DA ASCOT A SOLVALLA DUE MODI DEL TUTTO DIVERSI DI PROPORRE L’IPPICA DI ALTISSIMO LIVELLO Agli estremi e al massimo MARCO TRENTINI Cravatta e champagne o birra e salsiccia? Due modi d’ essere ippici, comunque due esperienze al massimo. Sia esso quello della classe e dell’eleganza tipiche di Ascot. Oppure quello più ruspante e rumoroso di Solvalla. Il galoppo inglese e il trotto svedese sono lontani fra loro ben più delle due ore abbondanti di volo che separano Londra da Stoccolma, ma a loro modo sanno essere entrambi affascinanti. E a loro modo vogliono proporre il massimo spettacolo possibile. Con un fattore che accomuna entrambi:l’entusiasmo dovuto alla passione. Oltre alle differenze sociali ed economiche, quella che è oggi la più grande differenza fra i due modi di essere è nella percezione di quello che accade dentro l’ippodromo, nelle motivazioni che portano il pubblico a convincersi a recarsi alle corse. Il galoppo inglese punta su un prodotto spettacolare, inserito in un ambiente di alto livello. E il nuovo Ascot è la massima espressione di questa filosofia. Che punta soprattutto sulla gratificazione derivante dall’essere in un ambiente esclusivo. La conformazione stessa della tribuna è stata studiata appositamente per consentire un contatto virtuale fra strati sociali diversi. Mischiando, ma solo apparentemente visto che si tratta di livelli sfalsati, l’élite alla gente (quasi) comune. Anche per quanto riguarda la fruizione dello spettacolo, ad Ascot hanno puntato su un concetto nuovo, improntato sulla necessità di non limitare alla corsa lo spazio di interesse. Per questo il tondino di presentazione è stato portato al centro delle attenzioni, per offrire uno spettacolo in più rispetto ai due minuti ”medi” di una corsa. Il dubbio oggi è legato all’effettiva fruibilità di una struttura così diversa, che sabato è stata collaudata a una frazione delle sue possibilità. E quindi il vero test definitivo sarà solo quello di Royal Ascot, quando da 60 a 80mila persone si ritroveranno in questa nuova realtà. La ricetta del trotto svedese è sempre la stessa di sempre. E forse proprio per questo comincia a sentire il peso degli anni. Il mix di birra e salsicce funziona ancora ma non ha più lo smalto di qualche anno fa. Sembra paradossale per noi italiani, ma i 26.000 presenti domenica a Solvalla sono una sconfitta, un forte campanello d’allarme per tutto il movimento. Anche perché l’impressione è che i diecimila spettatori persi da qualche anno a questa parte, fossero nella maggior parte nella fascia medio-alta del pubblco. Così fendendo la folla si trovavano gli stessi personaggi ”folcloristici”, ma sicuramente meno belle ragazze e meno giovani. Il trend insomma è in flessione e questo calo sembra colpire quelle che per un settore sono le fasce più interessanti del pubblico. Certo a tutto ciò hanno contribuito forse il lungo ponte, il simulcasting con altri 14 ippodromi, l’apertura di 100 agenzie esterne nella grande area di Stoccolma, ma tricerarsi dietro i fattori esterni può essere molto pericoloso. In ogni caso c’è un dato di fatto ed è quello che le corse svedesi, soprattutto quelle che si disputano nel velodromo di Solvalla, sono brutte e noiose. Corse che si risolvono in partenza, nelle quali non succede praticamente nulla. Un fatto che deriva anche dalla conformazione della pista, velocissima e ormai dalle caratteristiche simili a quella di un anello da mezzo miglio, solo un po’ più lungo. Galoppo inglese e trotto svedese sono partiti dal top, ma hanno preso strade diverse. A Londra le corse sono sempre più competitive, durissime, combattute allo spasimo. Sfide che rispettano al massimo la tecnica ma nelle quali nulla è regalato. E c’è stato il coraggio di investire in maniera forte e decisa in strutture nuove nel momento in cui tutto il settore stava tirando come una locomotiva. A Stoccolma hanno iniziato invece un processo di “italianizzazione”, quindi indirizzando lo spettacolo non più verso le esigenze del pubblico, ma verso quelle delle componenti del settore. E sul piano delle strutture nulla è stato fatto, visto che Solvalla è esattamente lo stesso impianto di quindici anni fa. Questa è la diversità strategica più rilevante, questa forse anche la motivazione per cui da una parte prosegue la scalata (di interesse e di riscontri ecnomici), mentre dall’altra si registra un preoccupante calo. Un confronto impietoso. Forse, ma che può far capire parecchio, che in fondo può indicare una futuribile strada da seguire. Senza paraocchi, nè pregiudizi. Con coraggio e idee.
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