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Lo Sportsman: Professione handicapper (15.6.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 16/6/2006
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DOPO VENT’ANNI A CAPO DELL’UFFICIO TECNICO DI MILANO, UMBERTO TOME' DIVENTA CONSULENTE
Professione handicapper
ANDREA MILANI

Umberto Tomè si è ritirato in pensione dopo più di un ventennio passato alla guida dell’ufficio tecnico della segreteria-trotto di San Siro. Uomo di pista, puntiglioso ed appassionato, ha svolto il suo percorso scegliendo per sé un “low profile” mettendo il proprio lavoro al servizio della sua ippica e dei protagonisti, cavalli e guidatori succedutisi nel corso degli anni alla ‘Scala del trotto”. Un abile regista, che ha cercato di valorizzare il lavoro degli attori al proscenio inquadrandoli nel suo canovaccio. L’atto primo di questa storia è ambientato nella Milano d’inizio anni ‘70 quando Umberto...
«Ero un giovane appassionato di corse di cavalli, galoppo e trotto, che poco a poco si era indirizzato verso le redini lunghe, un po’ perché papà svolgeva il lavoro d’autista dell’autostart dell’ippodromo e un po’ per la miglior fruibilità dello spettacolo. Al trotto potevo seguire tutta la corsa e non solo gli ultimi 300 metri. Mi sembrò anche più facile decifrare le dinamiche di corsa dei maestri guidatori e quando nel ‘73 ci fu l’occasione di essere assunto all’ufficio tecnico accettai senza indugio aprendo la porta a quello che sarebbe diventato il mio lavoro: handicapper programmatore».
Rispettoso dei ruoli in campo Umberto è rimasto legato a tutti i protagonisti ed è in pratica impossibile estorcergli una parola od un ricordo negativo: «Iniziai con il dottor Rivolta come capo dell’ufficio. Un signore che, tanto per gradire, fu il primo ad inventare le categorie per cavalli anziani e le corse ad invito, adottandole per la programmazione dell'ippodromo di Milano. Un’idea talmente innovativa da esserè introdotta nel giro di pochi anni a livello nazionale. Quando Rivolta andò in pensione ci fu una beve parentesi in cui l’ufficio tecnico fu gestito da un valido professionista come Antonio Vecchia. In seguito la Trenno mi diede fducia e diventai così il regista dello spettacolo di trotto più importante d’italia. La parte del mio lavoro che più mi affascinava era la programmazione. All’interno delle direttive date dall’Area Trotto dell’Unire è compito dell’handicaper costruire il programma di corse, selezionando attraverso dei parametri le dotazioni e le caratteristiche tecniche delle singole competizioni a cui parteciperanno i cavalli iscritti e poi dichiarati partenti. Un lavoro che necessita di puntiglio e attenzione ma che al contrario di qualche operazione di pura burocrazia mi ha sempre appassionato».
In corso d’opera si è passati dai libroni spuntati a mano per il controllo delle somme vinte ai computer. Com'è cambiato il suo lavoro? «Il computer ha reso molto più semplici le operazbni d’ufficio nonostante l’aumento smisurato dei cavalli e degli ippodromi, ma il lavoro di mediazione e di riequilibrio svolto dall’handicapper attraverso la programrrazione è rimasto lo stesso. Identiche sono poi le soddisfazioni provate nelle giornate importanti, quando a corollario dei grandi premi sono creati dall’handicapper inviti di spessore alla ricerca della qualità delle corse, obiettivo principale del mio operato».
Corse di qualità o qualità delle corse? «La mia idea è che si debbano distinguere le finalità del grandi premi e delle corse di selezione, le cosiddette corse di qualità, dalla routine, che deve essere costruita mirando alla qualità delle corse. Negli appuntamenti clasici è giusto e normale che ci sia il campione sempre vittorioso e “a lunghezze” ma nelle corse di tutti i giorni bisogna costruire uno spettacolo dall’esito incerto. La qualità delle corse non è un vincitore in categoria “G” da 1.13 ma un arrivo in gruppo con 3 o 4 cavalli in linea per la vittoria». In quest’ottica come inquadri le Tris? «La costruzione giornaliera di due Tris è molto difficile, ancor più se si ricerca la qualità. Devo modestamente segnalare che sarebbe necessario introdurre nuovi parametri che dopo la dichiarazione dei partenti, attraverso la creazione di una classifica al contrario, permetterebbe di pilotare il sorteggio dei numeri riequilibrando le forze in campo. Niente di nuovo visto che è un sistema in uso nei Paesi più avanzati del trotto europeo».
Quali sono gli uomini del mondo delle corse che più ti hanno affascinato? «lo sono un “brighentiano” di ferro. Sergio rimane il più grande di sempre, anche se Fromming, antitesi pura del Pilota, suscitava in me una grande ammirazione. Un uomo importante per la mia crescita è stato Vincenzo Gasparetto padre della programmazione e grande manager di scuderia che ha insegnato molto e non solo a me. Sono orgoglioso di aver dato il via insieme a Vanni Parenti, amministratore delegato della Trenno di allora, al Trofeo Brighenti che dal 1991 mette in competizione le miglior fruste in circolazione onorando così la memoria di un nostro mito».
All’interno dell’ufficio chi ricordi con più affetto? «Ho avuto ottimi collaboratori e di tutti conservo un buon ricordo. Due sono le persone a cui per motivi diversi mi sento più legato: la prima è l’avvocato Vittorio di Capua. Fu lui ad assumermi 30 anni fa ed il ricordo di quel week-end del rapimento provoca in me ancora forti emozioni. Un signore d’altri tempi tragicamente scomparso. La seconda è Fabrizio Procino che ha collaborato con me 16 anni prima di spiccare il volo per diventare l’handicapper degli ippodromi di Bologna e Cesena ed il suo operato mi rende orgoglioso».
La collaborazione tra Tomè e la Società Trenno non è stata ancora chiusa perché, con una decisione illuminata, la Società ha aperto una posizione a supporto dell’ufficio tecnico. In questo modo non andrà perduto il suo bagaglio ippico culturale e non sarà cancellata l’enorme mole di rapporti intessuti nel corso dell’ultimo ventennio del regista della “Scala del trotto”. Applausi.

 
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