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La Gazzetta dello Sport: Anemia equina, colpa dell’uomo (6.9.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 6/9/2006
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Anemia equina, colpa dell’uomo
Accertati 10 casi, almeno 4 cavalli morti: all’origine sacche di plasma infetto. L’esperto dell'Unire: «Prevenzione e controlli, nessun blocco delle corse»

MICHELE FERRANTE
MILANO
Il primo allarme in febbraio, a tutt’oggi almeno una decina di casi accertati di anemia infettiva equina, quattro dei quali mortali. Ma il fenomeno ha probabilmente dimensioni superiori nel mondo delle corse e i numeri si moltiplicano se si allarga l’obiettivo su tutta la popolazione equina. Alla base della diffusione del virus una matrice umana ben più «efficace» della propagazione meccanica e un’inchiesta della magistratura di Siena lo conferma.
SACCHE INFETTE Ne parla il professor Danilo Codazza, 62 anni, coordinatore della commissione scientifica dell’unire e membro della commissione del Ministero della Salute che si occupa del caso: «Il virus si trasmette attraverso il sangue. In natura ne sono responsablli le punture di zecche e tafani, ma da questo punto di vista il fenomeno è trascurablle rispetto al contagio provocato dall’uomo, per esempio con aghi di siringa riutilizzati. Nel caso specifico c’è soprattutto una partita di sacche di plasma infetto che non sarebbe dovuta esistere».
Si tratta di sacche prodotte in Italia, molto più economiche di quelle inglesi autorizzate dal ministero della salute: 50 euro l’una contro 185, facile immaginare le precauzioni (minime) con cui sono state confezionate.
MULTIUSO L’uso di quel plasma?: «Serve per produrre una sorta di immunità, ma anche per pratiche meno accettabili in senso sportivo come il potenziamento plasmatico e la produzione di cellule staminali usate per rigenerare i tessuti. Sono convinto che l’immediata cessazione di queste pratiche con quelle sacche concorrerebbe alla circoscrizione del fenomeno».
DIFFUSIONE Dieci contagi, quattro morti: «Stiamo parlando di casi accertati. Al Nord, con esclusione di Lombardia e Piemonte. E anche al centro (Toscana e Umbria n.d.r.), mentre dal Sud tutto tace. Purtroppo si tratta di una patologia non sempre evidente, spesso gli animali sono dei portatori sani e non mostrano sintomi».
Al momento risultano bloccati un paio di allevamenti, una stazione di monta, il centro di Mauro Baroncini a Divignano (infetto un cavallo su 94, fermo da tempo per infortunio) e una clinica veterinaria di Roma. E all’ippodromo di Albenga è in vigore un cordone protettivo, i cavalli in entrata devono essere accompagnati dal test di Cogin che certifica l’assenza del virus.
NIENTE DRAMMI Allarme, non dramma: «Abbiamo già testato circa 2000 cavalli, lungo la rotta delle infezioni accertate. E poi tutti i puledri in procinto di essere venduti alle aste. Entro fine anno copriremo l’intero parco cavalli. Niente chiusure di ippodromi o limitazione di attività. Solo prevenzione e controlli».

 
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