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La Gazzetta dello Sport: Giuseppe Botti, voglia di giocare in una vera squadra (24.3.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 24/3/2006
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Giuseppe Botti, voglia di giocare in una vera squadra
Il neopresidente degli allenatori galoppo: «Punto all’unità di tutte la categorie e non è sogno irrealizzabile»

MILANO — Gli allenatori del galoppo «targa Unag» — un gruppo di circa 250 professionisti— hanno votato e dalle urne (non si è ripresentato il presidente uscente Bruno Grizzetti dopo 3 anni di leadership) è uscito il nome di Giuseppe Botti. Una sorta di ritorno all’antico se è vero che il 59enne trainer— «decano» di una famiglia di galoppo a tutto campo e con le mostrine di 31 scudetti da trainer assieme al fratello Alduino — fino una decina d’anni orsono il leader dell’Anag, associazione che diede poi vita all’attuale Unione nazionale allevatori galoppo.
Una scelta conservatrice, così almeno sembrerebbe a una prima riflessione. Ma Giuseppe Botti è uomo che la nostra ippica, le sue problematiche, le sue cadute e le sue rinascite conosce assai bene. Dunque, più probabilmente, una scelta di garanzia.
Botti perché i suoi colleghi hanno scelto proprio lei?
«Forse perché ho una lunga esperienza, forse perché vengo da una famiglia che copre tutto l’ampio arco del galoppo in quanto siamo allenatori, fantini, proprietari, manager di noi stessi. E poi, in un momento difficile per l’ippica, si cerca chi sappia guardare con centralità i problemi».
Quale è il suo obiettivo di base?
«Mettere assieme tutte le categorie del galoppo e, in ultima analisi, anche quelle del trotto. Voi direte che è un sogno, invece io credo fermamente a questo processo di aggregazione in quanto il mondo delle corse è uno solo e la sua vera forza è quella di essere solidale. Io non dico che si debba arrivare a una omologazione, anzi ognuno ha il compito di mantenere il suo ruolo ma all’interno di un gruppo coeso».
Il più grave errore degli allenatori?
«Quello generale che ha commesso tutta l’ippica: non aver evitato i danni del personalismo in un momento in cui occorrevano solide ragioni comuni da far valere».
E in cosa ha sbagliato l”Unire? «L’attuale Unire è, per alcuni versi, carente e non tutti i ruoli sono coperti da persone che hanno una conoscenza fattuale del mondo delle corse, ma le va dato atto di aver ereditato una situazione economica complessa, ricca di tanti problemi».
Ora che si deve fare?
«Cercare una strada proprio assieme all’Unire ma non in ordine sparso. Io credo che l’ente che ci governa non potrà ignorare una volontà comune e il peso della vera logica».
Il vostro fronte è attualmente spaccato. La romana Assogaloppo si è mostrata più costante nel lottare e sottolineare gli errori del sistema.
«Io cerco la pace, non le guerre, ma senza cedimenti. E sono aperto a confrontarmi con tutti. In particolare con colleghi che possono non pensarla come me ma hanno i miei stessi problemi e vivono una realtà identica».
Il primo atto da perseguire quale dovrebbe essere?
«Rendersi propositivi verso l’Unire con un documento comune su cui lavorare. Una sorta di ‘carta delle priorità’ dell’ippica. Troppo spesso ci hanno detto che andavano a chiedere senza avere fra le mani un progetto. Ora questo deve nascere e deve essere condiviso. L'Unire non avrà più l'alibi».

Sandro Cepparulo

 
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