ai numeri di partenza, dovrebbero essere assegnati in base ad un unico e costante parametro, quello delle somme vinte in carriera (evidentemente sostituito dal “sorteggio” solo per le corse riservòte ai debuttanti). E non è detto si badi, che ai più “ricchi” di ogni livello debbano sempre toccare le posizioni d’avvio più ostiche: basterebbe che la scuderia, programmandone l’attività, scegliesse le prove più adatte nella fitta gamma di proposte che di conseguenza gli ippodromi metterebbero a disposizione.
Le “categorie” che, guardandole dallo specchietto retrovisore della pluriennale esperienza acquisita, hanno appiattito lo spettacolo e ucciso ìl merito di questi cavalli, pertanto andrebbero sostituite dalla nuova programmazione di routine basata su:
- condizionate
- maiden
- a reclamare
- serial
- inviti
- corse di preparazione
Le corse condizionate possono essere a loro volta ripartite in corse per et per maschi o femmine, e per fasce di somme vinte in carriera o negli ultimi 12 mesi precedenti. A proposito di queste “fasce”, devono prevedere sempre un massimo e un minimo di quattrini (da . a..., per capirci) ed essere allestite in maniera da impegnare al meglio i cavalli disponibili in ciascun ippodromo. Lo stesso criterio deve valere per le corse “a teclamare”, da coinvolgere -. come succede in America — non soltanto i cavalli meno abbienti, mo quelli di tutte le classi, salvo le massime naturalmente.
I “serial” possono essere proposti a tutte le categorie di concorrenti, anche le minime, come ulteriore varietà nel la programmazione, attuabili con almeno 5 prove preliminari di qualificazione (passano il turno i primi 2, esclusi perciò dalle prove successive) ed una “finale” con posta in palìo tripla e premio d’onore per il vincitore, magari “gestito” con la collaborazione di uno sponsor.
LE PREPARAZIONI Le cosiddette “corse di preparazione”, infine, vanno attuate 8-10 giorni prima su ogni ippodromo destinatario di corse incluse nel Calendario, stessa distanza e stessa formula open, ma con dotazione nettamente inferiore, ovviamente. In caso di affollamento di adesioni, potrebbero essere sdoppiate in “divisioni”, per non creare conflitti con la regola (ferrea) del numero massimo di partenti, che non sarebbe da considerare come norma tiranna avversa agli interessi delle scuderie, ma necessaria a garantire d’oià ri poi i rischi delle famigerate “mmucchiate” e gli sprechi di materiale.
Ultimissima proposta, prima di chiudere. Non si è parlato, finora, dell’attività dci 2 anni, eppure di notevole significato nell’economia delle scuderie e degli allevatori, in particolare di quelli che producono avalli utili ma non eccelsi. In un ottica di salvaguardia indiretta e nella consapevolezza che tal,t materiale giovane meno corre meglio è per la sua riuscita successiva (dice nulla che Varenne e Victory Tilly a 2 anni rimasero alla finestra?), si constata che i Ciiterium in programmazione in lt,rlia sono troppi e che gli esiti di molti di essi poi non lasciano alcrina traccia tecnica nello sviluppo successivo della selezione della razza. Dunque, perché — salvi Gran Criterium e Premio Allevatori — non li destiniamo d’ora in poi in via esclusiva ai puledri allevati nella regione? Funzionerebbero come i “sires stakes" americani, che funzionano e riscuotono successo crescente dall’ormai già antica loro istituzione.

 
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