(red.) BRUXELLES - “Il decreto 'Bersani' e i cambiamenti da questo introdotti non sanano la situazione relativa alla fornitura transfrontaliera di servizi di scommesse sportive. Le procedure d'infrazione avviate dalla Commissione a questo proposito restano aperte, anche se continua il positivo dibattito tra la Commissione e le autorità italiane”. E’ la dura risposta del Commissario europeo al Mercato Interno Charlie McCreevy, all’interrogazione presentata da due europarlamentari italiani, Mario Mauro (PPE-DE) e Gianni Pittella (PSE), che avevano chiesto spiegazioni in merito all’attività dei centri privi di autorizzazione collegati al bookmaker inglese Stanley e alla conformità del sistema italiano rispetto alle prescrizioni del trattato Ue. “Pur avendo – prosegue McCreevy - la Commissione avviato l'indagine sulle restrizioni italiane nel settore delle scommesse sportive a seguito di reclami presentati da un certo numero di operatori, le procedure d'infrazione in quanto tali non costituiscono ricorsi da parte di operatori ma sono intese ad assicurare la compatibilità del diritto italiano con il diritto comunitario. Per quanto riguarda la sentenza della Corte di giustizia nella causa Placanica (C-338/04), la Commissione non comprende l'affermazione degli onorevoli parlamentari sulla conferma da parte della Corte della legittimità del sistema italiano, prima o dopo detto decreto 'Bersani'. In effetti la Corte ha confermato la validità di un sistema che richiede l'ottenimento di una concessione, ma ha aggiunto che le restrizioni imposte agli imputati costituiscono ostacoli tanto alla libertà di stabilimento quanto alla libera prestazione di servizi (cfr. paragrafi 43 e 44). Essa ha quindi valutato i motivi imperativi di interesse generale, in particolare la giustificazione avanzata dall'Italia, ossia l'intento di "prevenire l’esercizio delle attività di gioco d’azzardo per fini criminali o fraudolenti" (paragrafo 55).
La Corte ha poi esaminato le procedure d'appalto, il requisito di un’autorizzazione di polizia e le sanzioni penali applicate. Al paragrafo 73 della sentenza, la Corte indica chiaramente che le restrizioni nazionali costituiscono un ostacolo alle libertà di cui agli articoli 43 e 49 CE e che spetta ai giudici nazionali determinare se, così facendo, la normativa nazionale "risponda realmente all’obiettivo mirante a prevenire l’esercizio delle attività in tale settore per fini criminali o fraudolenti". La Corte ha quindi precisato ai punti 73.3 e 73.4 che gli articoli 43 e 49 del trattato CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale, quale quella italiana, che esclude e continua ad escludere alcuni tipi di società dalle gare per l’attribuzione delle concessioni e che impone sanzioni penali sulla base di tale esclusione”. McCreevy invita infine i due parlamentari a prendere conoscenza della sentenza con la quale la Corte di Giustizia, il 13 settembre 2007, “ha affermato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 43 e 49 del trattato CE ed in particolare ha violato il principio generale di trasparenza nonché l’obbligo di assicurare un livello sufficiente di pubblicità”.