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Lo Sportsman: Guido Melzi d’Eril «Stop alle urla. Servono progetti» (30.3.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 30/3/2006
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Guido Melzi d’Eril «Stop alle urla Servono progetti»
Guido Melzi oggi è il presidente di il numero uno di Torino e uno dei ”motori’ di IppoGroup. Appena ieri, o meglio dalla fine del gennaio del 1999 all’inizio del 2001, è stato prima Commissario poi Presidente dell’Unire. Il suo è un lungo viaggio all’interno del settore, un percorso che lo ha visto rivestire moltissimi ruoli oltre a quello consueto di gestore di ippodromi. Perché il Conte dell’ippica è stato ed è allevatore e proprietario importante ed è stato anche gentleman vincente. Oggi Melzi ha 66 anni e vive e lavora con l’ippica rimanendo al centro o quasi di molti crocevia. E le sue posizioni filosofiche sono praticamente sempre le stesse, posizioni che qualche volta lo fanno apparire scomodo, che negli ultimi tempi lo hanno portato ad essere uno dei principali critici dell’operato dell’Unire in quest’ultimo periodo. «Devo confessare di essere un po’ stanco e un po’ depresso. Il quadro generale che rende tutto più difficile. Un quadro nel quale secondo me quello che manca davvero è un Governo dell’ippica, inteso come volontà e capacità di indirizzare e coordinare il settore».
Governo dell’ippica ovvero Unire? «Parlo soprattutto di quei compiti dell’Unire che riguardano un progetto complessivo per il settore. Lasciamo perdere per un momento il fatto economico, su quello sarà il tempo a dirci se l’attuale Unire ha lavorato bene. Quello che intendo è che si è guardato troppo, o forse solo, ai soldi e per nulla a tutto il resto. E, fatto ancor più determinante, si è perso qualsiasi motivo di confronto sui temi, sulle idee, sui progetti. Ogni confronto è diventato uno scontro, quello che può essere risolto con il dialogo si trasforma quasi sempre in un muro contro muro. Si scende a livello di attacchi personali, si ragiona con la logica dello schieramento, oppure scegliendo in base a simpatie o antipatie. Così è accaduto nei rapporti con l‘Unire, ma soprattutto così è all’interno dello stesso settore e gli esempi sono tanti, tantissimi».

MARCO TRENTINI

Il gioco del Conte

Guido Melzi d’Eril auspica il ritorno al dialogo e ai progetti tecnici del settore
Quali per esempio? «Quasi tutte le volte in cui c’è in gioco qualcosa... Fra quelli che abbiamo visto di recente ce rne sono stati alcuni clamorosi, come quelli relativi alle elezioni degli allevatori, alle scissioni di associazioni. Allo stesso tempo vedo che questa tendenza è però generale e che la situazione è uguale anche per quello che riguarda la campagna elettorale per le elezioni poltiche, una campagna che si basa sullo scontro e non sul confronto, nella quale stiamo vedendo tante litigate e basta».
Confronti a tutti i livelli, evidentemente... «Certo. Oggi tutte le discussioni sono relative a soldi da distribuire, per gli allevatori, i proprietari, gli allenatori e i guidatori e gli ippodromi. Non si parla di altro e si perdono di vista le analisi davvero tecniche. Ad esempio si parla delle provvidenze per l’allevamento, ma non sento mai analizzare quelle che sono le basi del progetto allevatorio, ovvero le linee di sangue, gli incroci, le metodologie di allevamento. Oggi c’è solo la corsa a litigare per portare via qualcosa agli altri, ma nessun piano complessivo. E in più le persone che potrebbero dare un contributo costruttivo sono messe in disparte e soffocate da quelli che si impongono a suon di urla».
A proposito di piano complessivo, gli ippodromi non brillano certo per lungimiranza, visto che gli interessi dei singoli sembrano sempre preponderanti. «Come avete scritto qualche giorno fa il calendario presenta situazioni di eccessivo affollamento. Situazioni che nel tempo sono diventate sempre più clamorose fino ad arrivare a troppe sovrapposizioni.
Ognuno guarda solo al suo interesse locale e si perde di vista il contesto complessivo. Si è creata una concorrenza che non tiene conto dell’ippica come sistema globale, ma solo dell’esigenza locale. Sono dell’idea che i programmi di ippodromi che funzionano con lo stesso bacino di cavalli debbano essere redatti praticamente a una mano sola. Che i calendari di piazze come Milano, Torino, Albenga e Varese (e di tutti gli altri sistemi di ippodromi) debbano essere armonizzati in modo produttivo. Negli ultimi tempi ho sentito troppo spesso la parola ottimizzazione, ma questa ottimizzazione è stata solo ridurre le corse al pomeriggio spostandole al mattino. Anche gli ippodromi devono entrare nell’ordine di idee di essere parte di un sistema. Per arrivare a un calendario nel quale siano fondamentali le cadenze nel periodo. Per quanto riguarda Torino certamente si può pensare di stilare un calendario che sia produttivo per noi, per Milano e anche per Albenga, ma ciò non si può fare se c’è la corsa ad occupare gli spazi degli altri e soprattutto se non c’è il Governo dell’ippica di cui parlavo prima. Se non ci sono progetti da sviluppare».
