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Lo Sportsman: Botta e risposta sui temi del calendario (21.4.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 21/4/2006
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BOTTA E RISPOSTA SUI TEMI DEL CALENDARIO CLASSICO DEL TROTTO ITALIANO Guida ai programmi


Cazzaniga: «Nessun tritacarne La selezione porta alla precocità»

Trentini: «Ogni scelta ha i suoi pro ma serve un confronto tecnico»
Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera di Ernesto Cazzaniga
Dopo la bella vittoria di Express Road nell’Orlandi a Modena, ottenuta per di più, con un risalto cronometrico importante, ovviamente i commenti sono stati favorevoli e su questo siamo tutti d’accordo, non sarei invece d’accordo con l’analisi e la conclusione, che ne fa discendere il vice direttore Marco Trentini, concludendo che il cavallo si è salvato da “tritacarne”, che sarebbe la selezione giovanile, la quale produrrebbe cavalli “con un passato ma senza storia”.
Ogni cavallo ha una sua storia e occorre cercare con calma e pazienza le ragioni dei risultati che non sempre sono così chiari come pare voglia fare apparire il giornalista con le sue drastiche certezze, al posto di un’analisi e pacata riflessione, utile a tutti, si rischia di esprimere solo un pregiudizio.
A mio avviso, gli elementi da prendere in considerazione sono i seguenti: non per nulla, il cavallo è di proprietà ed allevato dalla famiglia Roussel, una dinastia di allenatori, allevatori tra le più importanti in Francia, inoltre è figlio di uno stallone francese, Passionnant, morto prematuramente purtroppo, anche questo di proprietà della stessa famiglia e, per concludere, il cavallo è stato affidato per la carriera italiana ai Guzzinati, scuderia che tutti conosciamo, per l’avvedutezza, la prudenza e la capacità per ottenere i migliori risultati possibili.
Questa serie di elementi a mio avviso ha contribuito fortemente alla realizzazione tardiva di quest’importante soggetto che, se non ha espresso prima le sue potenzialità forse non è stato per sola scelta, ma per un “combinato disposto” che ne ha determinato la carriera in tal senso.
Quando il giornalista sostiene che la carriera in Francia di un cavallo è ben più lunga e remunerativa, dice assolutamente il vero, ma questo purtroppo è determinato in massima parte dal fatto che il montepremi francese oggi è quasi il doppio di quello italiano, e quindi è ovvio che un soggetto abbia maggiori possibilità di vincere somme consistenti in una più lunga carriera. Come non dobbiamo ignorare che per tradizione gli stalloni francesi producono (producevano forse?) cavalli meno precoci degli stalloni americani, ma questo dovrebbe essere un portato legato alla selezione che tende naturalmente a pareggiarsi sempre più.
Da diverso tempo, notiamo anche nei programmi francesi una tendenza accentuata nei riguardi di una remunerazione sempre più consistente per le generazioni dei due e tre anni, Nei confronti dell’Italia, la potremmo definire una questione di coperta: se è troppo corta purtroppo tutta non si riesce a coprire, una parte deve rimanere scoperta. Le nostre strutture di allenamento, la mentalità dei nostri allenatori, le nostre piste, e infine il nostro montepremi, esprimono una serie di ragioni che possiamo sintetizzare come la nostra cultura, che portano inevitabilmente all’attuale equilibrio esistente.
Vorrei fare osservare che il giornalista in questione ha fatto parte di una commissione per la programmazione, a quale non ha certo brillato per i risultati conseguiti. Purtroppo da noi vale il solito sistema di essere “contro” salvo poi quando si è in condizioni di decidere e determinare, non concludere nulla, non dico atti concreti, ma almeno un elaborato tecnico che dice: io farei così e cosà. Ma se tutti continuiamo a portare dentro il nostro computer o la nostra testa le nostre idee e critichiamo solamente senza proporre un’alternativa valida e praticabile, in una parola a metterci in discussione, progressi non se ne fanno ed ognuno rimane con le proprie idee. Ora vengo ad un esempio di attualità: l’altro giorno Faliero As, non per nulla affidato ad un’altra primaria “ditta”, Mauro Baroncini, ha fatto un numero a Milano, con una prestazione straordinaria di grande rilievo, a mio avviso ritengo il cavallo maturo per affrontare a viso aperto anche cavalli come Jag de Bellouet.
Faliero As tra poco correrà l’Europa, ritengo con prima chance, visto ciò che ha fatto l’altro giorno, ma troverà sul suo cammino validi avversari, tra cui un certo Farifant, che non molti giorni fa a Vincennes ha ottenuto una prestazione altrettanto straordinaria sul piano cronometrico, 1.13.8 sui 2800 metri con partenza con i nastri, pure essendo stato battuto sul palo da uno di quei francesi “tardivi”, proprio un figlio di Jag de Bellouet
Il progresso della selezione porta più rapidamente di quanto non si pensi una precocità che non vuole dire distruzione prematura del materiale, ma è il succo e la ragione stessa della selezione.
A questo proposito mi piacerebbe conoscere l’opinione dell’illustre giornalista sulle ultime notizie in merito a prove eclatanti di figli di Varenne, in preparazione per affrontare l’avventura in Usa, però graderei averla prima e non dopo, a risultati consolidati.
Poi mi verrebbe da chiedermi: come mai i buoni cavalli finiscono sempre per essere nelle mani dei soliti e affermati professionisti? lo una risposta me la sono data, adesso qualcun altro mi spieghi il perché e se riesce a convincermi sarò ben felice di rivedere le mie convinzioni. Ernesto Cazzaniga

