Ecco cosa c’è dietro tutto il movimento dell’ultimo CdA.

Nessuna fantapolitica, né ipotesi dettate dal pessimismo a cui l’Unire ci ha abituato. Purtroppo era tutto vero. La riunione lampo del dimissionario CdA dell’Unire, fissata per il 9 luglio, rappresenta proprio una finestra aperta per far passare le temute “personalizzazioni”. In cambio, gli ippodromi “graziati” acconsentirebbero a transare, secondo fonti Unire, il fondo investimenti 2000 da 54 a 34 milioni, recuperando 20 milioni a montepremi che così verrebbe diminuito solo di qualche milione di euro. Per questo Uni, Federippodromi e Trenno si riuniscono domani. Il tentativo è quello di presentare un documento che possa convincere definitivamente il Cda a deliberare i contributi a favore solo di 6 ippodromi (San Siro Trotto e galoppo, Tor Di Valle, Capannelle, Agnano trotto e galoppo). In pratica per mantenere il montepremi, vero motore di tutta l’ippica, bisognerebbe “offrire un presente” da 10,5 milioni a persone che, tra l’altro, in qualche caso non pagano nemmeno i contributi ai propri dipendenti da anni, come risulta dai bilanci di Ippodromi & Città. Unico spunto positivo di tutta la faccenda, se può consolare, è che proprio quei dipendenti, ora, potrebbero tirare un sospiro di sollievo se l’operazione andrà a buon fine: il loro stipendio sarà assicurato. Peccato che a farlo non saranno i risultati di una buona gestione, bensì l’erario con le tanto sospirate personalizzazioni. Non c’è niente da fare, la tanto attesa sterzata non c’è stata. Anzi, se possibile, si è tornati indietro di mesi. Il montepremi è tornato ballerino, come se per legge non dovesse essere considerato voce stabile di bilancio. E a decidere musica e ritmo non è la gente dell’ippica ma i soliti noti che si fanno spudoratamente gli affari loro. Nessuno ormai sembra fare più caso all’articolo 12 del Dpr 169/98 secondo cui Mipaf e Ministero delle Finanze di concerto devono destinare all’Unire quote di prelievo sull’introito lordo delle scommesse al fine di garantire il montepremi e non per sostenere società di corse e manager che non sanno fare il loro mestiere mettendo a rischio le loro aziende e tutto il “sistema ippica”. Ogni tanto cambiano nomi e volti. Ma il modo di ragionare e di risolvere i problemi da parte di Unire e società di corse (con il tacito e colpevole silenzio delle categorie) è sempre quello. Quello che ha portato il settore sull’orlo del baratro, alimentando assistenzialismo ed escludendo ogni criterio meritocratico. Si è creata una filiera di dirigenti incapaci all’Unire e alle società di corse, di falsi proprietari, falsi allevatori, falsi allenatori che ha contribuito a far perdere il significato di professionalità a ogni componente dell’ippica, portando allo sfascio tecnico e amministrativo e al degrado che è sotto gli occhi di tutti.Avevamo appoggiato la candidatura di Guido Melzi all’Unire per un’inversione di rotta, non perché si confondesse con una struttura che tutto ha a cuore fuorché l’ippica. Perché si ostina a rimanere all’Unire se, come dice, non è in grado di dare una sterzata a una barca che fa acqua da tutte le parti? Un’ultima annotazione. Come la metteranno Uni, Federippodromi e Trenno con l’Ani che non sembra intenzionata a sottoscrivere questo ennesimo tentativo di saccheggio alle casse dello Stato? PROPRIETARI E ALLENATORI IN SCIOPERO: SI PARTE DA CESENA
Proprietari e allenatori sul piede di guerra. Personalizzazioni, premi in ritardo, Unire inesistente, doping con regole ancora da definire sono solo alcuni dei nodi da risolvere. In assenza di risposte chiare e soprattutto di fatti che possano restituire un po’ di tranquillità e di dignità, da lunedì prossimo astensione dei partenti. Si parte da Cesena.G.R.
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