PROCESSO STANLEY: TRIBUNALE DI ROMA ASSOLVE 53 INDAGATI PER SCOMMESSE CLANDESTINE (1) (red.) “Il fatto non costituisce reato”: con questa formula, il Tribunale di Roma ha assolto 53 indagati per scommesse clandestine, coinvolti nel cosiddetto Processo Stanley, un maxi procedimento penale che prese il via nel marzo 2001 con 244 indagati – accusati di violazione della legge contro le scommesse clandestine, truffa aggravata ai danni dello Stato e associazione a delinquere - e il sequestro di oltre 140 agenzie collegate al bookmaker inglese Stanley. Nel corso degli anni, il numero dei rinviati a giudizio era sceso progressivamente, dopo le assoluzioni dalle accuse di truffa e associazione a delinquere. La decisione di oggi del Tribunale di Roma – che la Procura di Roma potrà impugnare nei prossimi mesi - è stata assunta in forza dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che consente al giudice di decidere in via preliminare su istanza di parte. In questo caso, la richiesta di disapplicazione della normativa italiana (l’articolo 4 della legge 40 1 del 1989) era provenuta dalla difesa degli indagati, rappresentata dal legale messinese Daniela Agnello. Tra le parti civili costituite, figurano anche la Presidenza del Consiglio, il ministero degli Interni, i Monopoli di Stato, Snai, Sisal e Lottomatica. (red.) Nessuna condanna, dopo una “maxi retata” effettuata l’otto marzo 2001 dalle forze dell’ordine in tutta Italia, un arresto e sei anni di aspra battaglia legale, culminata con due sentenze della Corte di Giustizia (Gambelli e Placanica) e una decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Le 53 persone assolte dal Tribunale di Roma sono infatti le “sopravvissute” di un maxi procedimento con 244 indagati, accusati anche di associazione a delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato, oltre che di esercizio di scommesse clandestine: per i primi due capi d’accusa, era già intervenuta un’assoluzione da parte del Gup (Giudice dell’Udienza Preliminare), che aveva però deciso il rinvio a giudizio di una parte degli indagati per scommesse clandestine. Secondo la Procura di Roma, la gestione delle puntate “proibite” raccolte dai ctd inglesi, che avvenivano sul territorio italiano, sarebbe stata demandata a Tc Informatica, la società italiana ritenuta – all’epoca dei fatti - lo “snodo” operativo dell’attività dei centri trasmissione dati. Il giudice monocratico di Roma ha ora deciso che il fatto non costituisce reato. La Procura deciderà nelle prossime settimane se impugnare il provvedimento. agipronews |