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Lo Sportsman: Pianeta Usa evoluzione costante (8.8.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 8/8/2006
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Pianeta Usa evoluzione costante
Problemi di pubblico ma anche e soprattutto una spasmodica ricerca di novità e di grande trasparenza

ENNI0 PASCULLI
Niente da fare, gli States rimangono un pianeta a parte per moltissimi aspetti e anche per quanto riguarda il trotto. E non basta una settimana, sia pure importante come quella dell’Hambletonian meeting, a recepire o a ricominciare ad intuire una situazione che, pur tra difficoltà di vario tipo, è sempre dinamica e in evoluzione e si muove su cifre non comparabili ad altre realtà.
Sabato al Meadowlands, per il convegno con la finale dell’Hambletonian, erano presenti poco meno di 30.000 persone. Un successone, si potrebbe pensare. Invece, pur rimanendo un risultato rilevante e alla fine soddisfacente, è una cifra che intanto segna un calo di quasi 2.000 unità rispetto al 2005, ma soprattutto resta molto lontano dalle presenze degli anni ‘80, quando 35.000-37.000 spettatori per l’Hambletonian erano la regola. E questo senza stare a scomodare i 42.133 del giorno dell’inaugurazione dell’impianto nel 1976 oppure il record di 42.612 raggiunto nel giugno del 1982. È chiaro che anche qui, come ovunque, il calo di pubblico sull’ippodromo è inevitabile per motivi notissimi, ma l’argomento è utile per rendersi conto che in America le cose si muovono su un piano numerico del tutto differente.
Ad esempio, scorrendo l’elenco dei driver capilista sulle varie piste nel 2005 si trovano nomi che crediamo sconosciuti a quasi tutti in Europa, eppure vantano degli score impressionanti. Ed Hensley è stato il capofila a Cal-Expo Raceway, dove ha ottenuto 320 successi: però con tale punteggio non entra nei primi 25 guidatori americani e, soprattutto, chi l’ha mai sentito dire? Identico discorso per Don Cincebox, leader a Raceway Parker con 157 successi; oppure Brad Hanners, che lo scorso anno è al numero 12 della classifica con 478 affernazioni, e altri ancora che vantano successi a raffica.
In un micro o se si preferisce macrocosmo di questo tipo, diventa da un lato facile comprendere la spinta fortissima a emergere a colpi di record o di successi, perché solo imponendosi di prepotenza all’attenzione si diventa qualcuno; e dall’altra parte si capisce quanto sia frastagliato e a rischio un sistema del genere, impossibile da abbracciare con un filo unico e coerente.
Gli americani, come loro costume, non si danno per vinti davanti alla complessità di un problema e cercano soluzioni, riprovano, puntano a migliorarsi. Sul piano delle regole sono severi; e qui bisogna intendersi. Perché sono abbastanza larghi in qualche accezione (vedi ad esempio l’uso consentito e ormai dilagante del Lasix, che poi a volte serve a coprire altro) e sono garantisti sulla buona fede e sull’innocenza di chiunque, finché non sia provata la colpevolezza. Ma se “beccano” in modo inequivocabile qualcuno, allora lo bastonano. È di qualche giorno fa la sospensione in Canada del trainer Tod Gray per la durata di 2 anni (e 100.00 dollari di multa), in seguito a casi doping, da attribuire a Epo. Soprattutto c’è la consapevole a che è necessario offrire un’ippica il più possibile pulita: una dirigente della Breeders Crown spiegava nei giorni scorsi che una bella fetta del pubblico Usa preferisce scommettere sulle lotterie invece che sulle corse perché, anche se ha chance infinitamente minori di vincere, pensa di non venir truffato nell’estrazione dei numeri, al contrario della sensazione trasmessa dai cavalli dopati.
Sotto il profilo delle comunicazioni e delle aperture a nuove possibilità, gli americani sono fortissimi. La necessità di reperire risorse stimola i contatti con qualunque settore, per trovare sponsor e pubblicità; le statistiche vengono curate e approfondite, perché servono da ogni parte, cioé dal lato di chi organizza e da quello di chi scommette; il tentativo di aprire nuovi orizzonti o business è instancabile: in tal senso si può inquadrare l’ingresso del Nat Ray nella World Cup, come possibile chance di scambio di cavalli, ovviamente di prima categoria, con l’Europa, in modo da creare eventi super, che a loro volta sono produttori di denaro. Al proposito, sabato nell’ambito del meeting dell’Harhbletonian si è svolto tra i responsabili della World Cup un incontro in cui si è deciso di continuare la collaborazione fra l’Europa e gli Usa, segnatamente Meadowlands e Breeders Crown Society, per una competizione “mondiale” e che appunto favorisca le trasferte da un continente all’altro di primaserie.
Questi argomenti che sembrano staccati l’uno dall’altro in realtà contribuiscono (e allo stesso tempo sono conseguenza) alla selezione estrema e alla competitività espresse in pista. I record sono l’aspetto più evidente e quello di cui è più semplice parlare del complesso sistema ippico americano. Nel quale, intendiamoci, non tutto e non sempre funziona bene, però rimane costante l’obiettivo fondamentale di migliorare e andare avanti. Una banalità? Può darsi, ma da noi qualche volta sembra proprio dimenticata.

 
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