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 : I nomi degli ippodromi in procinto di chiudere i battenti
Inviato da unagt il 18/12/2004 20:13:12 (1197 letture)

Come l'Unire vorrebbe mutare la mappa degli ippodromi italiani

10-12 sembrerebbero i nomi degli ippodromi inseriti nella lista "nera" dell'Unire, custodita, da indescrete voci, in una valigetta il cui codice "rosso" è conosciuto solo all'enigmatico Segretario Panzironi e da una fida "velina". Sono questi gli impianti che non sarebbero in possesso delle "Prescrizioni tecniche minime", di cui alle delibere n. 6 dell'1.07.04 (clicca qui) e n.16 del 29.7.04 (clicca qui).
Sarebbero "fuorilegge":

1. Per il trotto: Civitanova Marche, Ravenna, Ferrara, Pontecagnano, Firenze trotto (in attesa di essere riprogettato e realizzato all'interno dell'ippodromo di galoppo), Trieste e Albenga, per il quale, però, i convegni di trotto sarebbero sostituiti da altrettanti di galoppo, così come per l'ippodromo "Mediterraneo" di Siracusa;

2. Per il galoppo: Novi Ligure, Capalbio, Sassari, Lanciano, Siena, Anguillara.

Non crediamo sia possibile far dismettere l'attività a impianti come Firenze e Trieste, parti integranti della storia e del patrimonio ippico, ed anche agli altri senza debito preavviso. E lasciarne in piedi, invece, altri ancora che, magari, non hanno veramente strutture adeguate e valido indotto di proprietari, allenatori, allevatori. E con quali criteri l'Unire vorrebbe chiudere gli ippodromi soprammenzionati? Non certo con i parametri descritti nei succitati atti amministrativi, che appaiono come un'accozzaglia di dati mal assemblati copiati qua e là da documenti formulati dall'ex Encat o da studi privati consegnati all'Unire e anche dal sottoscritto. Quanto affermato non è una polemica gratuita, ma è suffragato dalla lettura dei testi soprammenzionati.

