UNA DIFESA AI NOSTRI DIRITTI
Non posso esimermi dal replicare agli articoli apparsi sui giornali "Libero", "Il Giornale" e "La Padania", a firma Franco Fabbri (e Sandro Viani). Il decano nocchiero degli allevatori contesta le basi programmatiche UNIRE in materia di assistenza e previdenza di allenatori, guidatori, fantini; esprime sdegno per l'abnorme aumento ipotizzato per la cassa pensioni, e ancora più sdegno per il "ripensamento" consistito nella sostituzione dell'abnorme aumento, con una previsione di percentuale a favore della Cassa nella tabella distributiva del montepremi. Esprime preoccupazione sulla conformità del tutto con la vigente disciplina di legge (legge 66/92 combinata con l'art. 3 della legge 315/42), ed al trattamento fiscale, che, a suo avviso escluderebbe la possibilità di assegnare somme di montepremi a soggetti che non sono allevatori e proprietari.
Ora, questo attacco da parte degli allevatori ad allenatori e guidatori è a)fuori luogo, perché è esercitato contro gli operatori ippici che hanno solo subito la crisi determinata da altri, e che costituiscono categoria economicamente più debole, pur essendo quella che scende in pista, senza la quale le corse e tutta la filiera si fermerebbe; b)completamente infondato, perché motivato con argomentazioni che evocano zone archeologiche del nostro diritto; c)provocatorio, perché si duole di quella che è una evoluzione doverosa dei processi sociali e normativi,ma pretende di conservare la certezza statica di privilegi da vecchi schemi. Del tutto velleitario è poi il tentativo di invocare la legge: la normativa non si è fermata al 1942; basta leggere il DDL 449/99 (art. 2 n.2) e lo statuto UNIRE (art.2 lettera m) per rendersi conto che l'Ente è tenuto, per legge, ad assumere iniziative previdenziali ed assistenziali, in favore dei lavoratori dell'ippica, dei fantini, guidatori, allenatori ed artieri, che, quindi, possono anche consistere in riserve in percentuale sul montepremi. Un attacco inutile e provocatorio dunque; eppure le categorie degli allenatori e guidatori non si sono ribellati, ma a questo punto occorre prendere atto che si è trattato di un errore, all'esproprio del montepremi per effetto dei provvedimenti sull'enucleazione delle fattrici, sul piano provvidenze che costa un patrimonio a tutta l'ippica, sulla conservazione del premio aggiunto solo agli allevatori, sulla esclusione delle percentuali allenatori alle aste, sulla conservazione di quel mostro giuridico confezionato con l'art.19 del Regolamento, che riserva il 20% di tutti i premi, a vita, agli allevatori, anzi all'Anact; per non parlare di fenomeni strani ancora da decifrare e da accertare sull'italianità di certi cavalli. Allenatori a guidatori non solo non hanno polemizzato, ma anzi non hanno accettato persino la riduzione dei compensi tris, rinunciando a competenze acquisite, pur di destinare le risorse (magari derivanti proprio da quel risparmio) per assicurare la dignità di una pensione non da fame.
L'attacco è dunque non solo fuori luogo, infondato, ed inutile, ma anche, almeno all'apparenza (perché evidentemente un movente deve pur esserci), incomprensibile. L'indiscusso altro profilo del dott. Fabbri impedisce di pensare ad una iniziativa per infierire contro una categoria che, con la diminuzione del 30% delle corse, è destinata ad una corrispondente proporzionale diminuzione del 30% degli iscritti.
Ma se la volontà è quella di togliere tutto ai poveri per l'opulenza dei ricchi, gli allenatori e guidatori sono anche pronti ad un confronto: ma allora si riveda tutto il sistema, compresa l'area riservata ad incrollabili privilegi degli allevatori; si rivedano, pubblicamente, i numeri dei privilegi assegnati quali irriducibili postulati agli allevatori, i quali in tempi di crisi hanno avuto ulteriori incrementi di denaro pubblico; si riveda e si riequilibri la distribuzione di risorse e i sacrifici; verifica che allenatori e guidatori sono pronti ad affrontare in tutte le opportune sedi amministrative, giudiziarie, contabili, sociali e di tutela dell'interesse collettivo, pronti anche a scendere in piazza: meglio dissolversi combattendo piuttosto che prigionieri degli allevatori. Ma non era pù opportuno, ed anzi, non è forse più opportuno cercare di convogliare le forze per uscire dalla crisi ippica, contrastando chi sfrutta il sistema delle scommesse e chi determina gli enormi sprechi, anzichè giocare al massacro contro i poveri?
Il Presidente A.G.I.T. Enrico Dall’Olio
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