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Lo Sportsman: Impianti a misura di cavallo (20.4.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 20/4/2006
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Impianti a misura di cavallo
L'architetto Walter Baldini, oltre a essere Presidente di Giuria al galoppo attualmente in carica alle Capannelle, è consulente dell’Unire per quel che riguarda il rispetto delle norme tecniche e impiantistiche da parte degli ippodromi. A lui si deve anche parte della progettazione del centro di Settimo Milanese che oggi è una struttura che costituisce una sorta di fiore all’occhiello dell’ente ippico nazionale.
A lui si devono le verifiche metriche e strutturali degli ippodromi italiani ed è stato uno di quelli che hanno scritto quelle che oggi sono le norme che regolamentano gli impianti. Regole che hanno portato gli ippodromi a effettuare interventi immediati per rientrare nei limiti della sicurezza, interventi che sono però solo i primi di una lunga serie, visto che il punto di arrivo è ancora molto più in là. «All’inizio abbiamo avuto qualche problema nel far comprendere le esigenze di un regolamento tecnico che avevamo stilato anche sulla base di quanto avviene all’estero, evidente che nel momento in cui siamo andati a chiedere dei lavori che comportavano degli investimenti abbiamo inevitabilmente trovato qualche resistenza, ma oggi mi sembra che i problemi siano stati abbastanza superati. Il nostro obiettivo è quello di migliorare la fruibilità degli impianti per i cavalli, per chi vi lavora e per chi vi si reca ad assistere a uno spettacolo che deve essere per il più possibile godibile e sicuro» le parole di Baldini.

L’ARCHITETTO WALTER BALDINI, CONSULENTE UNIRE PER IL RISPETTO DELLE NORME TECNICHE
Primo obiettivo la sicurezza

Steccati, larghezza delle piste, impianti di illuminazione e specifiche precise per gli ippodromi italiani.