Calendario e programmazione sono i fondamenti del progetto ippico. «La loro mancanza è evidente. E voi stessi tutti i giorni ce ne date un esempio. Basta guardare i partenti e i risultati per capire come ci siano tanti punti a cui lavorare. Nel numero di oggi ho notato un fatto che può essere significativo. Ieri mattina a Follonica, in una reclamare a 11.000 euro, si è imposta una figlia di Lindy Lane e Climax Hanover, Galafuria Horse, che ha trottato a media di 1.18.7. È una 3 anni che ha una bella linea femminile con un padre la cui monta costa 10.000 euro. Eppure a 11.000 nessuno l’ha guardata. È un piccolo esempio di un mercato che non c’è più, o che c’è solo ad altissimo livello e per un periodo di tempo limitato, ovvero fino alle vere classiche. Questo è l’indice di un forte disagio. Sempre guardando i partenti si vede che le corse dei 3 anni stanno dando risultati molto deludenti sotto il profilo della consistenza numerica. Ci sono troppe corse con il minimo dei partenti, che non fanno né spettacolo né gioco. Se si vuole dare il 9% ai giovani, questo deve dare dei risultati e ciò si può avere solo con una programmazione precisa e mirata. Altrimenti ci ritroviamo con troppe corse da pochi partenti e basta. Vedo poi che nella nuova circolare di programmazione in vigore da aprile ci sarà la possibilità di fare otto corse al mattino, un fatto che unito all’allargamento dei parametri per le matinée porterà a un impoverimento delle corse pomeridiane. Ma allora dov’è la cura dimagrante annunciata? Sono state tolte alcune giornate di corse pomeridiane, ma sono state aggiunte matinée. E quest’anno si è ritornati alle 9 corse per il trotto e 8 al galoppo. Se si somma tutto non credo che il numero delle corse
sia calato più di tanto. Semplicemente si è ampliata la fascia di corse di minima. Ma così dov’è la ricerca della qualità e dello spettacolo?».
Torino è stato inserito nella lista degli ippodromi istituzionali. Un premo a una piazza che sembra per svariati motivi un’isola felice nel panorama del trotto italiano. «Torino negli ultimi anni ha saputo mantenere una sua identità importante. Abbiamo i buoni cavalli, i proprietari, gli allenatori, i veri gentlemen e tutt’intorno un allevamento che ha davvero puntato sulla qualità. E questi sono fatti facili da verificare. Il trotto a Torino è vivo e lo dimostrano i tanti cavalli allenati all’ippodromo o nei centri limitrofi, come Vigone e Carmagnola, che ottengono grandi risultati. Le scuderie di primo livello e gli allevamenti che producono per correre o quelli commerciali, ma comunque di alta qualità. Ci sono poi gli allenatori, come Guzzinati, Mollo e Smorgon che fanno parte dell’élite italiana e gentlemen giovani e appassionati come Risso, Matta e altri, ragazzi che sono davvero dei non professionisti e che guidano per passione».
Allenare i cavalli è anche questione di strutture.... «Per questo l’ippodromo di Torino offre dvvero un impianto dove si può allenare. E sarà ancora meglio visto che potremo realizzare probabilmente anche una pista dritta, che completerebbe l’elenco delle strutture a disposizione dei trainer. Quattro anni fa avevamo in programma un rifacimento globale dell’ippodromo, che per fortuna è stato accantonato, salvo realizzare degli interventi più piccoli e più mirati. Qualcosa è stato fatto, ma in programma ci sono altri interventi come il rifacimento totale della pista e il nuovo impianto di illuminazione. Se le premesse, e le promesse, diventeranno effettive tutto ciò diventerà realtà e Torino migliorerà ancora», Un’isola felice, ma anche una piazza che, geograficamente, è un po’ lontana. «Lontana prima di tutto da Roma. Perché negli anni Torino ha perso giornate e subito cambiamenti al calendario che l’hanno penalizzata. Certo per chi vive a Roma è facile andare all’Unire tutti i giorni a chiedere qualcosa. Da Napoli si può partire in delegazione per chiedere il mantenimento del montepremi. Da Torino, un po’ anche per mentalità, è più difficile muoversi per andare a fare valere le proprie istanze. Faccio solo notare che oggi Torino ha 75 giornate contro le oltre 100 di impianti che hanno tutti i parametri possibili di livello ben più modesto».
