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Unagt : Tg Comitato 23.10.07: anemia infettiva: il vero vaccino e’ la competenza
Inviato da unagt il 23/10/2007 22:52:00 (1020 letture)

La legge è chiara, ma non per tutti. Veterinari nell’occhio del ciclone.

                         

             



Con ordinanza del 14.11.06 il Ministero della Salute ha ritenuto necessario adottare un piano urgente e straordinario di sorveglianza dell’anemia infettiva degli equidi.
Con tale disposizione – commi 4 e 5 - si ordina il controllo sierologico, entro quattro mesi dell’entrata in vigore dell’ordinanza, su tutti gli equidi che svolgono attività sportiva o agonistica, nonché quelli che risiedono o accedono ad ippodromi, centri ippici e di allenamento ed allevamenti che afferiscono al circuito ippico-sportivo.

Si stabilisce - al comma 2 - che gli esiti favorevoli dei controlli sierologici di cui sopra hanno validità di mesi dodici.
La normativa prevede inoltre, al comma 6, che qualora alcuni cavalli avessero un test posteriore al 31 agosto 2006, questi sono esclusi dall’obbligatorietà dei commi precedenti, in quanto esistevano sul territorio equidi che avevano già il test per disposizioni regionali.
La Direzione Generale Area tecnica dell’Unire con nota del 15.01.07 (clicca  qui), riassume le disposizioni di tale ordinanza e al secondo comma, giustamente, riporta “l’esito favorevole del controllo sierologico ha validità un anno; non deve essere ripetuto sui cavalli sottoposti al prelievo in data posteriore al 31 agosto 2006”.

Fin qui la legge. Chiara ed esaustiva per chi ha tempo e voglia di leggere con un minimo di attenzione le disposizioni.

Di opposto indirizzo, invece, è l’interpretazione che della stessa normativa ha dato l’Unire, condizionando l’operato dei propri veterinari e scatenando un caos tutt’altro che creativo.
Gli operatori sanitari, infatti, chiedendo spiegazioni sul da farsi, si sono sentiti rispondere che, contrariamente a quanto sostenuto dall’ordinanza, dovevano escludere dalle corse anche i cavalli testati in data successiva al 31 agosto 2006.
Questo perché, secondo una personalissima interpretazione, il test negativo aveva comunque validità di un anno.
Risultato: in alcuni ippodromi italiani come Firenze, Roma, Milano, Padova e Corridonia è stato impedito a questi cavalli di partecipare alle competizioni. E, anzi, in alcuni casi i cavalli sono stati addirittura allontanati dall’ippodromo stesso. In altri ippodromi, invece, per medesimi casi non sono sorti problemi.
E mentre gli operatori si vedevano ancora una volta colpiti da un’ingiustizia che ha il sapore dell’incompetenza, nessuno si poneva il problema di mettere ordine tra le varie interpretazioni date alla normativa. O, semplicemente, di definire una volta per tutte quale condotta tenere in tutti i casi del genere, senza alcuna discriminazione.

Per la verità, però, qualcuno ad un certo punto si è mosso. E anche con successo. Riuscendo in 48 ore a ottenere la chiave del problema.
Non un alto dirigente con mega qualifiche, ma un veterinario sul campo che, attraverso la Asl territoriale di appartenenza, ha fatto una semplice richiesta al Ministero della Salute: dopo nemmeno due giorni ha ricevuto tutti i chiarimenti del caso attraverso una circolare trasmessa agli Enti interessati (clicca  qui), tra cui anche l’Unire.

Ma la lezione di umiltà e competenza, evidentemente, non è bastata a scuotere gli animi e le coscienze del Palazzo visto che ancora oggi, dal 17 ottobre u.s., l’Unire tace sulla questione vaccini.
Nessuna comunicazione. Né una direttiva che faccia chiarezza.
Mentre di fin troppo chiaro resta la difficoltà con la quale gli operatori si trovano ogni giorno ad affrontare competizioni sfumate, spese per viaggi, trasferte e allenamenti in un caos che, fino ad ora, ha creato solo ingiustizia.

G.R.

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