Perchè la manifestazione del 15 marzo 2005?

Data 14/3/2005 20:15:41 | Argomento: 

Tutti in piazza per passione e sopravvivenza.
Le categorie ippiche, le Società di Corse, i Lavoratori e gli aderenti alle Associazioni firmatarie, partecipando alla manifestazione intendono denunciare lo stato di grande crisi economica e gestionale in cui versa l’ippica italiana che si è tradotto in una insostenibile diminuzione del montepremi unica risorsa economica per buona parte degli operatori del settore.

L’U.N.I.R.E., con l’incomprensibile appoggio del Ministro Alemanno, ha deciso di porre rimedio agli squilibri economici determinati dall’irresponsabile abbuono di 230 milioni di euro ai gestori della rete di raccolta delle scommesse (legge 200) con un programma di ristrutturazione deleterio ed insopportabile perché gestito da incompetenti che non cercano la responsabile condivisione e collaborazione di tutte le componenti del settore, ma che impongono decisioni dall’alto, perseguendo la sistematica divisione e contrapposizione di chiunque esprima una naturale opposizione, e distribuendo favoritismi e penalizzazioni ingiustificati a regioni , categorie , operatori, ippodromi.

Sbandierando la ricerca di redditività ed efficienza, si fanno scelte tecniche assurde ed ingiustificate (orari, calendari, n. di corse per giornate), producendo risultati deleteri che minano la qualità del prodotto corse offerto al mercato che creano inaccettabili discussioni nella stessa distribuzione del monte premi, e che stanno portando alla deriva il settore. Nonostante i risultati in termini di raccolta del primo bimestre dell’anno siano già pesantemente negativi, totalmente sordi alle denunce della stampa specializzata e dei tecnici del settore, gli uomini del U.N.I.R.E. insistono su decisioni sbagliate che incideranno ancor più pesantemente sul 2° semestre, con un ulteriore diminuzione del montepremi.

Si cerca di modificare situazioni locali consolidate nel tempo dalla tradizione e dalla concentrazione di cavalli e operatori ippici, convinti che il potere e la determinazione nell’ usarlo possa modificare il tessuto sociale ippico delle varie regioni del paese. I tagli autoritari e “mirati” al montepremi sono ispirati ad una logica di appiattimento che non considera ed umilia piazze di tradizione, livello qualitativo e forte radicamento sul territorio.

Si intenderebbe cancellare 8.000 corse e chiudere 15 Ippodromi (più di un terzo dell’attività ippica) senza avere un preventivo aperto confronto con tutti per decidere l’entità del sacrificio, se è veramente necessario, la sua tempistica e modalità di attuazione per predisporre gli eventuali ammortizzatori, anche con l’accordo delle organizzazioni sindacali.

Si cela l’incompetenza tecnica della struttura che favorisce situazioni di ambiguità che penalizzano l’immagine del prodotto ippica e ne riducono la credibilità.

Si minimizza di fronte alla totale mancanza di trasparenza amministrativa dell’U.N.I.R.E., che non fornisce agli operatori alcuna documentazione della propria attività deliberativa, presenta i propri bilanci con ingiustificati ritardi e con pratiche “anomale”, come esposto nella relazione del sindaci al bilancio preventivo 2005.

Anche la convenzione con le Società di corse in fase di programmazione è predisposta dall’U.N.I.R.E., senza alcuna chiarezza e trasparenza, doverosa per un Ente pubblico giustificando tale strumentale atteggiamento con il grottesco rispetto della privacy. La reale intenzione è invece l’imporre tale convenzione facendo affidamento sul consenso degli Ippodromi che vengono giustamente o ingiustamente avvantaggiati, assai spesso per motivi clientelari che non tengono in alcun conto del livello qualitativo degli impianti, dell’occupazione e del radicamento storico sociale delle singole realtà.

Ma lo scenario a cui andiamo incontro è totalmente nero, anche per chi è momentaneamente privilegiato, si possono anche far quadrare i numeri riducendo in maniera arbitraria montepremi ed erogazioni alle componenti produttive dell’ippica, ma quando si tratta di promuovere e sviluppare il settore emerge la colpevole demagogia nel non essere in grado di produrre un piano di programmazione tecnica e di strategia di sviluppo commerciale credibile e condiviso con la maggioranza degli operatori del settore.

Comitato di crisi



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