MARCO TRENTINI

La lunga lettera di Tino Cazzaniga è indubbiamente uno spunto per aprire un dibattito che, come è caratteristica di questo giornale, è sempre pacato, sereno, corroborato da dubbi intelligenti e mai da arroganti certezze. Anzi per riaprire quel dibattito che, purtroppo, è stato cancellato insieme alla Commissione menzionata. Ricorderà bene Tino che quell’organismo, del quale facevano parte il sottoscritto, i rappresentanti delle Categorie e dei gruppi di ippodromi, “ballò” una sola brevissima stagione, ovvero dalla sua istituzione, all’inizio del dicembre 2002 alla conclusione del “progetto” prima delle vacanze di Natale. In pratica in quindici giorni venne elaborato un calendario classico del trotto per il 2003 con diverse modifiche e il documento prevedeva già i passi per arrivare, nel giro di due o tre anni, a una nuova definizione complessiva. Si ricorderà bene Tino del lavoro fatto, perché lo vide protagonista («Gli allevatori sono interessati solo alle corse dei 2 e 3 anni» disse allora nelle vesti di Presidente Anact), insieme a me, in qualità di ”esperto” Unire, e alcuni veri tecnici, fra i quali, consultati direttamente o indirettamente molti personaggi di spicco dell’ippica italiana. Si ricorderà bene, l’ex-Presidente Anact, che la Commissione concluse la prima fase del suo lavoro (gettando anche le basi per modifiche alla programmazione ordinaria), ma che il documento venne letteralmente stracciato ai primi di gennaio (definito snob e troppo pretenzioso) da alcuni “amici” che avevano voce all’Unire dopo il cambio di Commissario. Negli anni seguenti tutti i documenti della Commissione, peraltro mai cancellata ufficialmente, non sono più stati affrontati. Se non attraverso una richiesta, più volte presentata, di riformulare un calendario classico in modo da consegnare agli amici che poi l’avrebbero consegnato agli amici degli amici. Una strada molto “ippica” e poco trasparente in mancanza di quella discussione tecnica aperta che aveva caratterizzato i pochi giorni di lavoro della Commissione programmazione.
Da allora, e sono passati ormai quasi quattro anni, non vi è stata più alcuna discussione tecnica fra tecnici e fa piacere che ora Cazzaniga voglia aprire un dibattito su un tema, quello della programmazione, che riveste un’importanza fondamentale per la sopravvivenza e per lo sviluppo dell’ippica. E fa piacere che Tino “suggerisca” temi che avrebbero dovuto essere parte di un confronto continuo anche negli scorsi anni. Che non sono certo parte di drastiche certezze.
Ha ragione Cazzaniga quando parla di ”combinato disposto”, perché è tanto evidente da diventare inutile sottolineare che l’esplosione tardiva di Express Road, come quella di quasi tutti quelli che sono diventati protagonisti da anziani (Varenne compreso), deriva non solo da una scelta ma anche dagli avvenimenti che le hanno condizionate. Ed è altrettanto evidente indicare nella proprietà di Roussell e nel training dei Guzzinati dei fattori importanti.
