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Lo Sportsman: Bechicchi, il piccolo gigante (15.5.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 15/5/2006
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Bechicchi, il piccolo gigante

Il popolare Luciano, dopo quasi sessant’anni in sulky, non ha rinnovato la licenza

SANDRO CAMERANI
Nel 1947 nasceva il piano Marshall, Fausto Coppi vinceva il Giro, in Prlamento c’era già Giulio Andreotti e Luciano Bechicchi iniziava la sua attività di guidatore. Un’attività che, in silenzio, senza squilli di romba ma anche senza dolorosi amarcord si è ora conclusa. Del resto, era ed è nel suo stile. Nello stile di colui che per oltre un cinluantennio è stato il beniamino del parterie dell’Arcoveggio, quello competente, foltc e chiassoso del tempo che fu, non certo quello che l’ippica telematica e mangiasoldidel terzo millennio hanno reso più anonimo e deserto di una zona di guerra. Dopo qualche insistenza, Bechicchi ha de ciso di aprire il libro dei ricordi e noi lo scorriamo molto volenlieri insieme a lui, anche se è un’arma a dcppio taglio perché ci porta indietro nel temDo, a un’ippica che non c’è e non ci sarà più. Garantito.
GLI INIZI «Sono nato a Bologna nel 1928, fu l’amicizia di ragazzo con i fratelli Molesini di Cento, proprietari e guidatori, a portarmi all’Arcoveggio e farmi appassionare alle corse al trotto fino alla decisione di intraprendere proprio quel mestiere. Era il 1947, e nel l’immediato secondo dcpoguerra il cavallo era soprattutto un mezzo di locomozione e, come animale nobile, dava anche lustro a chi se ne occupava tutti i giorni, I miei inizi, da allievo, li trascorsi alfArcoveggio con Luigi Farina, poi mi fecero guidare anche i cavalli della Scuderia Boschi e della Santipasta. Dopo un po’ di anni, quando ebbi maturato la giusta capacità e l’esperienza che serviva, aprii scuderia in proprio. Era il 1954, e fino al 2005 l’ho sempre tenuta aperta all’Arcoveggio. A dire il vero, quando i cavalli erano davvero moltissimi, per un certo periodo ebbi anche una specie di succursale a Modena, e facevo avanti e indietro per lavorare tutti i cavalli. Di collaboratori ne ho avuti awero tanti, tutti molto bravi. La memoria è quella che è e ricordarli tutti proprio ncn è possibile, però i nomi di Paolo Fuoti (genero di Luciano, scomparso in modo drammatico), Alberti e Bonafè nòn posso certo dimenticarli».
I CAVALLI DEL CUORE Il primo lo eleggiamo noi, senza alcun pericolo di smentita. Ìtod Mo, il castrone volante che da brutto anatroccolo si tra sformò in cigno con il banco azzurro della Loredana e il training di Bechicchi. «Come si fa a non nominare subito Atod Mo? impossibile, perché dal nulla arrivò a vincere praticamente tutto, in tutti gli schemi e con un coraggio e una volontà di ferro, che spesso e volentieri andava anche al di là dei guai fisici che ogni tanto emergevano. E lui, senza dubbio, il numero uno nella mia galleria dei ricordi. Gli altri sono un po’ in ordine sparso, dovendo provare a procedere in ordine temporale ricordo allora Rosset, che negli anni Sessanta vinse diverse corse ed arrivò secondo dietro Navazzo all’Arcoveggio, nell’italia. Proprio in occa sione della più recente edizione di questa classica ho voluto leggere il programma per scorrere all’indietro l’albo d’oro e trovando il nome di Rosset mi sono anche emozionato. Nei Settanta ricordo volentieri Grillona e tutti i cavalli della Scuderia Graziella, poi andando avanti nel tempo, oltre ad Atod Mo, non posso certo non nominare Ajax Haleryd, un importato molto veloce in partenza con il quale vinsi il Due Mari a Taranto, oltre ad una lunga serie di centrali importanti. Andando avanti ci sono poi il velocissimo Kerigan, l’ottimo Calegaris e quel Fermo (finisseur extra lusso, ndr) che proprio io avevo preso l’iniziativa di comprare, intravvedendone grossi margini di crescita. Il resto è storia recente, meno prestigiosa ma comunque sempre importante.
