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Agipro: Avvocato Generale a Corte Ue: "concessioni ippiche senza gara, violati i principi comunitati"  
Autore: unagt
Pubblicato: 29/3/2007
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AGIPRO NEWS: Pubblicato il 29 marzo 2007 ore 10:15

AVVOCATO GENERALE A CORTE UE: “CONCESSIONI IPPICHE SENZA GARA, VIOLATI PRINCIPI COMUNITARI”
 
(n.t.) La Corte di Giustizia deve dichiarare che “L’Italia, rinnovando senza gara 329 agenzie ippiche “storiche”, ha violato il principio generale di trasparenza e l’obbligo di pubblicità che deriva dalle disposizioni del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento, di cui agli artt. 43 e seguenti, e di libera prestazione dei servizi, di cui agli artt. 49 e seguenti”. E’ questa la richiesta presentata dall’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia, Sharpston, nella causa che vede l’Italia a giudizio per il rinnovo, per sei anni dal primo gennaio 2000, delle concessioni ippiche “storiche”: ai giudici, l’Avvocato Generale ha anche chiesto di “condannare la Repubblica italiana alle spese processuali, ad eccezione delle spese sostenute dagli Stati membri intervenienti, che devono accollarsene l’onere”. Ci tengo a chiarire – ha detto Sharpston – “che non intendo esprimere un’opinione in merito ad altre circostanze in cui il rinnovo di concessioni per l’esercizio delle scommesse ippiche senza gara d’appalto possa essere giustificato da motivi di pubblico interesse. Né considero necessario precisare il tipo o il grado di pubblicità richiesto quando viene svolta una gara d’appalto. Basti in proposito ricordare che, nel caso presente, 671 concessioni sono state attribuite in esito ad una gara che, secondo la Commissione, era conforme al diritto comunitario mentre, contemporaneamente, 329 concessioni venivano rinnovate senza il benché minimo grado di trasparenza o pubblicità che avrebbe consentito agli interessati di accedere alla procedura di attribuzione”.
- La vicenda prende spunto da un ricorso di alcuni operatori comunitari alla Commissione europea nel 1999, a seguito del rinnovo senza gara – dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2005 - di 329 agenzie ippiche (298 Snai e 31 Spati, ora Match Point) cosiddette “storiche”. Il 17 giugno 2004, la Commissione delle Comunità europee, ha presentato alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso contro la Repubblica italiana, chiedendo ai giudici di “dichiarare che, avendo il Ministero delle Finanze rinnovato senza una preventiva messa in concorrenza, 329 concessioni per l'esercizio delle scommesse ippiche, la Repubblica italiana ha violato il principio generale di trasparenza e l'obbligo di pubblicità che deriva dalle disposizioni del trattato CE in materia di libertà di stabilimento (articolo 43 del Trattato) e di libera prestazione dei servizi (articolo 49)” e di condannare l’Italia alle spese di giudizio. Il “Governo” europeo aveva sostenuto nelle proprie memorie che “Benché le concessioni del servizio di raccolta e accettazione delle scommesse ippiche non rientrino nella sfera di applicazione della direttiva 92/50/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, le amministrazioni nazionali che procedono all'assegnazione di tali concessioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato e, in particolare, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità insito nelle disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi (rispettivamente artt. 43 e ss. e artt. 49 e ss.). Agli stessi principi è poi sottoposta tanto “l'assegnazione delle concessioni” quanto la loro “proroga o il loro rinnovo”: per il diritto comunitario, sosteneva la Commissione, “la proroga o il rinnovo di una concessione equivale all'affidamento di una nuova concessione che, pertanto, deve avvenire nel rispetto di tale diritto. Citando poi una sentenza della stessa Corte di Giustizia (Unitron Scandinavia e 3-S3), che ha sottolineato come il principio di non discriminazione in base alla nazionalità "implica, fra l'altro, un obbligo di trasparenza al fine di consentire all'amministrazione aggiudicatrice di accertare che il detto principio sia rispettato", la Commissione contestava la mancanza di “un adeguato livello di pubblicità che consenta l'apertura degli appalti pubblici di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull'imparzialità della procedura”. Ad avviso della Commissione, tale principio di trasparenza sopra riferito non è stato rispettato da parte delle autorità italiane in occasione del rinnovo, in favore dei soggetti già titolari, delle citate 329 concessioni per la raccolta e accettazione delle scommesse ippiche fino al 1º gennaio 2006 al di fuori di una procedura di messa in concorrenza.
 
La causa si è poi svolta in maniera tutto sommato anomala, senza cioè lo svolgimento di una udienza orale nella quale l’Italia potesse spiegare verbalmente la propria posizione: un articolo (il 44 bis) del regolamento di procedura prevede infatti la possibilità per la Corte, dopo la presentazione delle memorie scritte delle parti, di decidere di non tenere un'udienza qualora non lo ritenga necessario e qualora nessuna delle parti presenti una domanda che indichi i motivi per i quali desidera essere sentita. Così è stato in questo caso: ora non resta che attendere la sentenza, che – secondo legali esperti di diritto comunitario – non porterà alla revoca delle concessioni ma, al massimo e in caso di recidiva, al pagamento di una (salata) sanzione. Sulla data della sentenza, infine, non è facile fare delle previsioni. A titolo indicativo, le statistiche giudiziarie dell'anno 2006 sui ricorsi diretti evidenziano un lasso di tempo medio di 4,6 mesi dal giorno della lettura delle conclusioni dell’Avvocato generale al giorno della pronuncia della sentenza, che dovrebbe quindi essere pronunciata subito dopo l’estate.
 
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