Luigi Migliaccio
Nei giorni scorsi c’è stato il caso di Firenze, ieri abbiamo parlato del rinnovo della convenzione tra ippodromi e Unire, oggi affrontiamo il tema della messa in regola degli impianti. Un argomento importante e che nei giorni scorsi è stato spesso al centro della dialettica tra le società di corse e l’Ente. Ne parliamo con l’Architetto Walter Baldini, Presidente di giuria al galoppo attualmente in carica alle Capannelle e consulente dell’Unire per quel che riguarda, appunto, il rispetto delle norme tecniche e impiantistiche da parte degli ippodromi. A lui si deve anche parte della progettazione del centro di Settimo Milanese che oggi è una struttura che costituisce una sorta di fiore all’occhiello dell’ente ippico nazionale. Cominciamo da Firenze. A che punto è la situazione?
«Quella di Firenze è stata una situazione complicata. Il problema grosso è stato rappresentato dagli steccati che nella dirittura di fronte non rispettano le nuove norme che prevedono che siano in pvc elastico in modo da sopportare l’eventuale urto di un cavallo senza scheggiarsi. Poi c’è il problema del fondo della curva sul quale i tecnici agronomi hanno fatto già molto, ma che ancora non si è del tutto assestato a causa di problemi geologici che si rifanno addirittura alla famosa alluvione di tanti anni fa. Comunque ritengo che una volta messo a posto lo steccato si possa correre anche in pista grande».
Firenze a parte, nel resto degli ippodromi come è la situazione?
«Sta migliorando. All’inizio abbiamo avuto qualche problema nel far comprendere le esigenze di un regolamento tecnico che avevamo stilato anche sulla base di quanto avviene all’estero, evidente che nel momento in cui siamo andati a chiedere dei lavori che comportavano degli investimenti gli ippodromi abbiamo inevitabilmente trovato qualche resistenza, ma oggi mi sembra che i problemi siano stati abbastanza superati e devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che, ad esempio, in Dubai usano le nostre stesse regole. Addirittura l’ente tecnico tedesco ci ha chiesto le nostre specifiche per trapiantarle nel proprio regolamento. Oggi possiamo affermare di avere una sorta di codice che assomiglia a un regolamento edilizio effettivo. Sappiamo che eventuali nuovi ippodromi potranno operare solo se rispetteranno determinate caratteristiche, mentre i vecchi impianti dovranno adeguarsi quanto più possibile e in tempi ragionevolmente brevi».
Qualcuno ne ha fatto le spese...
«Una delle nostre esigenze primarie è stata quella di adeguare il numero di cavalli partenti (soprattutto al galoppo) alla larghezza della pista. In Inghilterra il regolameto prescrive che possa partire un cavallo ogni 135 cm di larghezza del tracciato. Lo stesso concetto è stato introdotto in Dubai. A Nad al Sheba possono essere effettuate corse con al massimo 15 concorrenti. Noi avevamo situazioni con addirittura un cavallo ogni 90 cm. Abbiamo portato il minimo a 120. La conseguenza è che piste molto strette sono state penalizzate. Corridonia e Treviso, ad esempio, al momento non possono ospitare Tris ordinarie in quanto la larghezza della pista non consente di schierare il numero minimo di partecipanti. Novi Ligure ha dovuto sospendere l’attività. Capalbio si sta attrezzando. Il 18 giugno prossimo saremo ad Ascot e li ci confronteremo anche con tecnici britannici ma già sappiamo che il nostro lavoro è stato molto apprezzato all’estero».
Quali sono i punti fondamentali che un ippodromo già esistente dovrà rispettare per poter operare?
«Abbiamo lavorato soprattutto su tre elementi: lo steccato per il galoppo che, come abbiamo visto, deve essere fatto di un materale elastico e deformabile, la via di fuga per quel che riguarda le piste di trotto e l’impianto di illuminazione alternativa per entrambe le specialità. Su questo punto vale la pena di soffermarsi un attimo in quanto nei nostri sopralluoghi abbiamo scoperto che alcuni ippodromi prevedevano l’approvvigionamento di energia da un’unica fonte con eventuali situazioni di emergenza che coprivano si e no il 20% del fabbisogno. Abbiamo stabilito che i gruppi di continuità debbano comunque garantire una certa percentuale di illuminazione. In relazione a questo genere di adempimenti le società di corse avranno tre mesi, dalla data di ricezione della lettera di avviso, per mettersi in regola. Il termine salirà a sei mesi per quel che riguarda i box, i presidi veterinari e medici. In più ovviamente ci sono tutti i dettami di sicurezza espressi dalla legge 626 che non possono assolutamente essere disattesi». Come saranno le piste dei nuovi ippodromi?
«In futuro saranno concesse autorizzazioni ad operare solamente a impianti che avranno una pista di almeno 1.000 metri per quel che riguarda il trotto (mai più piste da mezzo miglio oltre quelle esistenti n.d.r.), mentre per il galoppo ci vorrà una pista grande da 1800 metri, una piccola da 1300 o 1400 metri. Rimane facoltativa la pista dritta che però dovrà sviluppare almeno 1200 metri, ma fondamentale, lo ripeto, sarà la larghezza che dovrà essere il quanto più possibile omogenea e comunque, anche per gli impianti già esistenti, il numero massimo di cavalli schierabili per ciascuna corsa sarà calcolato in base alla larghezza minima del tracciato per i suoi primi 200 metri. Le curve dovranno avere un raggio di curvatura realizzato con la tecnica a ‘Clotoide’ e una pendenza tra il 3 e il 4% per il galoppo e tra il 3 e il 10% per il trotto. Per quest'ultima specialità la via di fuga non dovrà essere inferiore ai 4 metri. Questo perché è ormai scientificamente provato che la quasi totalità delle zoppie dei cavalli si verificano quando si affrontano curve troppo piatte dove la forza che si fa verso l'esterno mette a dura prova le gambe e i tendini». E i box? «Ovviamente per quelli già esistenti si può fare ben poco perché ci sono strutture che non possono essere smantellate. Per i nuovi, invece si dovrà passare dall'attuale misura minima di 3 metri per 3 a un 3,50 x 3.50. I nostro obiettivo è quello di migliorare la fruibilità degli impianti per i cavalli, per chi vi lavora e per chi vi si reca ad assistere a uno spettacolo che deve essere per il pù possibile godibile e sicuro».


 
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