Senza contributi statali l’Unire deve definire i rapporti con ippodromi e Sogei.

Elezioni Anact: è partito il conto alla rovescia. Due le liste in corsa, due i programmi, con il secondo (lista Targioni) in gran parte condivisibile, in grado di proporre un inizio di un piano di rilancio.
Entrambi, però, con il medesimo peccato originale. Tutti e due, infatti, formulano il proposito di difendere e incrementare il montepremi.
Ci sembra una bella idea. Siamo stati i primi a difendere il montepremi quando ce n’è stato bisogno e non si poteva. Nel 2004 eravamo soli a manifestare davanti al Mipaf e il giorno dopo l’Anact e di Cazzaniga e Fabbri non esitò a sparaci contro sui quotidiani specializzati, soccorrendo l’Unire di Panzironi, favorevole più agli interessi delle agenzie ippiche che all’ippica.
Ma ora la realtà è diversa. I numeri sono diversi.
Soprattutto quelli dei contributi statali. Per questo ci chiediamo: come intende l’Anact difendere il montepremi? Dove li andrebbe a prendere i soldi?
A parole è sempre tutto semplice. Tra qualche giorno l’Unire dovrebbe ufficializzare il bilancio preventivo 2008 e, con esso, il montepremi per il prossimo anno. Nel 2008, poi, il bilancio usufruirà di 36 milioni di contributi statali in meno (19 del cosiddetto contributo Masini + 15 stanziati eccezionalmente per il 2007 dal Mipaf).
Sommessamente, un suggerimento. Soltanto la ridefinizione dei debiti con le società di corse per il fondo investimenti 2000 e con Sogei per “impianto ed esercizio del totalizzatore nazionale” (appostati nel bilancio preventivo 2007, rispettivamente, per 55 e 34 milioni di euro), potranno consentire all’Unire di mantenere inalterato il montepremi e chiudere il bilancio in pareggio.
E per di più a fine anno chiuderà la vecchia rete per la raccolta della tris e la nuova è in notevole ritardo con l’apertura dei punti vendita. Altro che difesa del montepremi.
I numeri sono questi e con la matematica non si discute.
E’ ora che l’ippica faccia fronte comune per far rispettare a Mipaf e Unire la disciplina di legge che pone il montepremi quale voce stabile e non residuale del bilancio, il perseguimento dei fini istituzionali dell’Ente e della concreta manageralizzazione della gestione (che deve tendere all’esaltazione dello spettacolo ippico, per allargare la filiera di allevatori, proprietari, allenatori e guidatori e, di conseguenza, aumentare scommesse e posti di lavoro), comunque permeata alla massima trasparenza economica e tecnica.
Oggi invece la voce montepremi, grazie al disinteresse della maggior parte delle categorie e all’operato dell’Unire di Panzironi è ancora, contro legge, una delle poche residuali dei bilanci dell'ente. Con direttori amministrativi e dirigenti che si sono battuti (infischiandosene di chi li mantiene) per ridurla a 175 anche nel 2007. Proprio una bella prospettiva.
Ma tutto questo non ci stupisce. Molti operatori, strumentalmente, in passato erano impegnati a combattere lotte interne, a difesa solo dei propri interessi (contro quelli dell’ippica) e non hanno avuto il tempo di informarsi su come stanno realmente le cose.
Ma è arrivata l’ora di voltare pagina, di scendere sulla terra e occuparsi dei problemi della gente, facendo i conti con il denaro che è a disposizione. E non, come al solito, con quello che in un modo o nell’altro si pensa possa cadere miracolosamente dal cielo.
Gli operatori se lo aspettano, l’ippica tutta se lo aspetta. Ed è a loro che si deve rispetto, prima di tutto.INFINITIF: IL SILENZIO DELL’UNIRE DIVENTA IMBARAZZANTE
Caso Infinitif: dall’Unire nessuna nuova. Non ci dubbi sulla nazionalità del campione che ha vinto il Derby 2007: una gara riservata esclusivamente a cavalli italiani. Non è italiano.
E il silenzio, su una vicenda che ha suscitato fin troppo clamore, sta diventando imbarazzante.
Imbarazzante per chi conosce tutta la vicenda e sa che la verità è scritta a chiare lettere nei documenti in possesso dell’ente. Basta leggere. E anche per chi ne ha solo sentito parlare.
Perché getta discredito su tutto l’ambiente. Un problema di facilissima soluzione sta diventando, col passare delle settimane, un caso nazionale. Anzi, internazionale.
E non si comprende perché non si voglia prendere in mano la situazione e risolverla con tutti gli strumenti che offrono leggi e regolamenti.
Il tempo, in questi casi, può solo peggiorare le cose creando zone d’ombra, che altrimenti non avrebbero ragione di esistere.
AVERSA: IL VERTICE ALLA CASERMA DEI CARABINIERI
Non più al Mipaf l’incontro con gli operatori per l’allarme camorra.
Resta fissato per domani l’incontro tra proprietari, allenatori, Saita, Unire e forze dell’ordine. Ma cambia la sede.
Non più presso il ministero delle politiche agricole e forestale. Bensì, alle 10.00 dai Carabinieri del Mipaf.
Al centro della delicata riunione c’è l’allarme camorra, che nelle ultime settimane ha assunto sempre più i caratteri dell’emergenza. Il cambio della sede, probabilmente, è stato dettato da ragioni di sicurezza: quella stessa sicurezza che gli operatori chiedono per sé e per le proprie famiglie tutti i giorni, per poter continuare a svolgere serenamente il proprio lavoro all’interno dell’ippodromo.
Ricatti, minacce e perfino pestaggi, rivolti a chi si rifiutava di sottostare alle regole della malavita, avevano infatti costretto le categorie a bloccare le corse.
Le gare potrebbero riprendere già da mercoledì. Si spera, infatti, che il tavolo di domani riconsegni quella tranquillità e quella sicurezza indispensabili per tornare al lavoro.
E, anche, che l’Unire sostenga con tutte le sue forze le persone in difficoltà mettendo fine a un immobilismo (giuria fortemente contestata) che, in situazioni come questa, rischia di trasformarsi in complicità.
G.R.