Cosmos Rob, un record unico
Il colpo di Padova: la quota di 140 a 1 è la più alta in un Gran Premio
— Quasi tutti credono che la sua pista sia Trieste, dove non ha avuto rivali fino a 10 mesi fa, quando ha deciso di prendere al volo l’opportunità offertagli da Fulvio Montipò: gestire il materiale della scuderia Terra Reggiana. Invece, a giudicare dalle ultime magie, l’anello preferito da Roberto Vecchione è quello di Padova: il 12 febbraio ha vinto sei corse su sei, mentre domenica ha colpito duro nel Padovanelle con Cosmos Rob, alla quota-record di 140/1, la più alta in un GP italiano almeno in quest’ultimo decennio, superando successi già sensazionali come quelli della coppia Sole degli Dei-Delizia Pl, entrambi a segno in passato a 112/1. Uno scetticismo al betting, per Cosmos, determinato soprattutto da due fattori: l’aver partecipato, a 7 anni suonati, solo a tre GP (il miglior risultato era il 5° nello Jegher 2004), con la zavorra del numero 12 di avvio, che al Breda equivale a una condanna. «La mossa vincente — attacca Roberto Vecchione — è stata la rinuncia alla partenza, per buttarmi subito in corda. Davanti c’era grande ritmo e piano piano ho scalato le posizioni, fino a trovarmi terzo sull’ultima curva. Lì sono stato bravo ad anticipare Exelon Lb, poi Cosmos ha spiccato il volo: Express Road sembrava imprendibile, io ci ho creduto fino in fondo». Senza considerare le prove a punteggio maggiorato del Campionato guidatori di Montegiorgio, la cui classifica finale è stata vinta da Vecchione nel 2004, quello di domenica è stato l’8° gran premio conquistato in carriera dal driver campano. Il primo l’aveva centrato nel Città di Padova del 2000 (con Zorilla Jet), mentre l’ultimo risaliva al febbraio 2005 (Andreani ad Aversa con Ellymay). Un exploit che potrebbe avere il sapore della svolta. «Da circa 10 mesi — conclude Vecchione — mi sono trasferito a Gorganza, nel centro di Fulvio Montipò. I frutti del mio lavoro, spero, si cominceranno a vedere con i puledri della lettera “I”, che debutteranno a luglio. Ho lasciato Trieste perché è una piazza decentrata e poi non avevo più molti stimoli. Ci torno ogni tanto, perché lì ho in allenamento una quindicina di cavalli, ma ho deciso di guardarmi un po’ in giro per crescere. Sono convinto di saper guidare e credo di aver sfruttato le poche opportunità che ho avuto finora nei gran premi. Però non basta: sono ambizioso e vorrei lasciare un segno indelebile in questo sport». Matteo Pierelli
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