Non sono invece d’accordo sulle considerazioni relative al confronto di Italia-Francia, perché non è del tutto vero che il montepremi francese sia il doppio di quello italiano, o meglio è vero se si intende il montepremi per corsa, ma non certo quello per cavallo, che anzi è più alto nel nostro Paese. E se è vero che i francesi hanno spostato una parte delle risorse verso i giovani, il dato finale è di oltre sei punti percentuali al di sotto di quel 9% oggi fissato per i due anni in italia.
Certo puntare tutto sulle carriere a due e tre anni è una scelta legittima, ma allo stesso tempo, allora, diventa indispensabile una modifica radicale al calendario, un provvedimento ben diverso da quello messo in atto quest’anno, che assomiglia più a un ‘tecor”di rocchiana memoria. Ciò a prescindere dalle considerazioni sull’effettiva produttivirà di una scelta di questo tipo, che preferisco lasciare a un confronto aperto e complessivo nel quale debbano avere un ruolo determinante anche i dati collegati, ovvero l’interesse del pubblico, l’ammontare delle scommesse e tanti altri. Perché continuare a dirci che produciamo i migliori cavalli del mondo (vero in massima parte) perché volano quando corrono fra loro in corse che evidentemente interessano solo gli addetti ai lavori serve solo a una forma di pubblicità all’interno del settore. Se ne parli, comunque, magari in fretta e in un’altra Commissione che sia realmente tecnica e che metta a confronto pensieri e progetti, non solo slogan e posizioni particolari. Mi permetto solo di confutare la tesi secondo la quale il progresso della selezione porti necessariamente alla precocità. Semmai il progresso della selezione porta a una miglior predisposizione a un utilizzo precoce, ma fisiologicamente non diminuisce certo lo stress al quale sono sottoposti i giovanissimi.
Cazzaniga mi chiede poi due risposte. Per la prima non c”è tutta la fretta del mondo. Il Peter Haughton è in programma a fine luglio e da qui ad allora mancano tre mesi, tantissimo nella vita di un puledro. L’operazione, valutate tante premesse (la qualità dei nostri cavalli, lo scontro con gli yankee più precoci ma non più qualitativi) ha buone possibilità di trovare una conclusione interessante. E indubbiamente si tratta di un’operazione promozionale condivisibile, visto che un eventuale successo porterebbe una pubblicità d’amorosa a Varenne, che potrebbe diventare una star assoluta fra i riproduttori per gli allevatori americani. Queste probabilmente sono le motivazioni che portano all’avventura. Giuste, ma certo non compatibili con l’aspirazione di vincere fra tre o quattro anni l’Amérique.
Per quanto riguarda la seconda domanda la risposta è banale e si può dare con un paragone: come mai Capello vince (quasi) sempre e molti altri allenatori di calcio finiscono esonerati dopo poche giornate? O spostando il mirino: come mai ci sono allevatori di alto livello che da decenni non vincono una classica? Per fortuna nell’ippica, come negli altri sport, vincono quasi sempre i migliori.

 
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