Infatti i parametri individuati forniscono uno standard completamente al di fuori dell’attuale situazione italiana tanto che nessuno degli impianti in attività possiede i requisiti richiesti. I parametri di riferimento a suo tempo individuati nella circolare n° 60/99 del 8 ottobre 1999 emanata dall’Encat (ora Unire Area Trotto) risultavano di fatto molto più attendibili ed efficaci degli attuali. Nella circolare 60/99 i parametri erano stati individuati innanzitutto in modo più dettagliato e congruo con tre livelli di impianti: A, B1 e B2 cui venivano aggiunte altre due tipologie a scopo di esaminare casi particolari (ippodromi di tipo C e D); tale impostazione sebbene più articolata aveva comunque il pregio di avvicinarsi di più alla realtà nazionale rendendo più agevoli e reali le verifiche degli incaricati di cui si parla nelle lettera di accompagnamento e già in corso di svolgimento.
L’attuale stesura prevede in alcuni casi criteri in modo eccessivamente definito e superfluo in altri risulta lacunosa e insufficiente. In particolare, per quanto riguarda il trotto, in merito ai parcheggi è previsto un numero di posti macchina fin troppo elevato (3000) rispetto alle usuali esigenze e possibilità degli impianti in funzione, basti pensare alle presenze, in genere, di solo qualche centinaio di spettatori durante i convegni o alla reale impossibilità di realizzare nuovi parcheggi nella maggior parte degli impianti in funzione; a una specifica estremamente dettagliata del fotofinish che risulta appartenere più alla scheda tecnica di un preventivo di offerta che non ad un criterio standard di utilizzazione, il fissare fin troppi legami non strettamente fisico-tecnici comporta vincoli di evoluzione tecnica in quanto gli stessi risultati potrebbero essere raggiunti in un futuro prossimo anche con apparecchiature di tecnologia diversa da quella indicata.
Relativamente all’impianto di illuminazione va precisato che il livello di illuminamento prescritto, sebbene condivisibile è strettamente collegato alle esigenze dell’impianto di ripresa televisiva che richiede, viste le continue evoluzione tecnologiche, livelli di illuminamento inferiori a quelli di qualche anno fa. Nello specifico l’aggiunta del tipo di corpi illuminanti “proiettori con lampade a ioduri metallici da 2000W ad arco corto …. ” nella formulazione della deliberazione n° 16 del 29 luglio 2004 risulta anche in questo caso eccessiva e limitativa, perché il livello di illuminamento fissato potrebbe essere raggiunto anche con proiettori di tipo diverso, non ultime nuove tipologie di prossima immissione sul mercato. Molto più correttamente sarebbe stato necessario indicare la temperatura di emissione delle lampade da cui deriva il “colore” della luce, fondamentale per le riprese televisive, come peraltro indicato a suo tempo nei criteri della circolare n° 60/99.
L’aspetto più eclatante della sopra citata confusa raccolta di prescrizioni, fin troppo spesso scritte senza senso logico, si raggiunge nella stesura che riguarda le piste: nella deliberazione n° 6 si prescrive “idonea racchetta rapportata alla lunghezza della pista autorizzata, (minimo pista dritta mt. 800)” versione poi corretta nella deliberazione n° 16 in “idonea racchetta rapportata alla lunghezza della pista autorizzata; minimo pista dritta m. 800;” fermo restando che l’unità di misura metri andrebbe individuata sempre con la sola “m”, minuscola e senza punto, non si comprende cosa si intenda per minimo pista dritta m 800, se cioè tale lunghezza sia quella del ramo di racchetta esterno all’anello, se sia la lunghezza complessiva o cos’altro. Non appare inoltre comprensibile cosa debba intendersi per “curve aventi il raggio di curvatura tecnicamente realizzabile con il sistema clotoidico” poiché l’introduzione di un arco di clotoide fra un rettilineo ed una curva circolare è sempre possibile, quello che viene meno è che ciò possa essere fatto raggiungendo lo scopo di limitare il disagio creato dalla spinta centrifuga nelle curve. Più propriamente andrebbero fissati degli intervalli dimensionali (es: raggio minimo) ritenuti ottimali per la meccanica del cavallo in funzione dello sviluppo dell’anello della pista. Altro elemento non opportunamente definito è la larghezza minima della pista, introdotta nella “correzione” della deliberazione n° 16, ma di fatto insufficiente visto che in dirittura la larghezza indicata di soli 20 metri è inferiore a quanto prescritto in precedenza, per le partenze con in nastri e comunque valore insufficiente tenuto anche conto che le sole “ali” dell’autostart occupano fisicamente 16 metri, cui vanno aggiunti i franchi laterali liberi e la controtendenza della pista non utilizzabile.