IL SUPERFRUSTINO Nel 2000, all’età di 72 anni, Bechicchi vince a Cesena il Superfrustino, bagnando il naso ai top delle redini lunghe nostrane ed eu ropee. Poco ci manca che venga giù la tribuna del Savio. «Fu un risultato eclatante, che ebbe molto risalto ovunque, limita tamente all’ambito ippico è ovvio (ambito sempre molto ma molto di nicchia nel l’universo sportivo italiano anche se, ad esempio, alcune voci del trotto si prendono troppo seriamente coniando cantilene e neologismi a go-go..., ndr), perché un driver di 72 anni che batte i migliori e giovani colleghi d’italia e d’Europa non è cosa da tutti i giorni. Avevo già vinto, nell 981 e nel 1983, il torneo più prestigioso in Italia, cioè il Campionato Guidatori a Montegiorgio, ma è indubbio che la vittoria a Cesena del 2000 fu più emozionante, perché arrivò quando ormai il viale del tramonto lo stavo già percorrendo e nessuno avrebbe scommes so una lira su di me».
COME SI CAMBIA «Una volta il trotto era giustamente ar tigianale, si stava molto meglio e questo è scontato. Uno lavorava sodo con i suoi cavalli, li preparava bene ed andava a correre con il massimo entusiasmo. Adesso il panorama è dominato esclusivamente dai catch driver, che guidano costantemente cavalli a 2/5 e tolgono a molti allenatori guidatori il gusto della corsa e a tanti scommettitori quello della puntata remunerativa. Chi ha cavalli suoi e va avanti per quella strada finisce inevitabilmente sott’acqua, purtroppo ne ho visti tanti negli ultimi anni costretti a smettere. Un rimedio? Difficile ma non impossibile. Innanzitutto l’ippica va restituita agli ippici prima di tutto, i politici e i burocrati non possono averne un’idea precisa e vanno lasciati ai loro lavori. lo, per un certo verso, sono tranquillo perché appagato. Mi sentivo ormai un pesce fuor d’acqua e non rinnovare la licenza è stato quasi un atto dovuto, anche se naturalmente anche un po’ doloroso».
ADDIO ALLE CORSE «Ho preso la decisione di smettere perché ormai avevo rinunciato a tenere scuderia e facevo solo il catch nelle categorie più basse, soprattutto nei convegni mattutini. Sinceramente, alla mia età, non ne valeva più la pena: dopo aver vinto più di 3000 corse sbattermi con spostamenti al mattino, più o meno lunghi, per guidare nelle reclamare più basse non mi stimolava più. Non che abbia abbandonato il trotto, anzi. All’ippodromo continuo ad andare e, dirò di più, sono andato recentemente a far prova con alcuni cavalli di stanza a Casale Monferrato, alla scuderia Nervi. Sia per dare una mano ad un giovane preparatore, sia perché la pista comunque iniziava a mancarmi. Tutto questo, nonostante gli ultimi fatti che parlano di doping, corse truccate e addirittura di arresti. lo ho una mia idea e la dico, anche se sembrerebbe una difesa ad ogni costo: ormai i guidatori sono continuamente interrogati da decine e decine di persone che vogliono conoscere le possibilità del cavallo, c’è modo e modo di chiederlo soprattutto per telefono, Insomma, la mia sensazione è che diversi driver siano cascati dentro ad una cosa più grande di loro, senza volerlo assolutamente. Di sicuro, con questa vicenda la reputazione dell’ippica ha subito un ulteriore, duro colpo...». Come se non bastasse tutto il resto, è il caso di dire. Ma Bechicchi lo fa solo intendere, perché ormai è un driver in pensione, poco importa se ancora tanto più in gamba di molti colleghi che remano contro vento dalla mattina alla sera per un quartino nei matinée, ad esempio. Il mitico “Nano” saluta e si siede in tribuna, pronto a non negare mai un consiglio su una sgamba agli ultimi mohicani del parterre. Ci troviamo li, senza paura di non vederci perché, purtroppo, ormai siamo solo noi.

 
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