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Lo Sportsman: Storie senza comunicazione (22.4.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 24/4/2006
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Storie senza comunicazione


FRANCO RAIMONDI
Siamo noi a non saper raccontare l’ippica o è l’ippica che non riesce a proporre storie buone per i suoi appassionati? Alla vigilia della prima classica del galoppo ci ha preso questo dubbio. Possibile che non si riesca a tirar fuori uno straccio di storia da un favorito (Rattie and Hum), che appartiene a un proprietario debuttante e da un “contro” (Magic Box) che viene dalle reclamare?
La differenza tra l’Italia - in genere l‘Europa - e il resto del mondo (l’Australia e gli Usa) sta anche in questa diversa capacità di usare i media. In America un Magic Box sarebbe già famoso, almeno nei microcosmo delle corse. Da noi è solo “quello della Nuova Sbarra’, al massimo “quello di Lorenzo Brogi” o “quello che monta Demuro”.
La popolarità non spunta dalla Magic Box. L’italia e l’Europa producono un’ippica che si parla addosso e non comunica, che non riesce a costruire un personaggio a quattro zampe per colpa di quelli a due gambe.
Ma vi rendete conto che il miglior allenatore dei Vecchio Continente (Fabre) ha aperto la bocca 10 volte negli ultimi 20 anni? Che il suo omologo irlandese (O’Brien) dice solo che “il puledro ha velocità e stamina e può vincere dai 1200 ai 2400 metri”? Che gli ngiesi sono sempre pieased prima di una corsa e disappointed quando il cavallo finisce appratato. L’italia non è diversa e non per colpa nostra. Gli allenatori preferiscono non parlare, si toccano quando vedono la foto di un loro cavallo sul giornale o accusano il cronista di averlo “fermato” quando, invece, io stop è provocato da altre ragioni. Non dicono bugie, semplicemente non parlano.
Lanfranco Dettori, un giorno a Singapore, mi disse: “Sai che differenza c’è tra me e Lester Piggott? io rido, cerco di comunicare con la gente, tento di restituire al pubbLico quello che ricevo”. Ecco, il nostro galoppo, quello europeo è ancora “Piggottizzato”. Tra due settimane ci saranno nello stesso giorno le 2000 Ghinee e il Kentucky Derby. A Newmarket correranno dei nomi, visto che i primi sei favoriti saranno tutti al rientro. A Churchill Downs si daranno battaglia dei cavalli in carne e ossa, allenati da trainer che sfruttano il palcoscenico per farsi pubblicità, spinti dai sogni di proprietari che vogliono un giorno di popolarità. Al pubblico piace così. Le storie di quei cavalli le saprebbe raccontare chiunque, per quelle dei nostri non basterebbe Hemingway.

 
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