Anche nel caso della pendenza trasversale della pista la limitazione dal 3% al 12% appare limitativa in quanto tale parametro dipende dal raggio di curvatura e da altre caratteristiche tecniche e geometriche del tracciato di gara, basti pensare che la pista di Solvalla, in Svezia, considerata comunemente il chilometro più qualitativo in Europa, risulterebbe fuori norma per eccessiva pendenza in curva. Infine l’ultima frase riguardante le piste da corsa “Paletti: distanziati di m. 8/19, a m. 7 dal ciglio interno della pista da corsa, alti cm 45/60.” appare un pessimo esempio di “copia ed incolla” poiché i “m. 7 dal ciglio interno della pista da corsa,” nella stesura della circolare n° 60 riguardava gli ostacoli fissi interni alla pista letteralmente “Ostacoli fissi a ml 7 dal ciglio interno della pista da corsa” (per Ippodromi di tipo B1), cosa valida ed opportuna poiché i pali di illuminazione o altri ostacoli simili possono costituire pericolo per cavalli e guidatori; andrebbe comunque precisato se in tale distanza deve essere compresa anche la larghezza della corsia di fuga.
Ulteriore errore madornale è quello dell’indicazione delle dimensioni del tondino di pre-corsa, sempre per il trotto, individuato in “600 mq”. Sempre nella circolare n° 60/99 era stato individuato invece in “Lunghezza ml. 600 e larghezza 5 ml.”; cosa ben diversa poiché si sono confusi metri lineari con metri quadrati e ciò comporterebbe una superficie di almeno 3000 mq anziché 600 mq.Probabilmente chi ha formulato le norme ha pensato erroneamente che il tondino del trotto potesse essere paragonato a quello del galoppo.
Da ultimo si insiste nel prevedere l’innaffiamento automatico delle piste del trotto quando è risaputo in tutto il mondo che l’innaffiamento delle piste del trotto può essere fatto esclusivamente con autobotti, affinché si possano ottenere risultati efficaci durante tutto l’arco dell’anno e durante le riunioni di corse: ve lo immaginate un impianto di irrigazione che debba essere messo in funzione mentre sgambano i cavalli in pista durante un convegno? O si limita la possibilità di sgambare fra una corsa e l’altra o si rischia di far fare una doccia inaspettata a qualche guidatore. Una grave carenza è invece quella di non aver per nulla citato le attrezzatura necessaria per una efficiente manutenzione della pista, fondamentale per garantire il benessere animale e un adeguato livello di agonismo. Nella precedente circolare erano stati previsti “mezzi e sistemi di manutenzione adeguati e programmati ”. Quest’ultima carenza è strettamente collegata alla completa omissione delle caratteristiche minime del fondo della pista, estremamente indispensabili al fine di poter garantire lo svolgimento delle corse soprattutto nel periodo invernale. Sono stati più che numerosi i casi in cui si è dovuto rinviare le gare per un semplice acquazzone. Sebbene sia utile lasciare libertà alle singole società di corse di utilizzare i materiali a loro più convenienti e facilmente reperibili risulta indispensabile prescrivere che il fondo della pista da corsa garantisca un adeguato drenaggio o scorrimento dell’acqua piovana, che in condizioni di pioggia sia limitata al massimo la formazione di fanghiglia o il trascinamento della sabbia superficiale con problemi di omogeneità del fondo di gara.
Quanto sopra esposto rappresenta, come anticipato all’inizio, solo una parte, in particolare relativa al trotto, dei numerosi errori e lacune presenti nelle prescrizioni tecniche allegate alla delibere tanto da rendere le stesse formalmente inapplicabili.
Inoltre entrando nello specifico di ogni singola realtà, in linea con una non più rinviabile valutazione degli ippodromi, è necessario attribuire ad ogni impianto un proprio ruolo o fascia funzionale e solo allora definire le “prescrizioni minime” di ogni impianto, precisando le “diversità” che non riguarderanno tanto l’obbligo o meno di determinate attrezzature e strutture, ma il loro dimensionamento e le loro caratteristiche tecniche (tribuna da 1500 posti a sedere, o il dimensionamento del parcheggio su 3000 autovetture costituiscono indicazioni ben poco praticabili nella situazione attuale degli ippodromi italiani). E’ indiscusso che l’esistente rete di ippodromi italiani necessita di opere di risamento e di miglioramento, ma la diversa conformazione strutturale e ambientale di ognuno di essi richiede un singolo approccio di ristrutturazione interna piuttosto che la generalizzata attuazione di uno standard o di quella prescrizione. Restando beninteso condivisibile l’affermazione del documento secondo la quale debbano essere esclusi dalla licenza “a correre” tutti quegli impianti che, pure in rapporto alla loro specificità, non garantiscono le condizioni di un corretto svolgimento delle corse, di un adeguata funzionalità ed ospitalià delle scuderie, di un minimo di accoglienza e confort per gli spettatori.

Direttore Tecnico UNAGT
    Maurizio Mattii

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