Ancora una volta l’ippica dimostra i suoi limiti.

Un esempio della crisi di idee, di strategie e della pochezza che permea l’ippica è data dai commenti che accompagnano la partenza del progetto Ippofestival (clicca qui).
Un’iniziativa che, negli intenti dell’Unire, dovrebbe essere una festa, un veicolo di promozione per il settore, improntato alla sana competizione, un mezzo per recuperare appassionati e avvicinare nuove persone ad un settore che ha un bisogno disperato di recuperare consensi, pubblico e una sua entità.Questo il motivo del nuovo circuito, una serie di mini convegni, in occasione di particolari ricorrenze, in ippodromi non inseriti nel circuito nazionale delle scommesse, con montepremi inferiore a quello di un convegno differenziato e dove possono correre cavalli che negli ippodromi riconosciuti difficilmente riescono a piazzarsi.
Ebbene, anche questo momento di aggregazione è motivo di litigiosità, in un ambiente che ostinatamente difende interessi circoscritti, convinto di poter continuare a vivere in assistenza e rifiutando una visione globale. Con la conseguenza della lenta autodistruzione e di un’arretratezza sempre più evidente rispetto ad altri compartimenti dei giochi.
Ecco allora che alcune società di corse, specialmente quelle che gestiscono ippodromi non a norma (a quando le verifiche ispettive?) con le prescrizioni tecniche minime richieste, invece di regolarizzarsi, iniziano a lamentarsi di un’immaginaria concorrenza e avocano a sé il diritto di farsi assegnare le giornate di corse del progetto Ippofestival.
Altro che ippica qualitativa, meglio parlare di ippica delle lenticchie. La vera sfida per questo settore non è tanto il livello delle corse, la regolarità delle stesse, l’efficienza degli impianti, ma il ricambio generazionale di persone, siano componenti di società di corse, allevatori, proprietari o allenatori, che rifiutano di aggiornarsi, di scendere nel libero mercato.
Gente che in qualsiasi altro settore non troverebbero collocazione e che nell’ippica sfogano i loro rancori, fallimenti e una mentalità provinciale.
Individui che tengono tenori di vita al di sopra dei loro mezzi, capaci solo di perseguire gli interessi di pochi a discapito della povera gente che fatica ad arrivare a fine mese.
Politicanti e manager di secondo ordine, che non servono.
G.R.