Colombo lascerebbe ufficialmente per pressioni, altre sarebbero le ragioni.
Al centro della bufera il comunicato Anact del 21 settembre.

Clamoroso, si dimette Luigi Colombo , direttore de Lo Sportsman.
Sembra che le vere ragioni della grave decisione siano da attribuire a contrasti con la proprietà della testata.
Questo perché, da fonti attendibili, il famoso e consumato consigliere dell’Anact (che divide il suo tempo tra associazione, riviera adriatica e bar dello sport), avrebbe contattato i vertici Sisal, lamentandosi perché il comunicato emesso (con il voto degli scissionisti) dal Direttivo Anact e pubblicato, a pagamento, su Lo Sportsman di venerdì 21 settembre u.s. è stato messo in secondo piano rispetto alle dichiarazioni del Presidente Anact, Roberto Brischetto.
Un contesto simile a quello che portò al licenziamento di un altro direttore, Enzo Baroni, che si era rifiutato di pubblicare una lettera di Ernesto Cazzaniga indirizzata a Francesco Ruffo.
Chi e cosa c’è dietro tutto questo?
Dietro una farsa messa in scena per restaurare vecchi personaggi, vecchi interessi e vecchi privilegi, che avevano condotto a proporre un bilancio preventivo 2007 con un montepremi di soli 175.000.000 di euro (- 30% rispetto al 2006, quando ammontava a 250.000.000).
Un montepremi che avrebbe affossato il settore e che Melzi, piaccia o no, ha aumentato sino a 218,2 milioni.
Non vorremmo che a galla ritornassero i 100 milioni dei canoni tv che, in via prudenziale (sic!), Panzironi aveva tolto nella proposta di consuntivo 2005 e che invece sono stati legittimamente ripristinati nel medesimo documento, dato che poi si è riflesso positivamente nel preventivo 2007.
Non vorremmo che a pagare siano ora i redattori della testata, che stanno svolgendo un’opera di informazione corretta e tecnicamente apprezzabile, restituendo credibilità ad un giornale che in passato aveva perso terreno.
Un quadro, se confermato, che potrebbe far comprendere i continui tentativi di ribaltone contro Guido Melzi, attraverso la guerra giudiziaria di questi mesi e gli sforzi di destabilizzazione di pochi intimi.
Una strategia che nulla ha a che fare con il rilancio del settore, orchestrata dai soliti noti che (insieme ai soliti portatori d’acqua) vorrebbero continuare a non pagare, prorogare all’infinito l’entrata a regime della nuova rete scommesse, depotenziare il settore, disegnando un’ippica (questa si), rispetto all’attuale, con metà ippodromi, cavalli, proprietari, allenatori e posti di lavoro.
Insomma, la vecchia piccola ippica delle menzogne che ancora si oppone a quella sana e che non riusciamo a scrollarci di dosso.
G.R.