PROGRAMMAZIONE E RILANCIO DELL’IPPICA (?) L’interrogativo che accompagna il titolo è doveroso: questi studi affidati a prestigiose società specializzate (Nomisma è certamente tale) di solito trattano la materia in maniera astratta, rifacendosi a principi di economia che mal si adattano alla realtà che si vive sul campo. Riteniamo, ed è una opinione personale, che quando si ricorre a tali mezzi per rilanciare un settore che ha in se la forza di vivere di luce propria, com’è sempre stato per l’ippica “degli ippici”, significa impotenza ed incompetenza di chi si trova tra le mani una cosa che non conosce. Una confessione di incapacità che l’ippica ha purtroppo subito in questi anni di dirigenza “politica” che hanno portato allo sfascio totale. Ora che l’ippica sembra (il condizionale è purtroppo doveroso) tornata in mano agli ippici, tener conto di studi astratti potrebbe essere un errore. Fiat per i soldi spesi (e sono certo tanti) per lo studio, sarebbe opportuno rimboccarsi le mani ed andare sul pratico. Melzi d’Eril ha ribadito un suo concetto: dobbiamo avere meno corse e meno prodotto ippico. Possiamo essere d’accordo se però si inverte l’ordine dei fattori. Corretto è dire: meno prodotto ippico = meno corse. Debbono cioè diminuire le nascite (problema da trattare con gli allevatori) per poter ridimensionare le corse. Se poi dovesse esserci la necessità immediata di ridurre il numero delle corse con l’attuale parco cavalli, si deve essere molto attenti per decidere dove tagliare. Poiché si tratta di una questione di soldi, i tagli debbono essere fatti dove le corse sono passive, dove cioè non si riesce a coprire il montepremi, incentivando, se possibile, quelle piazze dove si raggiunge una media – gioco per corsa più alta. Purtroppo non si potrà avere riguardo per piazze storiche o quant’altro, perché nell’ottica di un rilancio debbono prevalere le ragioni dell’economia su quelle del…cuore. Istaurare, per l’emergenza, la legge della resa per poter risalire la china. Ristabilito l’equilibrio, tagliando quindi gli sprechi, si potrà poi con un bilancio non più passivo, ridisegnare l’ippica del futuro che dovrà essere basata: a) sull’imprenditorialità degli ippodromi. b) Sull’organizzazione tecnica e sull’autonomia dell’Ente tecnico non più schiavo degli intermediari (vedi Agenzie). c) Sulla programmazione a lungo termine. d) Sul segnale televisivo dell’UNIRE che deve trattare “solo” di corse e cavalli, e non dare spazio alla concorrenza. e) Sulla professionalità “reale” dei guidatori ed allenatori. f) Sulla sistemazione dei lavoratori dell’ippica. Melzi d’Eril è stato supportato dalle categorie perché da lui si aspettano scelte coraggiose per l’ippica e non più compromessi e contentini. Stavolta la forza del commissario viene dalla base: che è pronta a fare qualunque cosa, anche fermare le corse se non gli sarà consentito di agire al disopra delle pressioni politiche e degli interessi particolari. |