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Lo Sportsman: Progetto Tor di Valle (23.3.06)  
Autore: unagt
Pubblicato: 23/3/2006
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PASSATO, PRESENTE E FUTURO DELL’IPPICA NELL’ANALISI E NELLE PROPOSTE DEL PRESIDENTE DELL’UNI
Progetto Tor di Valle

Gaetano Papalia annuncia il prossimo avvio dei lavori per la pista da 1400 metri

La giornata è bella, la primavera è arrivata e il verde che circonda l’ippodromo di Tor di Valle ben si coniuga con l‘azzurro del cielo. Una giornata così stimola la voglia di comunicare e quello che ci accoglie nel suo ufficio è in Gaetano Papalia che ha voglia di parlare di dire la sua a 360 gradi anche a rischio di qualche dornandina un po’ scomoda.
Come giudica il Presidente dell’Unione Nazionale Ippodromi, nonché proprietario di alcuni impianti molto importanti nel panorama ippico nazionale come quelli di Tor di Valle, Agnano e le Mulina l’ultimo periodo vissuto dall’ippica italiana? «Ormai andiamo incontro alle elezioni per cui è giusto tracciare un bilancio. Mi sembra evidente che questo governo dell’ippica abbia privilegiato soprattutto i profili eccnomici andando spesso, magari a discapito degli aspetti tecnici, una condotta che può non trovare tutti d’accordo, sicuramente ha scandalizzato più di qualcuno, ma che ha una sua logica che è quella dei numeri. Il mondo ippico nel passato ha troppo spesso commesso l’errore di considerarsi una “Cittadella” a parte nel contesto socio economico vissuto dal paese. Ciò poteva anche andare bene fino a 7 anni fa quando l’ippica viveva tranquillamente delle proprie risorse. Fino ad allora la rete di accettazione del gioco esterna agli ippodromi contava circa 350 agenzie. Poi ci fu l’allargamento, il bando di gara che fu sbagliato, a mio avviso, nella sostanza. Si scelse infatti di ampliare il numero di agenzie specializzate in una misura che il mercato non era in grado di reggere. Sarebbe stato molto più logico già allora prevedere, come nel modello francese, oltre una decina di migliaia collegati alle ricevitorie, ad alcuni esercizi commerciali dove effettuare poche scommesse basilari, semplici e di impatto popolare e integrare la proposta con circa 500 agenzie specializzate trasformate quasi in una sorta di club dove il cliente è stanziale, si ferma per scommettere, trascorrere la giornata. Per aggiudicarsi lea genzie si è ragionato sulla base di minimi garantiti assolutanente fuori mercato calcolati sugli incassi delle prime 350 che operavano però in un una situazione assai meno concorrenziale e che quindi sono risultati alla fine, in molti casi, irrealizzabili. A tutto ciò va aggiunta la concorrenza portata da altre forme di gioco e dalle scommesse sportive, alla quale il mondo ippico non era preparato e verso la quale non è riuscito a reagire con la sufficiente tempestività. Quindi, per riassumere, la crisi del comparto, è dipesa essenzialmente da tre fattori; 1) Sbilanciamento di natura economica, 2) Tempestività nell’arginare la concorrenza degli altri giochi e scommesse, 3) Un bando di gara per la rete esterna sostanzialmente sbagliato».
L’unico settore che sembra non risentire troppo della crisi è quello dell’allevamento «Si fa un gran parlare di lobby. Ebbene se all’interno dell’ippica ce n’è una, questa è proprio quella formata dagli allevatori. È una categoria assistita in maniera molto pù evidente rispetto a tutte le altre e negli ultimi tempi la qualità, francamente, non sembra aver ripagato gli investimenti fatti. Come dire: dopo Varenne, peraltro allevato almeno a metà coi francesi, il nulla. È un problema che rischia di ripercuotersi su tutti i settori. Abbiamo uno dei montepremi più alti d’Europa, ma che non premia la qualità. Ed è un problema non solo di questi ultimi tempi, ma anche degli anni addietro quando l’ippica era governata dagli ippici. In questo senso siamo carenti anche in altri settori come quello dei centri di allenamento. Ce ne sono pochi e non tutti in grado di assistere al meglio gli allenatori. Gli ippodromi in questo senso sono poco attrezzati. Noi abbiamo una pista dritta, una piscina e delle giostre coperte. Quanti altri ippodromi hanno strutture del genere? Mancando i mezzi poi anche le tecniche di allenamento non progrediscono. Oggi si fa un gran parlare degli allenatori stranieri in attività in Italia, ma fateci caso, sono quelli che lavorano nelle strutture migliori. Saranno bravi, ma sono anche aiutati nel conseguire i risultati e così facendo avranno sempre a disposizione il materiale migliore. È la classica storia del serpente...»