Richieste di tipo quantitativo o qualitativo? «Torniamo al discorso dei calendari. A fronte di proposte di incremento qualitativo noi siamo più che propensi a seguirle. Anche perché Torino non può reggere un calendario troppo fitto. La chiusura del galoppo ha permesso al trotto di rivivere, di prendere slancio. Lo dico a tutti quelli che piangevano la scomparsa di Torino galoppo: pensate nella situazione attuale cosa avrebbe significato avere ancora il galoppo, che sarebbe stato ancora più svalutato di quanto già lo era. Il rischio concreto sarebbe stato un crollo complessivo. A causa di costi che non saremmo stati in grado di sopportare».
La chiusura del galoppo ha portato un vicino di casa come la Juventus. «Questo fatto è per noi importante, perché la presenza del centro della Juve ha rivitalizzato tutta l’area e quindi anche l’ippodromo può essere inserito in questo piano di rilancio. Anche per quanto riguarda i collegamenti. Oggi c’è una metropolitana leggera che arriva abbastanza vicino a noi e abbiamo quindi acquistato un pulman navetta per coprire il tratto che porta poi all’ippodromo. Inoltre a breve verrà creata una fermata del treno “suburbano” a pochi passi dall’ippodromo. Tutto naturalmente grazie alla presenza della Juventus, ma perfettamente sfruttabile anche da noi. Si tratta di fatti importanti, per collegare l’ippodromo alla città».
Due grandi premi, un’altra grande giornata, una giornata da ippodromo istituzionale. «Agli ippodromi sono state tolte in questi anni quasi tutte le prerogative, quasi tutto il potere decisionale sulle corse. Siamo quasi dei campi da calcetto, visto che a noi spetta in pratica accendere lo scaldabagno e, se servono, le luci. Questo fatto è del tutto deleterio, perché limita troppo l’imprenditorialità. E qui torniamo al Governo dell’ippica, ai ruoli degli ippodromi. Basta, sennò devo ripetere sempre le stesse cose. L’unico punto da sottolineare è che la
definizione di ippodromo istituzionale deve presupporre investimenti importanti da parte degli stessi ippodromi, che devono diventare di livello europeo per poter mantenere lo status. Lo spero, ma temo anche che alla fine, quelle risorse servano solo per ripianare bilanci zoppicanti».
Al convegno di Montegiorgio ha parlato di riequlibrare i rapporti con la politica e con i delegati. «Ho parlato di riequilibrare i rapporti fra l’ippica e i concessionari di scommesse. Ho detto quello che ha ribadito anche Polidori sul vostro giornale, ovvero della necessità che le scommesse siano al servizio dell’ippica e non viceversa. Ogni altra interpretazione è pretestuosa. Tutto quello che ha detto Polidori, del resto, è interessante e condivisibile sotto molti punti di vista».
Parlando di scommesse c’è anche da sottolineare l’introduzione del Quarté e del Quinté. Oggi a Torino avevate proprio il Quarté. «In mezzo a mille accuse che mi sono state rivolte riguardo al mio mandato all’Unire qualcuno si è dimenticato di dire che nell’estate 1999 avevo inviato al Ministero delle Finanze il progetto per l’introduzione di Quarté e Quinté, oltre a quello per il nuovo Totip, che considero importantissimo. Da allora sono passati quasi 7 anni prima che diventassero realtà i primi due. Che sono una carta eccellente ma per ora utilizzata senza una programmazione tecnica adeguata. Poi dal mio punto di vista avrei optato per una scommessa unica, con vincite di seconda e terza categoria per chi indovina il quattro o il tre. Come succede per il SuperEnalotto: se lì funziona, perché l’ippica dovrebbe fare in maniera diversa? Considero poi il Totip una grande risorsa e anzi ne avevo appoggiato il restyling proposto, quello che prevedeva accoppiate secche. Era un sistema che avrebbe potuto prevedere l’abbinamento alle più belle corse della domenica, affiancando una scelta tecnica a un gioco popolare. Ovvero una chiave importante per diventare popolare. Proseguendo così si rischia di perdere il valore di un marchio storico».
In un’intervista dell’estate 2000 disse che si facevano troppe corse. E soprattutto che si facevano corse solo per gli ippici... «Oggi è ancora peggio di allora. Ci sono troppe corse e quasi tutte fatte solo per noi ippici. Bisogna capire che si devono fare le corse per il pubblico, che deve essere al centro dei nostri pensieri. Ognuno deve saper fare un passo indietro, rinunciando a qualcosa per far sl che il sistema funzioni. E qui torniamo alla necessità del dialogo anziché delle urla, all’esigenza di non portare a casa risorse sottraendole ad altri. All’indispensabilità di avere un Governo dell’ippica».

 
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