LA LEGGE DEL MENGA VALE SOLO PER GUIDATORI E PROPRIETARI C’era una volta uno sport mobilissimo: l’ippica, che rappresentava l’unione secolare tra l’uomo ed il cavallo, il loro rapporto con la natura, la competizione leale e cavalleresca. Quando le macchine rischiarono di far scomparire il cavallo, le corse salvarono una razza che era stata vicina all’uomo nei secoli e ne aveva accompagnato il progresso collaborando fattivamente. Per sostenere l’attività ippica, fu introdotto il gioco, la scommessa. Quindi la scommessa è in funzione dell’ippica, non viceversa. Proprietari e guidatori, la maggior parte dei quali rimettendoci, consentono agli intermediari, UNIRE in testa, agenzie ecc., di esistere e vivere. Stranamente, il sudore, la fatica per migliorare la razza equina e renderla competitiva nei confronti delle altre nazioni, stanno tutti da una parte: gli incassi tutti dall’altra parte. La cosa strana è che gli intermediari sono più ricchi di chi produce la ricchezza, anzi sono i soli ricchi, mentre, tranne rare eccezioni, proprietari e guidatori chiudono i conti in rosso. Non solo: quando sopravvengono le crisi, i tagli vengono effettuati a carico delle categorie produttive, anche quando le crisi sono figlie delle inadempienze contrattuali degli intermediari. Il montepremi è calato paurosamente negli ultimi anni, ma le sovvenzioni agli ippodromi, gli sconti per i debiti delle agenzie che non pagano i minimi garantiti crescono di pari passo. Tanto da ridurre l’ippica com’è ridotta…Rimpiangiamo i tempi in cui, pur subendo notevoli furti da parte degli intermediari, l’ippica poteva reggersi perchè i soldi che produceva erano tanti (come ora), ma non servivano a foraggiare politici e raccomandati degli stessi che succhiano il nostro sangue. E purtroppo oggi gli stessi furti avvengono dove il pozzo è giunto al fondo: insomma si ruba ai poveri… Non è tutto. Strane regole dicono che la famosa legge del Menga, che edulcorata recita: “Chi ha la fregatura se la tenga”, vale solo per le categorie. Se si arriva in un ippodromo con mezz’ora di ritardo per un guasto al van, non si corre. Ma se un guasto del totalizzatore nazionale (assurdo, un servizio di tale portata, una SOGEI di tale imponenza senza un sistema parallelo!) impedisce di aprire il gioco, chi paga? La SOGEI? Neanche per idea…Pagano i proprietari ed i guidatori, che arrivano all’ippodromo, sono costretti ad attendere fino alle 21,35 e sono rimandati a casa scornati e con la coda tra le gambe. Mentre le agenzie ippiche sanno in anticipo che il guasto non è riparabile ed hanno chiuso già da tempo…E chi rimborsa quelli che da Roma, ad esempio, si sono spostati a Napoli, o quelli che da Napoli sono andati con i cavalli a Taranto? Nessuno, pezze da piedi…Un precedente illustre lo ricordiamo quando scioperarono le Agenzie ippiche: l’UNIRE dell’allora potentissimo Panzironi non fece disputare le corse… Se invece scioperano proprietari e guidatori, vengono minacciati di deferimento, di interruzione di pubblico servizio, e se non vengono condannati alla fucilazione è perché in Italia non c’è la pena di morte. La legge del Menga solo nell’ippica ha la sua eccezione: la fregatura viene passata ad altri soggetti! Peccato solo che guidatori, allenatori e proprietari sono allo stremo, e non hanno più la forza di ribellarsi: basterebbe che si “fermassero” per un po’ di tempo, tagliando così i viveri a chi li sfrutta, per riaffermare quanto recita lo Statuto dell’Ente che li governa. Le corse servono al miglioramento della razza equina, non all’arricchimento degli intermediari ed a procurare posti di comodo ai portaborse dei politici: che allignano oltre che negli uffici, dove vegetano senza far nulla, ma sono arrivati addirittura ad inquinare le Giurie dove non sono solo pesi morti, ma producono danno. Occorre una sterzata forte, una prova di forza che faccia capire che siamo stufi di dover sopportare ancora la presenza di persone che dopo averci distrutto, ancora oggi sono nell’ombra a boicottare quel poco di buono che qualcuno riesce a fare a fatica. E che sono scientemente dalla parte di chi ci sfrutta. |