La stangata coperta prima dallo scambio poi smascherata dalla legge

Data 18/1/2005 20:31:32 | Argomento: 

Le mezze verità della politica.
L’adozione delle misure proposte di un diverso inquadramento del personale ippico, dalla categoria dei lavoratori dello spettacolo a quella del settore agricolo costituisce una sorta di parziale compensazione della diminuzione del montepremi (che diventa quindi una realtà intangibile ed immodificabile, base anche per il futuro) minimo del 10 %, con il vantaggio derivante agli operatori ippici (o meglio, ad alcuni operatori ippici, perché come al solito i fruitori sono i più ricchi), del passaggio dei lavoratori dell’ippica dal comparto dello spettacolo a quello dell’agricoltura.
Ma ci si domanda:
cosa c’entra la diminuzione del montepremi con il riconoscimento di un diritto, quale quello di vedere inquadrati i lavoratori ippici nel settore agricolo?
Forse per avere il riconoscimento di un diritto, occorre pagare di tasca propria?
E cosa ne pensano, poi, i lavoratori interessati ed i loro sindacati (ma qualcuno li ha interpellati?), di un simile transito, che, forse e senza forse, ha riflessi negativi sul trattamento economico, normativo e previdenziale (salvi i diritti quesiti)?
Il baratto fra transito nel settore agricolo e diminuzione del montepremi si propone su piani asimmetrici. Diminuire il montepremi costituisce la mortificazione di un prodotto costruito e confezionato dalle categorie, che producono un giro di affari di milioni di euro, senza alcun intervento strutturale sull’UNIRE, sulla sua politica, sulla sua competenza tecnica, e senza un programma, una pianificazione seria per il rilancio del settore ippico: ad onta dei suggerimenti e delle proposte, avanzate anche in forma scritta, per una programmazione seria, dalle categorie (altro che mancanza di propositività!). In sostanza, si prende atto del fallimento della strategia (ma ne esiste una?) dell’UNIRE, e, anziché intervenire per ovviare alle colossali lacune, si consolida e legittima il fallimento, lasciando le cose come stanno e diminuendo il montepremi. E’ un concetto di anti-imprenditorialità ed anti-managerialità. E la magnanima concessione di far pagare meno contributi, che peraltro fa comodo ad allenatori e proprietari ed a tutto il settore, non potrà mai essere messa in diretta correlazione con la diminuzione del montepremi.
Fermo restando che, trattandosi nella specie di un inquadramento che necessita di un intervento normativo, la pratica realizzazione ha tempi assai lunghi. Per quanto pochi mesi (o anni) dovessero mai occorrere, anche questo vantaggio rimane quindi solo virtuale.
E allora, ecco sorgere spontanea la domanda: quanto diminuirà il montepremi nei prossimi mesi? Chi paga le conseguenze di una politica e di una tecnica ippica sbagliata?
Premesso la necessità di una volontà politica, di una concertazione tra i Ministeri delle Politiche Agricole e delle Finanze, altra cosa sarebbe ridurre l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto che grava su l’Unire nella remunerazione delle società di corse per :

1. L’utilizzo delle immagini televisive ai fini della raccolta delle scommesse esterne;

2. La gestione ed il miglioramento degli impianti e dei servizi relativi all’organizzazione delle corse e dei campi di allenamento (diviso in remunerazione diretta ed indiretta).

Per i servizi di cui sopra l’Unire sostiene un costo (l’iva è non detraibile in quanto Ente pubblico con scopi istituzionali ) di complessivi euro [/b]19.083.334 (20% di euro [b]114.500.000 come previsti dalla somma dei capitoli 1.04.87.0 – 88.0 del bilancio di previsione 2004). Ora (ma l’argomento esula completamente dal passaggio dal settore dello spettacolo a quello agricolo), se, per effetto di un Decreto Legge ad hoc, l’aliquota iva passasse dal 20% al 10% l’Ente, come da tempo auspicato anche per iscritto dagli operatori ippici, registrerebbe relativamente alle voci di bilancio sopra indicate, un minor costo di euro 9.541.667 da destinare a montepremi. Non si risolverebbero tutti i problemi finanziari, ma sicuramente l’impostazione rivelerebbe una volontà manageriale di risanamento. Per quanto riguarda l’iva applicata sui premi corrisposti a proprietari o gestori di almeno 5 cavalli da corsa impegnati in competizioni organizzate dall’Unire, secondo quanto previsto dall’art. 44 della L. 342/2000 l’aliquota ammonta al 10%. Da calcoli comprovati, l’Ente sborsa euro 37.000 per ogni 1.300.000 euro di montepremi pagato. Il che, su un totale di euro 257.436.430 equivale a corrispondere un somma di 7.363.000 euro. Nell’ipotesi di un’eventuale e improbabile dimezzamento dell’aliquota si avrebbe un risparmio di euro 3.681.500 che sommati ai 9.541.667 danno un totale di 13.223.167, a cui si potrebbe aggiungere un contributo istituzionale e conseguire l’obiettivo (considerando gli effetti dell’ ottimizzazione del bilancio e le ulteriori entrate derivanti dalla nuova scommessa prevista dalla legge finanziaria) di un mantenimento del montepremi.
Questa proposta è un valido strumento per risanare il bilancio dell’Unire e una dimostrazione di buona volontà per far si che un errore dello Stato (decurtazione ai concessionari dei minimi garantiti dovuti per legge ) non si trasformi nell’ennesimo inadempimento di obblighi altrui sulle spalle degli operatori ippici, magari con il benestare compiacente di qualche fedele servitore e incensatore di turno.
Intanto sembra che al 10 per cento di diminuzione annunciato dal Ministro debba aggiungersi un taglio delle corse secondo gli strampalati criteri di redditività proposti -imposti dall’Unire e mai accettati dalle categorie
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Presidente Unagt
  Enrico Dall’Olio

Consulenza fiscale: dott.sa Emanuela Ricci (dottore commercialista, revisore contabile)




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