Varenne in piazza con noi.

I veri ippici sono dei nostalgici, amano le favole e sognare i Varenne.
Il loro campione insomma.
Questo romanticismo rappresenta, allo stesso tempo, il loro punto debole e la loro forza.  Serve ai Panzironi per dannosi disegni, ma serve al mondo del cavallo per sopravvivere, per non rinunciare, appunto, al sogno. Per non mollare mai. Per non darla vinta a lobby che vogliono emarginarlo, dopo che si sono arricchite a sue spese, sottraendogli tutto e che, non contente, adesso attentano alla sua dignità, quella dignità che i signori delle scommesse e della politica hanno perso da tempo, ma che invece è parte integrante del codice genetico di chi ama i cavalli e il suo prossimo.
Gli ippici difenderanno il proprio sogno, prima vicini a Roberto Brischetto e a Varenne sotto il ministero (clicca  qui), ad urlare con rabbia il loro disappunto a De Castro, poi ancora tutti assieme contro la “politica che rovina l’ippica”, contro chi non ha più nemmeno un sogno da difendere.  Sino a che avranno un filo di voce.
Forse cambieranno mestiere, forse no. Ma sicuramente non saranno rose e fiori e i millantatori di professione avranno di che leccarsi le ferite per lungo tempo. 
La pazienza del popolo ippico è finita.  Melzi deve esse messo in condizione di lavorare, senza l’imbarazzante presenza di un segretario generale che ha disatteso tutte le previsioni di entrate di bilancio, non ha riscosso milioni di euro dalle agenzie ippiche per quote di prelievo e minimi garantiti e canoni tv e favorito una politica di sprechi e un doping inattendibile.
Per di più rinviato a giudizio per abuso di ufficio e falso ideologico.
Ma ancora, per interessi incomprensibili (o forse troppo comprensibili), al suo posto.
De Castro è avvertito, ha poche ore .

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G.R.