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Le Voci del Trotto: G.P.Orsi Mangelli. Capita la lezione?  
Autore: unagt
Pubblicato: 5/11/2007
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G.P.Orsi Mangelli. Capita la lezione?

            Abbiamo letto sulla stampa tecnica e sui comunicati delle varie Associazioni gli elogi per l’edizione di quest’anno del G.P.Orsi Mangelli. Finalmente una corsa – spettacolo, la qualità paga anche in termini di pubblico. Siamo perfettamente d’accordo. Ed è per questo che occorre riflettere. Se parliamo di qualità, e se è vero che quando si propone lo spettacolo il pubblico accorre, dobbiamo produrre qualità e non quantità. Il discorso aperto tra le due fazioni degli allevatori potrebbe chiudersi in poche battute. Ostinarsi in una politica che ha privilegiato la quantità, significa non voler bene all’ippica e guardare ai piccoli interessi di quella (purtroppo) pletora di pseudo allevatori che, di fronte alle sovvenzioni a pioggia, non hanno esitato ad affollare il parco puledri in maniera incredibile, mandando in razza cavalle immeritevoli dalla modesta carriera e addirittura cavalle senza carriera. E facendo, oltretutto, salire i costi degli stalloni a livelli tali che il prezzo dei puledri è sicuramente inadeguato alle probabilità di avere un buon cavallo. Inoltre si è concessa la definizione di “allevatore” a chiunque avesse una cavalla in razza, senza assicurarsi che avesse le strutture e l’organizzazione per “allevare” seriamente. A danno dei veri allevatori, ai quali, si, i puledri costano davvero parecchio. E che sono quelli che meritano veramente un premio quando producono un campione, perché è frutto di studio delle genealogie, di serietà di allevamento, di strutture adeguate alla crescita, e non del caso. Non si può essere costretti a programmare migliaia di corse all’anno per dare sfogo a migliaia di cavalli nati sotto il segno delle sovvenzioni, e pretendere che negli ippodromi prevalga la qualità e lo spettacolo. Senza contare che la politica dei “premi” ad ogni respiro dei puledri, porta allo sfruttamento del parco cavalli: quelli davvero buoni, che promettono di diventare campioni, si bruciano in poco tempo perché la programmazione mette loro a disposizione un numero incredibile di sostanziosi premi a due anni e tre anni, a cui è difficile rinunziare. E quando è l’epoca delle classiche “vere” rimediamo solo sconfitte: quest’anno, tanto per non andare lontani nel tempo, il Derby l’ha vinto un cavallo dalla dubbia italianità, ed il Mangelli, rivincita tradizionale, ha visto tre stranieri ai primi tre posti: risultati che significheranno pure qualcosa…

Se gli allevatori (parliamo di quelli veri, un 30% circa del totale) hanno capito la lezione, si diano da fare per rivedere le regole piuttosto che dilaniarsi in diatribe interne, in difesa di chi allevatore lo è solo di nome.

            Altra considerazione è legata al gioco. Si cerca giustamente di aumentare il volume del gioco, perchè  a questo è legato il mantenimento ed progresso dell’ippica. Ma gli “studi” procedono in modo del tutto sbagliato. Non è aumentando i tipi delle giocate o inventando due campi “principali” che si possono raccogliere più soldi. Piuttosto bisogna aumentare il numero degli scommettitori. Acquisendone dei nuovi, inducendo a scommettere sui cavalli quelli che non fanno distinzione tra i giochi purchè promettano grosse vincite. Lo scommettitore ippico più di quanto non gioca normalmente non può fare: se gli si mette a disposizione una scommessa nuova, i soldi che impegnerà saranno tolti da un’altra scommessa ippica. Tris e Quinté, se programmati con cura e competenza, se ridotte di numero ad un massimo di due Tris ed un Quinté alla settimana, se propagandate con competenza e capillarità al di fuori dell’ambiente ippico, possono davvero risollevare le risorse finanziarie. Se a questo si aggiungerà l’oculatezza delle spese, se le risorse saranno riservate all’ippica e non ai raccomandati politici che infestano come topi voraci le nostre istituzioni, la risalita potrebbe essere facile. Se si insisterà nell’attuale corsa verso il baratro, potremo dire addio ai sogni di gloria.

Il Mangelli ha dato un'altra lezione: in Italia l’intero movimento delle scommesse su Milano nella giornata del Gran Premio è stato di €.1.284.718. In Francia, su sole quattro corse milanesi, hanno giocato €. 1.514.262. Qualcosa da noi è sbagliato. Vero U.N.I.R.E.?

 
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