L’Unire intanto tira dritto e ha proposto agli ippodromi un rinnovo di convenzione univoco...
«L’Unire ha portato avanti un percorso che può essere sostanzialmente condiviso. Oggi, purtroppo, per tutta una sommatoria di motivi si va verso la desertificazione degli ippodromi, salvo pochi grandi eventi. L’analisi della Deloitte ha in pratica verificato gli investimenti che sono stati efettuati realmente. L’ippodromo è un luogo che, quando svolge la sua attività primaria deve essere essenzialmente dedicato alle corse, proporre cose diverse non aiuta l’ippica nel senso che se si portano all’ippodromo 10.000 persone per una qualsiasi manifestazione estranea all’ippica, praticamente nessuna di queste tornerà nello stesso luogo per vedere le corse. A questo punto bisogna riflettere su quello che vogliamo fare dei nostri impianti. Abbiamo dimostrato che la passione per l’ippica c’è. Che in occasione di alcuni eventi la gente va all’ippodromo. Con Agnano abbiamo stabilito il record italiano di 24mila spettatori (l’ultimo Lotteria di Varenne n.d.r.) A Roma il giorno dell’ultimo Derby c’erano 8.000 persone, ma è la quotidianità che va rivista».
Sembra che ormai si vada verso un’ippica sempre più televisiva. Eppure altre realtà, specie all’estero, dimostrano che ci sarebbe dello spazio... «Mi sembra che ormai in questo senso la strada sia tracciata nel senso che il progetto dell’Unire preveda una struttura piramidale con tre grandi ippodromi nazionali, Roma, Milano e Napoli dove far confluire la qualità maggiore, una serie di ippodromi di seconda fascia e poi gli impianti tipicamente regionali. Un po’ lo schema francese che, sebbene supportato da una grande presenza dello Stato, sembra aver dato comunque degli ottimi risultati>..
Quando ci fu lo sciopero delle categorie a gennaio, Lei scrisse una lettera aperta esortando al dialogo. Lo rifarebbe? «Si perché sono convinto che quel genere di manifestazione non aiuti a risolvere il problema. lo ritengo che le categorie ippiche e in particolare guidatori e allenatori abbiano bisogno di rinnovarsi nelle loro rappresentanze. Dovrebbero affidarsi a dei manager in grado di supportare le loro istanze con un progetto. Oggi più che altro sembra che siano strumento in mano a personaggi che cercano di accreditarsi come uomini di alternativa all’attuale governo dell’Unire».
A questo punto tramontata, o comunque ferma la situazione Capannelle, sono previsti dei piani di sviluppo per Tor di Valle. «Tanto per dirne una stiamo per dare il via ai lavori per la costruzione della pista da 1400 metri per poter effettuare lo stacco della macchina sulla breve distanza a circa metà dirittura e non in prossimità della curva. Ci sarà poi una racchetta esterna che aiuterà nel lancio e un particolare sistema di ripresa delle immagini che dovrebbe prevedere l’uso di telecamere ad alta definizione e un binario sul quale far scorrere una telecamera all’interno della retta di arrivo».
Poi ci sono lo Yearling club e la scuola Pony... «Quelli sono dei divertimenti che sono diventati impegni seri abbiamo cominciato per gioco e abbiamo migliaia di ragazzi iscritti.
Secondo Gaetano Papalia nell’ippica può cambiare qualcosa, in meglio, nel breve termine? «Stiamo iniziando a vivere una lunga campagna elettorale e ogni affermazione in questo senso rischia di essere fraintesa. lo mi auguro solamente che, a prescindere dalla fazione d’appartenenza, chi governerà l’ippica riscopra la sensibilità tecnica. Il periodo di risanamento lo abbiamo accetato. Ora occorre guardare oltre»

 
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